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(con+infinito)

  • 1 infinito

    1. adj infinite
    2. m infinity
    grammar infinitive
    ripetere all'infinito say over and over again
    * * *
    infinito agg.
    1 infinite (anche mat.): bontà infinita, infinite goodness; spazio infinito, infinite space; Dio è infinito, God is infinite
    2 (interminabile) endless, never-ending
    3 (innumerevole) innumerable, numberless, endless: ha superato infinite difficoltà, he overcame endless difficulties
    4 (gramm.) infinite, infinitive: modo infinito, infinitive mood
    s.m.
    1 infinite // all'infinito, endlessly (o repeatedly): non voglio ripetere all'infinito gli stessi errori, I don't want to repeat the same errors endlessly
    2 (gramm.) infinitive
    3 (mat.) infinity: all'infinito, to infinity; retta all'infinito, line at infinity // (fot.) regolare all'infinito, to focus for infinity.
    * * *
    [infi'nito] infinito (-a)
    1. agg
    (gen) infinite
    2. sm

    l'infinito — the infinite, Mat, Fot infinity

    all'infinito (senza fine) endlessly, Mat to infinity

    2) Gramm infinitive
    * * *
    [infi'nito] 1.
    1) (illimitato) [ spazio] infinite
    2) (immenso) [amore, pazienza] infinite, endless; [ attenzione] infinite
    3) (innumerevole) endless, countless

    grazie -ethank you very o so much

    4) ling. infinitive
    2.
    sostantivo maschile
    1)
    2) mat. fot. infinity
    3) ling. infinitive
    ••

    all'infinito — [proseguire, estendersi] endlessly, ad infinitum, to infinity

    * * *
    infinito
    /infi'nito/
     1 (illimitato) [ spazio] infinite
     2 (immenso) [amore, pazienza] infinite, endless; [ attenzione] infinite
     3 (innumerevole) endless, countless; grazie -e thank you very o so much
     4 ling. infinitive
     1 l'infinito the infinite
     2 mat. fot. infinity
     3 ling. infinitive
    all'infinito [proseguire, estendersi] endlessly, ad infinitum, to infinity; andare avanti all'infinito to go on and on.

    Dizionario Italiano-Inglese > infinito

  • 2 infinito

    Nuovo dizionario Italiano-Inglese > infinito

  • 3 con

    con prep. ( contraction avec les articles définis: col [con + il], coi [con + i], et plus rarement: collo [con + lo], coll' [con + l'], colla [con + la], cogli [con + gli], colle [con + le]) 1. ( compagnia) avec: cenare con un amico dîner avec un ami; è arrivato con la moglie e i figli il est arrivé avec sa femme et ses enfants. 2. (unione: portando con sé) avec: è arrivato con il giornale sotto il braccio il est arrivé avec son journal sous le bras. 3. (rif. ad abiti e sim.: indossando) avec: è uscito con l'impermeabile il est sorti avec son imperméable. 4. (rif. a denaro e documenti) sur: avevo con me pochi soldi j'avais peu d'argent sur moi. 5. ( possesso) avec: una casa con giardino une maison avec jardin. 6. ( interpretato da) avec: “La mia Africa” con M. Streep e R. Redford “Souvenirs d'Afrique”, avec M. Streep et R. Redford. 7. ( Gastron) à: pasta con i funghi pâtes aux champignons; uova col prosciutto œufs au jambon; tè con latte thé au lait. 8. (presso: a casa di) avec: abita con i genitori il habite avec ses parents. 9. (presso: nei rapporti con) auprès: ha fortuna con le donne il a du succès auprès des femmes. 10. (relazione: verso, nei confronti di) avec: è gentile con tutti il est gentil avec tout le monde; si è comportato male con me il s'est mal comporté envers moi, il s'est mal comporté à mon égard; con me non osa comportarsi così il n'ose pas se comporter comme cela avec moi. 11. ( contro) contre, avec: combattere con i nemici combattre contre les ennemis, combattre les ennemis; battersi con qcu. se battre avec qqn, se battre contre qqn. 12. (mezzo, strumento) avec: legare qcu. con una fune ligoter qqn avec une corde; con la forchetta avec une fourchette; con l'aiuto di Dio avec l'aide de Dieu; ottenere qcs. con la forza obtenir qqch. par la force, obtenir qqch. avec la force; ho cenato con un panino j'ai dîné d'un sandwich. 13. (rif. a mezzi di trasporto) en, par: viaggiare con la macchina voyager en voiture; arriverò con l'aereo j'arriverai en avion; arrivare col treno arriver en train, arriver par le train; arriverò con il treno delle cinque j'arriverai par le train de cinq heures. 14. ( materia) avec: l'olio si fa con le olive l'huile se fait avec les olives; fare una pallina con la cera faire une boule avec de la cire. 15. (modo, maniera) avec, talvolta si traduce con un avverbio o non si traduce: con pazienza avec patience, patiemment; con piacere avec plaisir; trattare qcu. con gentilezza traiter qqn avec gentillesse, traiter qqn gentiment; parlare con tono irato parler avec un ton irrité; agire con prudenza agir avec prudence, agir prudemment; parlava con la sigaretta in bocca il parlait la sigarette à la bouche; era davanti a me con le mani in tasca il était devant moi, les mains dans les poches; dormo sempre con la finestra aperta je dors toujours avec la fenêtre ouverte, je dors toujours la fenêtre ouverte. 16. (modo, maniera, seguito da sostantivi indicanti il corpo o l'atteggiamento) de, talvolta non si traduce: mi ha fatto un segno con la mano il m'a fait signe de la main; spingere col piede pousser du pied; lo ha tramortito con un pugno il l'a assommé d'un coup de poing; ci ha informati subito con il viso stravolto il nous a tout de suite informés le visage bouleversé rispose con tono sicuro il répondit d'un ton assuré. 17. (qualità, caratteristica) avec, à: un vecchio con la barba bianca un vieux avec une barbe blanche; una ragazza con i capelli biondi une fille aux cheveux blonds; l'uomo con il braccio fasciato l'homme au bras bandé; scarpe col tacco alto chaussures à talon haut; un frutto con la buccia rossa un fruit à peau rouge. 18. (temporale: da, a partire da) dès, à partir de: con domani dès demain; col primo ottobre comincia la scuola l'école commence le premier octobre, l'école commence à partir du premier octobre. 19. (temporale: simultaneamente con) avec: l'influenza arriva con l'inverno la grippe arrive avec l'hiver; alzarsi con il primo sole se lever avec le soleil, se lever au point du jour. 20. (concessivo: malgrado, nonostante) malgré, avec: con tutti i suoi difetti, non è antipatico malgré tous ses défauts, il n'est pas antipathique; con tutte le arie che si dà, non è nessuno malgré les airs qu'il se donne, il n'est rien. 21. (con valore consecutivo: seguito da sostantivo indicante sentimento) à: con mio grande stupore non è venuto à ma grande stupeur il n'est pas venu; con grande sorpresa di tutti lo sfidante ha battuto il campione à la grande surprise de tous le challengeur a battu le champion. 22. ( causale) avec, à cause de: con questo caldo non si può lavorare avec cette chaleur on ne peut pas travailler; con tutti quei dispiaceri si è ammalato il est tombé malade à cause de tous ces soucis. 23. ( con termini meteorologici) par: dove vai con questo tempaccio? où vas-tu par ce mauvais temps?; meglio non uscire con questo freddo il vaut mieux ne pas sortir par un froid pareil; col caldo che fa dovresti bere di più avec la chaleur qu'il fait tu devrais boire davantage; andavano in giro anche con 40 gradi all'ombra ils allaient se promener même par 40° à l'ombre; non uscire con questa pioggia ne sors pas sous cette pluie. 24. ( nelle comparazioni) avec, à: non puoi paragonare la tua situazione con la mia tu ne peux pas comparer ta situation à la mienne, tu ne peux pas comparer ta situation avec la mienne. 25. ( seguito dall'infinito sostantivato) en (+ part.pres.): con l'insistere ha ottenuto l'aiuto il a obtenu de l'aide en insistant. 26. (preceduto da verbi: cominciare, iniziare, finire, terminare e sim.) par: cominciamo col dire che lui non era presente commençons par rappeler qu'il n'était pas présent; ha finito col confessare tutto il a fini par tout confesser.

    Dizionario Italiano-Francese > con

  • 4 infinito

    adj.
    infinite, endless, everlasting, boundless.
    m.
    infinity, infinite, boundlessness, infinite space.
    * * *
    1 infinite
    1 the infinite, infinity
    1 (muchísimo) infinitely
    * * *
    (f. - infinita)
    adj.
    * * *
    1.
    ADJ [universo, variedad] infinite; [entusiasmo, posibilidades] boundless
    2.
    ADV infinitely, immensely

    se lo agradezco infinitoI'm deeply o immensely grateful to you

    3.
    SM (Mat) infinity

    el infinito — (Fil) the infinite

    * * *
    I
    - ta adjetivo
    a) (Fil, Mat) infinite
    b) <bondad/sabiduría> infinite; < amor> boundless
    c) (delante del n, en pl) ( innumerables) innumerable, countless
    II
    a) (Fil) the infinite
    b) (Mat) infinity
    * * *
    = countless, endless, infinite, infinity, bottomless.
    Ex. But since we, and countless similar institutions, are dependent upon the Library of Congress, service considerations gave way to economic considerations.
    Ex. The list of changed headings is almost literally endless if you have the patience to dig them all up.
    Ex. It is still the same inexorably literal logic which must ultimately glance into the chaos, and small differences create infinite displacements between records.
    Ex. Knowledge, in its growth, must obey the universal laws which prohibit the continuance of any form of exponential increase toward infinity.
    Ex. The novel is a bottomless quagmire of melodramatic weirdness.
    ----
    * al infinito = ad infinitum.
    * las posibilidades son infinitas = the possibilities are endless.
    * * *
    I
    - ta adjetivo
    a) (Fil, Mat) infinite
    b) <bondad/sabiduría> infinite; < amor> boundless
    c) (delante del n, en pl) ( innumerables) innumerable, countless
    II
    a) (Fil) the infinite
    b) (Mat) infinity
    * * *
    = countless, endless, infinite, infinity, bottomless.

    Ex: But since we, and countless similar institutions, are dependent upon the Library of Congress, service considerations gave way to economic considerations.

    Ex: The list of changed headings is almost literally endless if you have the patience to dig them all up.
    Ex: It is still the same inexorably literal logic which must ultimately glance into the chaos, and small differences create infinite displacements between records.
    Ex: Knowledge, in its growth, must obey the universal laws which prohibit the continuance of any form of exponential increase toward infinity.
    Ex: The novel is a bottomless quagmire of melodramatic weirdness.
    * al infinito = ad infinitum.
    * las posibilidades son infinitas = the possibilities are endless.

    * * *
    infinito1 -ta
    1 ( Fil, Mat) ‹conjunto› infinite; ‹espacio/universo› infinite
    2 ‹bondad/sabiduría› infinite; ‹amor› boundless
    sentí una infinita tristeza I felt (an) immense sadness
    3 (delante del n, en pl) ( liter) (innumerables) innumerable, countless
    infinitely
    te lo agradezco infinito I'm deeply o infinitely grateful to you
    m:
    1 ( Fil)
    tb el infinito the infinite
    mirar al infinito to look into the distance
    2 ( Mat) infinity
    tender al infinito to stretch to infinity
    * * *

    infinito 1
    ◊ -ta adjetivo

    a) (Fil, Mat) infinite

    b)bondad/sabiduría infinite;

    amor boundless
    c) (delante del n, en pl) ( innumerables) innumerable, countless

    infinito 2 sustantivo masculino
    a)


    mirar al infinito to look into the distance
    b) (Mat) infinity

    infinito,-a
    I adjetivo infinite, endless
    II sustantivo masculino
    1 Mat infinity
    1 Fil the infinite
    ' infinito' also found in these entries:
    Spanish:
    infinita
    English:
    infinite
    - infinity
    - exquisite
    * * *
    infinito, -a
    adj
    1. [sin límites] infinite;
    tiene una infinita paciencia she has infinite patience, she's infinitely patient;
    siento por ella un cariño infinito I'm immensely fond of her
    2. [incontable] countless;
    infinitas veces hundreds of times
    nm
    1. Mat infinity;
    tender al infinito to tend to infinity
    2. [espacio] infinity;
    su figura se perdió en el infinito his figure disappeared into the distance
    3. Fot infinity
    adv
    [mucho] extremely, infinitely;
    me alegro infinito I'm extremely pleased
    * * *
    I adj infinite
    II m infinity
    * * *
    : infinitely, vastly
    infinito, -ta adj
    1) : infinite
    2) : limitless, endless
    3)
    hasta lo infinito : ad infinitum
    : infinity
    * * *
    infinito n infinity

    Spanish-English dictionary > infinito

  • 5 con

    with
    ( mezzo) by
    con questo tempo in this weather
    con tutto ciò for all that
    avere con sé have with or on one
    * * *
    con prep.
    1 ( compagnia, unione) with: vieni con me?, are you coming with me?; lavora con il padre, he works with his father; vive a Torino ( insieme) con i genitori, she lives in Turin with her parents; dovunque vada, porta sempre i bambini con sé, wherever she goes, she always takes the children with her; tutti i giorni faceva la sua passeggiata col cane, every day he went for a walk with his dog; restate a cena con noi?, will you stay and have dinner with us?; viaggia sempre con molte valigie, she always travels with a lot of luggage; porta con te l'ombrello, minaccia di piovere, it looks like rain, so take your umbrella with you; si presentò con un grande fascio di giornali sotto il braccio, he turned up with a large wad of newspapers under his arm // mi dispiace, non ho denaro con me, I'm sorry I haven't any money on me
    2 ( relazione) with: litiga spesso con suo fratello, she argues a lot with her brother; ho avuto una lunga discussione con loro, I had a long discussion with them; essere in pace, in guerra con qlcu., to be at peace, at war with s.o.; va d'accordo con tutti, he gets on well with everyone; con noi si comporta sempre così, he always behaves like that with us; la nostra ditta è in rapporto d'affari con il Giappone e con la Cina, our firm has business dealings with Japan and China; non abbiamo più contatti con lui, we have lost touch with him; il latino ha molte affinità con il greco, Latin has much in common with Greek; hai problemi con il nuovo lavoro?, have you any problems with your new job?
    3 ( verso, nei riguardi di) to: sii buono con lui!, be kind to him! // non prendertela con me!, don't take it out on me!
    4 ( per indicare una qualità o una caratteristica) with: era un uomo con i capelli bianchi e con una lunga barba, he was a man with white hair and a long beard; una ragazza con gli occhi azzurri, a girl with blue eyes (o a blue-eyed girl); un cane con il pelo lungo, a dog with long hair (o a long-haired dog); una finestra con le persiane verdi, a window with green shutters; una camera con servizi, a room with bath; vivono in una bella casa con giardino, they live in a lovely house with a garden ∙ Come si nota dagli esempi, in questo significato si usa spesso la forma aggettivale
    5 ( modo) with: agì con grande coraggio, he acted with great courage; lo guardava con ammirazione, she gazed at him with admiration (o admiringly); trattare con cura, to handle with care; non hai lavorato con la dovuta attenzione, you haven't worked carefully enough (o with enough care); mi salutò con grandi sorrisi, she greeted me with a big smile; parla l'inglese con un forte accento americano, he speaks English with a strong American accent; con gli occhi chiusi, with one's eyes closed; con le mani giunte, with one's hands together; con le braccia incrociate, with one's arms crossed // pasta con il sugo, pasta with tomato sauce; risotto coi carciofi, risotto with artichokes; omelette col prosciutto, ham omelette ∙ Come si nota dagli esempi, in questo significato si usa spesso la forma avverbiale
    6 ( mezzo) by; with: partire con l'aereo, la macchina, il treno, to leave by air, by car, by train; scrivere con la penna, la matita, to write with a pen, with a pencil; programmare col computer, to program with the computer; tieni il volante con tutt'e due le mani, hold the steering-wheel with both hands; il pedale della frizione si aziona con il piede sinistro, press the clutch pedal with your left foot; risponderò con un telex, I'll reply by telex; pagherò con un assegno, I'll pay by cheque; che intendi dire con ciò?, what do you mean by that?; il vino si fa con l'uva, wine is made with grapes; sono cose che s'imparano con l'esperienza, they are things you learn with experience // con l'aiuto di Dio, ce la faremo, we'll manage, with God's help
    7 ( causa) i ghiacciai si sciolgono con il calore dei raggi solari, glaciers melt with the heat of the sun; con il caldo, la carne si è guastata, the meat has gone bad with the heat; con quest'afa non si riesce a respirare, with this heat yon can't breathe; è stato a letto una settimana con l'influenza, he was in bed with flu for a week
    8 ( con valore temporale) with; in: preferirei partire col chiaro, I'd prefer to set out in the light; le rondini se ne vanno con i primi freddi, swallows migrate with the first sign of cold weather; con il mese di marzo, inizia l'ora legale, standard summertime begins in March; siamo arrivati con la pioggia, we arrived in the rain // con la tua venuta, sistemeremo la faccenda, we'll deal with the matter when you arrive // con l'andare del tempo, as time goes by
    9 ( con valore avversativo o concessivo) with; for: con quel colorito nessuno avrebbe detto che era ammalato, with that colour, no one would say he was ill; con tutti i suoi difetti, è una persona simpaticissima, he's a very likeable person, with (o for) all his faults; con tutto ciò, non mi sento di disapprovarlo, for all that, I can't bring myself to disapprove
    10 ( con valore consecutivo) to: con mia grande delusione, trovai che il treno era già partito, to my disappointment, I found the train had already left.
    * * *
    [kon]
    1) (in compagnia, presenza di)

    ballare, uscire, vivere con qcn. — to dance, go out, live with sb.

    una ragazza con i capelli neri — a girl with black hair, a black-haired girl

    3) (che coinvolge, riguarda)

    una discussione, un incontro con qcn. — a discussion, a meeting with sb.

    sposarsi con qcn. — to get married to sb., to marry sb.

    litigare con qcn. — to quarrel with sb.

    4) (indicando un mezzo, un agente) with

    colpire qcn. con qcs. — to hit sb. with sth.

    con piacere, cura — with pleasure, care

    con il pretesto di... — on the pretext of

    con questo caldoin o with this heat

    ••
    Note:
    La preposizione con si traduce quasi sempre con with quando indica: unione ( ballare con qualcuno = to dance with somebody; con la mia famiglia = with my family; caffè con una goccia di latte = coffee with a drop of milk), possesso ( la signora con il cappello nero = the lady with the black hat; una camicia con un grande colletto = a shirt with a large collar), relazione ( essere d'accordo con qualcuno = to agree with somebody; parlare con qualcuno = to talk with somebody), simultaneità ( alzarsi con il sole = to get up with the sun), opposizione ( battersi con qualcuno = to fight with somebody; essere in concorrenza con qualcuno = to be in competition with somebody) e mezzo ( con la forchetta = with a fork; con un bastone = with a stick). - Quando con ha valore di modo o maniera, si traduce spesso in inglese con l'avverbio corrispondente: con passione (= appassionatamente) = passionately; si noti tuttavia che con grande passione si traduce: with a lot of passion. Questo genere di espressioni, e altre quali con l'età, con gli anni etc., si trovano nel dizionario sotto il sostantivo in questione. - Quando con introduce mezzi di trasporto, si rende con by davanti a un mezzo generico ( con la macchina = by car; con il treno = by train; con l'autobus = by bus), mentre si usa in oppure on se il mezzo di trasporto è in qualche modo specificato ( con la mia macchina = in my car; con un autobus molto vecchio = in a very old bus; con l'elicottero del Presidente = in the President's helicopter; con il treno delle 9.45 = on the 9.45 train; con la mia moto = on my motor-bike). - Si notino espressioni idiomatiche quali con ogni probabilità = in all likelihood; con mia sorpresa = to my surprise; sposarsi con qualcuno = to get married to somebody. - Per altri esempi, usi particolari ed eccezioni, si veda la voce qui sotto. Sarà spesso utile consultare la voce relativa alla parola introdotta dalla preposizione; inoltre, la consultazione delle note lessicali poste in coda alla sezione italiano-inglese potrà risolvere particolari dubbi d'uso e di traduzione
    * * *
    con
    /kon/
    La preposizione con si traduce quasi sempre con with quando indica: unione ( ballare con qualcuno = to dance with somebody; con la mia famiglia = with my family; caffè con una goccia di latte = coffee with a drop of milk), possesso ( la signora con il cappello nero = the lady with the black hat; una camicia con un grande colletto = a shirt with a large collar), relazione ( essere d'accordo con qualcuno = to agree with somebody; parlare con qualcuno = to talk with somebody), simultaneità ( alzarsi con il sole = to get up with the sun), opposizione ( battersi con qualcuno = to fight with somebody; essere in concorrenza con qualcuno = to be in competition with somebody) e mezzo ( con la forchetta = with a fork; con un bastone = with a stick). - Quando con ha valore di modo o maniera, si traduce spesso in inglese con l'avverbio corrispondente: con passione (= appassionatamente) = passionately; si noti tuttavia che con grande passione si traduce: with a lot of passion. Questo genere di espressioni, e altre quali con l'età, con gli anni etc., si trovano nel dizionario sotto il sostantivo in questione. - Quando con introduce mezzi di trasporto, si rende con by davanti a un mezzo generico ( con la macchina = by car; con il treno = by train; con l'autobus = by bus), mentre si usa in oppure on se il mezzo di trasporto è in qualche modo specificato ( con la mia macchina = in my car; con un autobus molto vecchio = in a very old bus; con l'elicottero del Presidente = in the President's helicopter; con il treno delle 9.45 = on the 9.45 train; con la mia moto = on my motor-bike). - Si notino espressioni idiomatiche quali con ogni probabilità = in all likelihood; con mia sorpresa = to my surprise; sposarsi con qualcuno = to get married to somebody. - Per altri esempi, usi particolari ed eccezioni, si veda la voce qui sotto. Sarà spesso utile consultare la voce relativa alla parola introdotta dalla preposizione; inoltre, la consultazione delle note lessicali poste in coda alla sezione italiano-inglese potrà risolvere particolari dubbi d'uso e di traduzione.
    (artcl. col, collo, colla, coll'; pl. coi, cogli, colle)
     1 (in compagnia, presenza di) ballare, uscire, vivere con qcn. to dance, go out, live with sb.; porta un amico con te bring a friend with you
     2 (in descrizioni) with; una ragazza con i capelli neri a girl with black hair, a black-haired girl; il ragazzo con la gamba rotta the boy with the broken leg; una casa con vista sul mare a room with a sea view
     3 (che coinvolge, riguarda) una discussione, un incontro con qcn. a discussion, a meeting with sb.; sposarsi con qcn. to get married to sb., to marry sb.; il confine con il Belgio the border with Belgium; litigare con qcn. to quarrel with sb.; la guerra con la Germania the war with Germany
     4 (indicando un mezzo, un agente) with; colpire qcn. con qcs. to hit sb. with sth.; camminare con il bastone to walk with a stick; pagare con carta di credito to pay by credit card; arrivare con il treno to arrive by train
     5 (indicando il modo) with; con piacere, cura with pleasure, care; con mia grande gioia to my great joy; con il pretesto di... on the pretext of...
     6 (in relazione a) aumentare con il tempo to increase with time
     8 (interpretato da) Casablanca con Humphrey Bogart Casablanca with Humphrey Bogart; un film con De Niro a film featuring De Niro
     9 (indicando la condizione) with; con questo caldo in o with this heat
     10 (seguito da un infinito) cominciò col dire che he started (off) by saying that; finì con l'ammettere il proprio torto he ended up admitting he was wrong.

    Dizionario Italiano-Inglese > con

  • 6 con prep

    [kon]
    può fondersi con l'articolo determinativo: con + il = col, con + lo = collo, con + l'= coll', con + la = colla, con + i = coi, con + gli = cogli, con + le = colle
    1) (gen) with

    un ragazzo con gli occhi azzurri — a boy with blue eyes, a blue-eyed boy

    si è sposata con uno scozzese — she married a Scot, she got married to a Scot

    sono tutti con lui (dalla sua parte) they are all on his side, they are all behind him

    3) (per mezzo di) with, (aereo, macchina) by

    arrivare col treno/l'aereo/con la macchina — to arrive by train/by plane/by car

    lo hanno fatto venire con una scusa — they used a pretext to get him to come, they got him to come by means of a pretext

    con pazienza — with patience, patiently

    con molta attenzione — with great attention, very attentively

    con mia grande sorpresa/mio grande stupore — to my great surprise/astonishment

    5)

    (complemento di causa) con questo freddo non potremo partire — we can't leave in this cold weather

    con tutti i debiti che ha... — with all his debts..., given all his debts...

    con il 1° di ottobre — as of October 1st

    6)

    (nonostante) con tutti i suoi difetti... — in spite of all his faults...

    con tutto ciò — in spite of that, for all that

    con tutto che era arrabbiato — even though he was angry, in spite of the fact that he was angry

    7)

    (con l'infinito) se vuoi dimagrire, comincia col mangiare meno — if you want to lose weight, start by eating less

    col passar del tempo — with the passing of time, in the course of time

    8)

    Dizionario Italiano-Inglese > con prep

  • 7 con

    prep [kon]
    può fondersi con l'articolo determinativo: con + il = col, con + lo = collo, con + l'= coll', con + la = colla, con + i = coi, con + gli = cogli, con + le = colle
    1) (gen) with

    un ragazzo con gli occhi azzurri — a boy with blue eyes, a blue-eyed boy

    si è sposata con uno scozzese — she married a Scot, she got married to a Scot

    sono tutti con lui (dalla sua parte) they are all on his side, they are all behind him

    3) (per mezzo di) with, (aereo, macchina) by

    arrivare col treno/l'aereo/con la macchina — to arrive by train/by plane/by car

    lo hanno fatto venire con una scusa — they used a pretext to get him to come, they got him to come by means of a pretext

    con pazienza — with patience, patiently

    con molta attenzione — with great attention, very attentively

    con mia grande sorpresa/mio grande stupore — to my great surprise/astonishment

    5)

    (complemento di causa) con questo freddo non potremo partire — we can't leave in this cold weather

    con tutti i debiti che ha... — with all his debts..., given all his debts...

    con il 1° di ottobre — as of October 1st

    6)

    (nonostante) con tutti i suoi difetti... — in spite of all his faults...

    con tutto ciò — in spite of that, for all that

    con tutto che era arrabbiato — even though he was angry, in spite of the fact that he was angry

    7)

    (con l'infinito) se vuoi dimagrire, comincia col mangiare meno — if you want to lose weight, start by eating less

    col passar del tempo — with the passing of time, in the course of time

    8)

    Nuovo dizionario Italiano-Inglese > con

  • 8 in

    prep in
    in casa at home
    è in Scozia he is in Scotland
    va in Inghilterra he is going to England
    in italiano in Italian
    in campagna in the country
    essere in viaggio be travelling
    viaggiare in macchina travel by car
    nel 1999 in 1999
    una giacca in pelle a leather jacket
    in vacanza on holiday
    se fossi in te if I were you, if I were in your place
    * * *
    in prep.
    1 (stato in luogo, posizione) in, at; (dentro) inside; (su, sopra) on: in Italia, negli Stati Uniti, in Italy, in the United States; abitano in città, in campagna, in centro, in periferia, they live in town, in the country, in the centre, on the outskirts; in ufficio, at the office; in casa, in chiesa, at home, at church; nell'aria, in the air; la casa editrice ha sede in Milano, the publishing house has its headquarters in Milan; la statua sorge nel centro della piazza, the statue stands in the centre of the square; mio padre lavora in banca, my father works in a bank; stanotte dormiremo in albergo, we'll sleep in a hotel tonight; è stato due anni in prigione, he spent two years in prison; prendevano il sole in giardino, they were sunbathing in the garden; nel cielo erano apparse le prime stelle, the first stars had appeared in the sky; i fazzoletti sono nel primo cassetto, the handkerchieves are in the top drawer; nella stanza c'era molto fumo, there was a lot of smoke in the room; c'era gran festa nelle strade e nelle piazze, there were great celebrations in the streets and squares; siamo rimasti chiusi in casa tutto il giorno, we stayed in the house (o indoors) all day; ti aspetto in macchina, I'll wait for you in the car; non c'è niente in tavola?, isn't there anything on the table?; leggo sempre in treno, I always read on the train; hanno una casa proprio in riva al mare, they have a house right on the sea front; la notizia è apparsa in prima pagina, the news was on the front page; gli diede un bacio in fronte, she kissed him on the forehead; teneva in braccio un bambino, she was holding a baby in her arms; che cos'hai in mano?, what have you got in your hands?; ho sempre in mente le sue parole, his words are still in my mind; in lui ho trovato un vero amico, I found a real friend in him; questa espressione ricorre spesso in Dante, this expression often appears in Dante; nel lavoro non trova alcuna soddisfazione, he gets no satisfaction from his job // in fondo a, at the bottom of // in primo piano, in the foreground (o up close) // in bella mostra, in a prominent position // nel bel mezzo, right in the middle: s'interruppe nel bel mezzo del discorso, he stopped right in the middle of his speech // (non) avere fiducia in se stesso, (not) to be self-confident // credere in Dio, to believe in God
    2 (moto a luogo, direzione) to; (verso l'interno) into: è andato in Francia per lavoro, he went to France on business; domani andremo in campagna, we'll go to the country tomorrow; vorrei tornare in America, I'd like to go back to America; devo scendere in cantina, I must go down to the cellar; quando rientrerete in città?, when are you returning to town?; la nave era appena entrata in porto, the ship had just come into dock; la gente si riversò nelle strade, people poured into the streets; abbiamo mandato i bambini in montagna, we've sent the children to the mountains; questa merce va spedita in Germania, these goods are to be sent to Germany; non sporgerti troppo dalla barca, puoi cadere in acqua, don't lean too far out of the boat, you might fall in the water; puoi venire nel mio ufficio un attimo?, can you come into my office for a moment?; mise la mano in tasca e tirò fuori il portafoglio, he put his hand in his pocket and took out his wallet; rimetti quelle pratiche nel cassetto, put those papers back in the drawer; vai subito nella tua stanza!, go to your room at once!; hanno arrestato il ladro e l'hanno messo in prigione, the thief was arrested and put in prison; in quale direzione andate?, which way are you going?; sulle scale m'imbattei in uno sconosciuto, I bumped into a stranger on the stairs; ho inciampato in un gradino e sono caduto, I tripped over a step and fell down; si è messo in mente di fare l'attore, he's got it into his head that he wants to become an actor
    3 (moto per luogo) through, across: ha viaggiato molto in Europa, he has done a lot of travelling across Europe; il corteo sfilò nelle strade principali, the procession wound its way through the main streets; correre nei campi, to run across the fields; tanti pensieri le passavano nella mente, many thoughts went through her mind
    4 (cambiamento, passaggio, trasformazione) into: tradurre dall'inglese in italiano, to translate from English into Italian; convertire gli euro in dollari, to change euros into dollars; la proprietà è stata divisa in due, the property has been divided in half (o into two); il vaso cadde e andò in frantumi, the vase fell and broke into pieces // si è fatto in quattro per aiutarci, he bent over backwards to help us // il maltempo ha mandato in fumo tutti i nostri progetti, the bad weather put paid to all our plans // di bene in meglio, better and better; di male in peggio, from bad to worse // di tre in tre, in threes // Anita Rossi in De Marchi, (di donna coniugata) Anita De Marchi, née Rossi // andare in rovina, to go to (rack and) ruin (anche fig.) // andare in estasi, to be overjoyed // montare in collera, to fly into a rage
    5 (tempo) in; on; at: in marzo, in primavera, in March, in spring; in pieno inverno, in the middle of winter; in una mattina d'estate, one (o on a) summer morning; in quel giorno, on that day; in questo (preciso) momento, at this (very) moment; in tutta la mia vita, in all my life; nel pomeriggio, in the afternoon; si è laureato nel 1980, he graduated in 1980; tornerò a casa nel mese di settembre, I'll return home in September; nell'era atomica, in the atomic age; in gioventù, in (one's) youth; in tempo di guerra, di pace, in wartime, in peacetime; in epoca vittoriana, in the Victorian age; esamineranno otto candidati in un giorno, they will examine eight candidates in one day; ha fatto tutto il lavoro in due ore, he got through all the work in two hours; viene in Italia tre volte in un anno, he comes to Italy three times a year // arriverò in giornata, I'll arrive some time in the day // in serata, during the evening // nello stesso tempo, at the same time // nel frattempo, in the meantime // in un attimo, in un batter d'occhio, in a flash, in the twinkling of an eye // in men che non si dica, quick as a flash // in quattro e quattr'otto, in less than no time // di ora in ora, di giorno in giorno, from time to time, from day to day
    6 (modo, maniera) in; on: il pubblico ascoltava in silenzio, the audience listened in silence; mi guardava in un modo strano, he looked at me in a strange way (o strangely); parla in perfetto italiano, he speaks perfect Italian; scrivere in penna, in matita, in corsivo, in versi, to write in pen, in pencil, in italics, in verse; le istruzioni erano scritte in tedesco, the instructions were written in German; camminava in fretta, he was walking in a hurry; rispose in tono sgarbato, he answered rudely; entrammo in punta di piedi, we entered on tiptoe; procedevano in fila indiana, they walked single file; preferì rimanere in disparte, he preferred to stay on his own; stare in piedi, to stand on one's feet; tutti erano in abito da sera, they were all in evening dress; uscì in pantofole sul pianerottolo, he went on to the landing in his slippers // (resto) in attesa di una vostra cortese risposta, (nelle lettere) awaiting your reply // (comm.) assegno in bianco, blank cheque; pagare in contanti, in assegni, to pay cash, by cheque; 10.000 euro in biglietti da 10, 10,000 euros in 10 euro notes // una riproduzione in miniatura, a reproduction in miniature (o a miniature reproduction); trasmettere in diretta, to broadcast live // una partita in casa, in trasferta, a home, an away match // pomodori in insalata, tomato salad; pollo in gelatina, chicken in aspic
    7 (stato, condizione, circostanza) in, at: essere in pace, in guerra con qlcu., to be at peace, at war with s.o.; mi piace stare in compagnia, I like company; vivere nell'angoscia, to live in anxiety; in salute e in malattia, in sickness and in health; morì in miseria, he died in poverty; la sua vita era in pericolo, her life was in danger; ero in una situazione imbarazzante, I was in an embarrassing position; siamo nei pasticci!, we're in a mess!; ben presto si trovò nei guai fino al collo, he soon found himself up to his neck in trouble; non sono in condizioni di pagare una cifra simile, I'm not in a position to pay such a sum (of money) // essere in odio, in simpatia a qlcu., to be liked, to be hated by s.o.
    8 (limitazione, misura) in, at: (la) laurea in lingue, a degree in languages; dottore in legge, doctor of law; è bravo in matematica, ma è debole in francese, he's good at maths, but poor at French; un terzo della classe è stato rimandato in chimica, a third of the class is having to repeat chemistry; ha conseguito il diploma in ragioneria, he got a diploma in bookkeeping; ha intenzione di specializzarsi in pediatria, he is going to specialize in pediatrics; la nostra ditta commercia in pellami, our firm deals in leather goods; mio fratello è campione di salto in alto, my brother is high jump champion; la stanza era 5 metri in lunghezza, the room was 5 metres long
    9 (materia): una statua in bronzo, a bronze statue; una borsa in pelle, a leather handbag; rivestimento in legno, wood panelling; abito in puro cotone, an all cotton dress; poltrone in velluto, velvet armchairs; incisione in rame, copperplate engraving; un vassoio in argento, a silver tray ∙ Come si nota dagli esempi, in questo significato si usa spesso in inglese la forma aggettivale in luogo del compl. introdotto dalla prep. in
    10 (mezzo) by; in; on: viaggiare in treno, in aereo, in macchina, to travel by train, by air, by car; sei venuto a piedi o in autobus?, have you come on foot or by bus?; abbiamo fatto una gita in barca, we went out on the boat; pagare in euro, in dollari, in assegni, to pay in euros, in dollars, by cheque
    11 (fine, scopo): ho avuto in dono una macchina fotografica, I've been presented with a camera; il vincitore riceverà in premio un milione di dollari, the winner will receive a prize of a million dollars; mi ha dato in prestito la sua macchina per qualche giorno, he has lent me his car for a few days; mi hanno mandato in visione il primo volume dell'opera, they sent me the first volume of the work to look at; la festa era in onore del sindaco, the party was in honour of the mayor; parlare in difesa di qlcu., to speak in s.o.'s defence
    12 (seguito da inf.): nell'entrare mi accorsi subito che qualcosa non andava, on entering I realized at once there was something wrong; l'ho incontrato nel tornare, I met him on the way back; nel salire in macchina mi sono cadute le chiavi, I dropped my keys while getting into the car; il bicchiere si è rotto nel lavarlo, the glass broke while it was being washed; nel dire ciò fu preso da commozione, in saying this he was overcome by emotion
    13 (predicativo; in ingl. non si traduce): siamo rimasti in due, only two of us were left; fra tutti eravamo in quaranta, there were forty of us in all; erano in molti, in pochi, there were many of them, few of them; se fossi in te, if I were you; dipingere qlco. in rosso, to paint sthg. red.
    ◆ FRASEOLOGIA: in alto, up there; up (above); in basso, down there; down (below); in giù, downward (s); in su, upward (s) // in cerca di, in search of // in dettaglio, in detail; in forse, in doubt // in particolare, in particular // in quanto, in so far as: in quanto a ciò, as for that // in tutti i modi, in any case; in virtù di, as... // in rapporto a, as regards // in qualità di, in (one's) capacity as // nel caso che, (se, qualora) if; (nell'eventualità che) in case: portati l'ombrello, nel caso che piova, take your umbrella with you in case it rains; nel caso che torni prima di me, fatti dare le chiavi dal portinaio, if you should get back before I do, get the keys from the custodian // in fede, yours faithfully // in coscienza, truthfully // in lungo e in largo, far and wide.
    * * *
    [in]
    1. prep in + il = nel, in + lo = nello, in + l'= nell', in + la = nella, in + i = nei, in + gli = negli, in + le = nelle

    sono rimasto in casa — I stayed at home, I stayed indoors

    è nell' editoria/nell' esercito — he is in publishing/in the army

    è in fondo all'armadio — it is at the back of the wardrobe

    in lei ho trovato una sorella — I found a sister in her

    in lui non c'era più speranza — there was no hope left in him

    nell' opera di Shakespeare — in Shakespeare's works

    un giornale diffuso in tutta Italia — a newspaper read all over o throughout Italy

    andare in campagna/in montagna — to go into the country/to the mountains

    andrò in Francia — I'm going to France

    entrare in casa — to go into the house

    entrare in macchina — to get into the car

    gettare qc in acqua — to throw sth into the water

    inciampò in una radice — he tripped over a root

    l'ho messo là in alto/basso — I put it up/down there

    spostarsi di città in città — to move from town to town

    3)

    (moto per luogo) il corteo è passato in piazza — the procession passed through the square

    4) (tempo) in

    negli anni ottanta — in the eighties

    in luglio, nel mese di luglio — in July

    5) (mezzo) by

    mi piace viaggiare in aereo — I like travelling by plane, I like flying

    pagare in contanti/in dollari — to pay cash/in dollars

    ci andremo in macchina — we'll go there by car, we'll drive there

    6) (modo, maniera) in

    in abito da sera — in evening dress

    in fiamme — on fire, in flames

    in piedi — standing, on one's feet

    7) (materia) made of

    in marmo — made of marble, marble attr

    8)

    (fine, scopo) spende tutto in divertimentihe spends all his money on entertainment

    in favore di — in favour of

    in onore di — in honour of

    9) (misura) in
    10)

    (con infinito) ha sbagliato nel rispondere male — he was wrong to be rude

    si è fatto male nel salire sull'autobus — he hurt himself as he was getting onto the bus

    nell' udire la notizia — on hearing the news

    2. avv

    essere in — (di moda, attuale) to be in

    3. agg inv

    la gente in — the in-crowd

    * * *
    [in]
    1) (stato in luogo) in; (all'interno) in, inside; (sopra) on

    abito in via RomaI live in BE o on AE via Roma

    vivere in Italia, in città, in campagna — to live in Italy, in town, in the country

    andare in Francia, in città, in campagna — to go to France, to town, to the country

    viaggiare in Cina, negli Stati Uniti — to travel around o through Cina, the United States

    in settimana mangio alla mensa — during the week I eat at the canteen; (entro)

    5) (mezzo) by
    6) (modo, maniera)

    un'opera in versi, inglese, tre volumi — a work in verse, in English, in three volumes

    Enza Bianchi in Rossi — Enza Rossi, née Bianchi

    nel tornare a casa,... — on my way home,...

    nel dire così,... — saying this

    * * *
    in
    /in/
    (artcl. nel, nello, nella, nell'; pl. nei, negli, nelle)
     1 (stato in luogo) in; (all'interno) in, inside; (sopra) on; abito in via Roma I live in BE o on AE via Roma; vivere in Italia, in città, in campagna to live in Italy, in town, in the country; stare in casa to stay at home; essere in un taxi to be in a taxi; in televisione on TV; in questa storia in this story; nel suo discorso in his speech; che cosa ti piace in un uomo? what do you like in a man? un tema ricorrente in Montale a recurrent theme in Montale's work
     2 (moto a luogo) to; andare in Francia, in città, in campagna to go to France, to town, to the country; andare in vacanza to go on holiday; vado in macelleria I'm going to the butcher's; entrare in una stanza to go into a room; il treno sta per entrare in stazione the train is arriving at the station; salire in macchina to get into the car
     3 (moto per luogo) passeggiare in centro to walk in the city centre BE o around downtown AE; viaggiare in Cina, negli Stati Uniti to travel around o through Cina, the United States; correre nei prati to run across the fields; infilare il dito nella fessura to stick one's finger through the slit
     4 (tempo) (durante) in inverno in winter; nel 1991 in 1991; nel Medio Evo in the Middle Ages; negli ultimi giorni over the last few days; in settimana mangio alla mensa during the week I eat at the canteen; (entro) l'ho fatto in due giorni I did it in two days; lo farò in settimana I'll do it within the week
     5 (mezzo) by; sono venuto in taxi I came here by taxi; abbiamo fatto un giro in barca we went out on the boat
     6 (modo, maniera) un'opera in versi, inglese, tre volumi a work in verse, in English, in three volumes; parlare in spagnolo to speak Spanish; in piena forma in great shape; in contanti (in) cash
     7 (fine) ho avuto questo libro in regalo this book was given to me as a present; in vendita for sale
     8 (trasformazione) tradurre in italiano to translate into Italian; cambiare delle sterline in dollari to change pounds in dollars
     10 (materia) è in oro it's made of gold; un anello in oro a gold ring
     11 (limitazione) laurea in filosofia degree in philosophy; laureato in lettere arts graduate; essere bravo in storia to be good at history; malattia frequente nei bovini common disease in cattle; in politica in politics
     12 (misura) il muro misura tre metri in altezza e sei in lunghezza the wall is three metres high and six metres long
     13 (quantità) erano in venti there were twenty of them; siamo in pochi there are few of us; abbiamo fatto il lavoro in due two of us did the job
     14 (davanti a un infinito) nel tornare a casa,... on my way home,...; nel dire così,... saying this,...
    \
    See also notes... (in.pdf)

    Dizionario Italiano-Inglese > in

  • 9 stare

    stare [ˈstaːre] < irr>
    1. (essere) съм; (in un luogo) намирам се; (in piedi) стоя
    stare seduto седя, седнал съм
    come stai? как си?
    sto bene/male добре/зле съм
    sto leggendo чета
    stare per fare qc каня се да правя нщ

    Grande dizionario italiano-bulgaro > stare

  • 10 di

    di
    di [di] <d', del, dello, dell', della, dei, degli, delle>
      preposizione
     1 (specificazione) von +dativo , für +accusativo , zu +dativo; (riferito a materia) aus +dativo; (possessivo) von +dativo; una donna di trent'anni eine dreißigjährige Frau; un litro di latte ein Liter Milch; la città di Torino die Stadt Turin; il mese di gennaio der Monat Januar
     2 (causa) vor +dativo; gridare di gioia vor Freude schreien
     3 (modo, mezzo) mit +dativo; venire di corsa schnell kommen, angerannt kommen
     4 (fine, scopo) zu +dativo , für +accusativo
     5 (origine) aus +dativo , von +dativo; cittadino di Torino Einwohner Maskulin von Turin; essere di Trieste aus Triest sein
     6 (moto da luogo) von +dativo , aus +dativo
     7 (tempo) bei +dativo , in +dativo , an +dativo; alzarsi di mattina morgens aufstehen; d'estate im Sommer; di giorno tagsüber, bei Tag(e), untertags austriaco; di sera abends, am Abend
     8 (paragone) als
     9 (partitivo) vorrei del pane ich möchte (etwas) Brot
     10 (con infinito) mi sembra di capire ich glaube, ich verstehe; tentare di fuggire zu fliehen versuchen
     11 (loc): non c'è di meglio es gibt nichts Besseres; invece di lui an seiner Stelle; dopoprima di me nachvor mir

    Dizionario italiano-tedesco > di

  • 11 in

    [in]
    1. prep in + il = nel, in + lo = nello, in + l'= nell', in + la = nella, in + i = nei, in + gli = negli, in + le = nelle

    sono rimasto in casa — I stayed at home, I stayed indoors

    è nell' editoria/nell' esercito — he is in publishing/in the army

    è in fondo all'armadio — it is at the back of the wardrobe

    in lei ho trovato una sorella — I found a sister in her

    in lui non c'era più speranza — there was no hope left in him

    nell' opera di Shakespeare — in Shakespeare's works

    un giornale diffuso in tutta Italia — a newspaper read all over o throughout Italy

    andare in campagna/in montagna — to go into the country/to the mountains

    andrò in Francia — I'm going to France

    entrare in casa — to go into the house

    entrare in macchina — to get into the car

    gettare qc in acqua — to throw sth into the water

    inciampò in una radice — he tripped over a root

    l'ho messo là in alto/basso — I put it up/down there

    spostarsi di città in città — to move from town to town

    3)

    (moto per luogo) il corteo è passato in piazza — the procession passed through the square

    4) (tempo) in

    negli anni ottanta — in the eighties

    in luglio, nel mese di luglio — in July

    5) (mezzo) by

    mi piace viaggiare in aereo — I like travelling by plane, I like flying

    pagare in contanti/in dollari — to pay cash/in dollars

    ci andremo in macchina — we'll go there by car, we'll drive there

    6) (modo, maniera) in

    in abito da sera — in evening dress

    in fiamme — on fire, in flames

    in piedi — standing, on one's feet

    7) (materia) made of

    in marmo — made of marble, marble attr

    8)

    (fine, scopo) spende tutto in divertimentihe spends all his money on entertainment

    in favore di — in favour of

    in onore di — in honour of

    9) (misura) in
    10)

    (con infinito) ha sbagliato nel rispondere male — he was wrong to be rude

    si è fatto male nel salire sull'autobus — he hurt himself as he was getting onto the bus

    nell' udire la notizia — on hearing the news

    2. avv

    essere in — (di moda, attuale) to be in

    3. agg inv

    la gente in — the in-crowd

    Nuovo dizionario Italiano-Inglese > in

  • 12 andare

    1. v/i go
    ( funzionare) work
    di macchia come out
    taglia fit
    andare a finire turn out
    come va? how are you?, how are things?
    non mi va di vestito it doesn't fit me
    non mi va di venire I don't feel like coming
    2. m: coll'andare del tempo with the passage of time
    a lungo andare in the long run
    * * *
    andare1 v. intr.
    1 to go*; ( in auto) to drive*; ( a piedi) to walk: andiamo a lavorare tutti i giorni, we go to work every day; è appena andato a scuola, he's just gone to school; vado da mia zia domani, I'm going to my auntie's tomorrow; andiamo, è tardi!, let's go, it's late!; va a Londra questo treno?, is this train going to London?; questa nave va in Australia, this ship is going to (o is bound for o is sailing to) Australia; dovrò per forza andarci in auto, I've no option but to drive there; è una bella giornata, perché non ci vai a piedi?, it's a nice day, why don't you walk there?; andò col pensiero ai giorni della sua infanzia, he thought back to when he was a child; andò con lo sguardo al gruppo di persone davanti all'ingresso, he glanced over (o across) at the people in front of the entrance; dove va il sale?, where does the salt go?; le sedie vanno in cucina, the chairs go in the kitchen // queste banconote non vanno più, these banknotes are no longer in circulation; andare in treno, per nave, in autobus, to go by train, by boat, by bus; andare in aereo, to go by plane (o to fly); andare in bicicletta, to go by bicycle (o by bike), to cycle (o to bike); sai andare in bicicletta?, can you ride a bicycle?; andare a cavallo, to go on horseback (o to ride) // andare all'estero, to go abroad; andare in campagna, to go to the country; andare in città, to go to town; andare in vacanza, to go on holiday; andare al cinema, to go to the pictures; andare a mangiare, to go to eat; andare a dormire, to go to bed; andare in campeggio, to go camping; andare a nuotare, to go swimming; andare a fare un giro in bicicletta, in automobile, to go for a ride, for a drive; andare a fare una passeggiata, to go for a walk; andare a cavalcare, to go riding; andare a giocare a tennis, a football, to go to play tennis, football // andare avanti, to go on; ( avanzare) to advance; ( precedere) to go ahead // andare avanti e indietro, to go backwards and forwards, to go to and fro // andare dentro, to go inside; ( in prigione) to be sent to prison (o to go inside) // andare dentro e fuori, to go in and out // andare fuori, to go out // andare dietro a qlcu., to follow s.o.; ( corteggiare) to run after s.o. // andare oltre, to go beyond (o to go over); (fig.) to go too far (o to exaggerate); andare troppo oltre, troppo in là, (anche fig.) to go too far // andare su, giù, to go up, down // andare lontano, to go far; (fig.) to distinguish oneself; to be successful // andare per le lunghe, to go on and on
    2 ( funzionare) to work: il mio computer va bene, my computer works well; il riscaldamento va ancora?, is the heating still working? // andare bene, male, ( di orologio) to be right, wrong; andare avanti, indietro, ( di orologio) to be fast, slow
    3 ( procedere) to go*; to get* on: come va l'inglese?, how are you getting on with your English?; come vanno gli affari?, how is business going?; la ditta è andata proprio bene, male l'anno scorso, the firm did well, badly last year; ''Come va la vita?'' ''Va'', ''How is life treating you?'' ''Not too badly'' // così va il mondo!, that's the way of the world! // andare di bene in meglio, to go better and better; andare di male in peggio, to go from bad to worse // far andare le cose per il verso giusto, to get things to go properly
    4 ( succedere) to happen: come va che sei sempre stanco?, how come you're always so tired?; vada come vada!, whatever happens!
    5 ( convenire, confarsi) to suit: ci andrebbe bene il treno delle cinque, the five o'clock train would suit us; ti andrebbe bene per domani sera?, would tomorrow evening suit you (o be all right for you)?
    6 (andar bene, di indumento) to fit: queste scarpe non mi vanno più, these shoes don't fit me any more; è così cresciuto che non gli va più niente, he has outgrown all his clothes
    7 ( occorrere) to need: vanno tanti soldi per una vacanza come quella, a holiday like that would cost a lot of money; per un abito così ci vanno tre metri di stoffa, you'll need three metres of material for a dress like that; ti andrebbe bene una bella dormita, what you need is a good sleep
    8 ( piacere) to like (costr. pers.); ( sentirsi di) to feel* like (costr. pers.): ti andrebbe qlco. da bere?; would you like sthg. to drink?; il tuo comportamento non mi va affatto, I don't like your behaviour at all; non mi va di uscire stasera, I don't feel like going out this evening
    9 ( essere di moda) to be in (fashion): quel tipo di scarpe non va più, shoes like that aren't in any more (o are out); va molto il nero quest'anno, black is in (fashion) this year // andare per la maggiore, to be very fashionable
    10 ( essere venduto) to sell*: il suo ultimo romanzo è andato a ruba, his latest novel sold like hot cakes
    11 (essere, sentirsi) to be, to feel*: va molto orgoglioso della sua nuova casa, he's very proud of his new house
    12 ( avvicinarsi) to be about: la spesa andrà sui 100.000 euro, the cost will be about 100,000 euros // andare per, to be almost: va per i 15 ( anni), he is almost fifteen // va per la pensione, he is almost retired
    13 andare a, ( con idea di futuro) to be going to, to be about: lo spettacolo andava a incominciare, the show was about (o was going) to begin
    14 ( dover essere) to have to be; must be: questa pianta va tenuta all'ombra, this plant has (o is) to be kept in the shade; questo interruttore non va toccato, this switch mustn't be touched
    15 ( con valore ausiliare di 'essere') to be, to get*: rischia di andare perduto, it's likely to get lost; se non vado errato, if I'm not mistaken
    16 (seguito da ger. per indicare la continuità di un'azione) to be + -ing: va peggiorando ogni giorno, he is getting worse every day; vanno dicendo che è partito, they are saying he's left
    17 ( con valore pleonastico o rafforzativo): dove sei andato a cacciarti?, where have you been hiding?; andare a finire bene, to end well; andare a finire male, to come to a bad end; è andato a finire nel lago, it ended up in the lake; andare in scena, to be put on // ( radio, tv) andare in onda, to be on (o broadcast) // (sport): andare a canestro, to score a point; andare a rete, to score a goal; andare al tappeto, ( di pugile) to be knocked out // (tip.) andare in macchina, to go to press // andare all'asta, to be auctioned off // andare alla deriva, to go adrift, to drift; (fig.) to drift with the tide // andare a picco, a fondo, to sink; andare a fondo di qlco., to dig into sthg.; andare fino in fondo, to carry on to the end // andare a gambe all'aria, to tumble // andare all'altro mondo, al Creatore, (fam.) to kick the bucket // andare all'inferno, in paradiso, to go to hell, to heaven // andare per la propria strada, per i fatti propri, to go one's own way // andare fuori strada, to leave the road // andare in cerca di guai, to look for trouble // andare a male, ( di cibo) to go off (o to go bad) // andare a monte, to fall through // andare per il sottile, to split hairs (o to be very particular); non andare per il sottile, to be rather rough // andare per le lunghe, to go on and on // lasciar andare un pugno, uno schiaffo a qlcu., to let fly a punch, a slap at s.o.; lascia andare!, forget it!; lasciarsi andare, to let oneself go // ma va là, andiamo!, oh, come on (o come off it)!; andiamo, coraggio!, cheer up! // va da sé che hai torto, it goes without saying, you're wrong // va' al diavolo!, go to hell!; va' a morire ammazzato!, drop dead!, go to hell!; va' in malora!, go to the devil! // andare a Canossa, to eat humble pie // andare in brodo di giuggiole, to be ecstatic; andare in visibilio per qlco., to go crazy about sthg. // è andata!, ( è finita), it's over and done with!, ( ha avuto successo) it's gone off well! // se la va, la va!, we'll be lucky if it works // e vada per questa volta, we'll let it pass for this time // andare a donne, to womanize // andare a letto con qlcu., to go to bed with s.o. // andare di corpo, to empty one's bowels.
    andarsene v.intr.pron.
    1 to go* (away), to leave*: se ne è andato appena finito il concerto, he left as soon as the concert ended; te ne vai di già?, are you going already; vattene, non ti voglio più vedere!, go away, I don't want to see you again! // se ne è andato l'anno scorso ( è morto), he passed away last year
    2 ( di macchia) to come* off.
    andare2 s.m.
    1 a lungo andare, in the long run // a tutt'andare, (anche fig.) without ceasing // con l'andare del tempo, with the passing of time; c'era tutto un andare e venire, there was a continual coming and going // di quest'andare finirà presto i suoi soldi, at this rate he'll soon get through his money
    2 ( andatura) gait, walk.
    * * *
    [an'dare]
    1. vi irreg (aus essere)
    1) (gen) to go

    dove va (messa) questa vite? — where does this screw go?

    andare per i 50 — (età) to be getting on for 50

    andrò all' università l'anno prossimo — I'm going to university next year

    2)

    va fatto entro oggi — it's got to be done today

    andare fiero di qc/qn — to be proud of sth/sb

    ne va della nostra vita — our lives are at stake

    vado pazzo per la pizza — I'm crazy about pizza, I adore pizza

    non va trascurato il fatto che... — we shouldn't forget o overlook the fact that...

    va sempre vestita di rosso — she always wears red

    3)

    (salute, situazione) come va? — bene grazie — how are you? — fine thanks

    va bene (d'accordo) all right, O.K fam

    andare di bene in meglio — to get better and better

    com'è andata? — how did it go?

    come va (la salute)? — va bene — how are you? — I'm fine

    come va la scuola? — how's school?

    come vai a scuola? — how are you getting on at school?

    4) (funzionare) to work

    non riesco a far andare la macchina — I can't start the car

    la lavatrice non va — the washing machine won't work

    5)

    andare a qn — (calzare: scarpe, vestito) to fit sb

    (essere gradito) quest'idea non mi va — I don't like this idea

    questi jeans non mi vanno più — these jeans don't fit me any more

    ti va il cioccolato? — do you like chocolate?

    ti va di andare al cinema? — do you feel like going to the cinema?

    ti va (bene) se ci vediamo alle 5? — is it ok if we meet at 5?

    6) (essere venduto) to sell, (essere di moda) to be fashionable
    7)

    (+ infinito) andare a pescareto go fishing

    andare a prendere qc/qn — to go and get sth/sb

    8)

    (fraseologia) va che ti conosco bene — come off it, I know you too well

    vada per una birra — ok, I'll have a beer

    chi va piano va sano e va lontano — (Proverbio) more haste less speed

    va da (è naturale) it goes without saying

    per questa volta vada — let's say no more about it this time

    andiamo! — let's go!, (coraggio!) come on!

    9)

    me ne vado — I'm off, I'm going

    10) (+ avverbio, preposizione)
    See:
    2. sm

    a lungo andare — in time, in the long run

    racconta storie a tutto andare — she's forever talking rubbish

    * * *
    I 1. [an'dare]
    verbo intransitivo (aus. essere)
    1) (spostarsi, muoversi) to go*

    andare a Roma, negli Stati Uniti, in Spagna — to go to Rome, to the (United) States, to Spain

    andare in città, in campagna, al mare — to go to town, to the country, to the seaside

    andare verso casa, verso sud — to go o head homeward(s), south

    andare in treno, aereo — to go by train, plane

    andare a piedi — to walk, to go on foot

    andare in macchina — to drive, to go by car

    non so andare in bicicletta I can't ride a bicycle; andare a cavallo to ride (a horse); andando al mercato... on the way to the market...; vado e torno I'll be back in a minute o right back; vado io! — (a rispondere alla porta) I'll get it!

    2) (andare via, partire) to go*

    devo andareI must go o be going

    andare a scuola, al lavoro — to go to school, work

    andare a pesca, a sciare — to go fishing, skiing

    andare dal dottore, dal parrucchiere — to go to the doctor's, hairdresser's

    4) (seguito da a + infinito)

    va' a dirle che... — go and tell her that...

    andare a fare spese — to go shopping; (enfatico)

    andare veloce, a 50 km/h — to drive fast, to travel at 50 km/h

    6) (portare) [strada, corridoio] to go*, to lead* (a to); [treno, ecc.] to go* (a to), to be* bound (a for)

    andare a sud — [ strada] to head o bear south

    andare fuori stradato go o swerve off the road

    cosa c'è che non va?what's wrong o the matter? (stare)

    9) (funzionare) to go*, to work

    il libro sta andando bene — the book is selling (well); (essere di moda)

    ti va un gelato?do you feel like o do you fancy an ice cream?

    l'esercizio va fatto — the exercise must be done; (essere, risultare)

    vacci piano, è delicato — be careful, it's delicate

    andarci pesante (essere severo) to come on strong

    andarci pesante con — to be heavy on [ ingrediente]

    18) andare avanti (avanzare) to go* ahead, to go* along; (proseguire) to go* on, to keep* going; [ orologio] to run* fast, to be* fast
    19) andare bene (essere appropriato) to suit, to be* OK, to be* all right

    va benissimo!that's great! (essere accettabile)

    quello che dice lui, va bene — what he says goes

    qualsiasi scusa andrà bene — any excuse will do; (calzare)

    quel vestito non mi va bene — that dress doesn't fit me; (essere adatto)

    la chiave va bene per questa serratura — the key fits this lock; (abbinarsi)

    andare bene insieme — [colori, mobili] to go together, to be a good match

    andare bene con — [colore, mobile] to go with; (svolgersi positivamente) [festa, operazione] to go well

    se tutto va bene — if all goes well, all being well

    mi è andata bene — I was lucky, it worked out well for me

    gli è andata bene che — it was just as well for him that; (riuscire)

    andare bene a scuolato do well at school o in one's schoolwork

    andare bene in matematicato be good at o to do well in maths

    andare contro le convinzioni di qcn. — to go against sb.'s beliefs

    21) andare a finire (avere un certo esito) to finish up, to wind* up colloq.

    va a finire che si fanno male — they'll end up hurting themselves; (venire a trovarsi)

    22) andare fuori to go* out

    andare a cena fuori — to dine out, to go out for dinner

    23) andare giù to go* down, to get* down; [ azioni] to go* down, to come* down

    non mi va giùit sticks in my craw o throat (anche fig.)

    24) andare indietro to go* back, to get* back; [ orologio] to be* slow, to run* slow
    25) andare male (svolgersi negativamente) [affari, esame, colloquio] to go* badly; (non riuscire)

    andare male a scuolato do badly o poorly at school

    26) andare su (salire) to go* up; (aumentare) [temperatura, prezzi] to go* up, to rise*
    27) andare via (partire) to go* away, to get* away, to leave*; (sparire)
    2.
    verbo pronominale andarsene
    1) (andare via, partire) to go* away, to get* away, to leave*, to go* off
    3) eufem. (morire) to go*, to pass away
    3.
    ••

    andiamo!(dai, muoviamoci) let's go! (su, suvvia) come on!

    va bene — (it's) all right, alright, good, OK, that's fine

    così va il mondothat's how o the way it goes! that's the way the cookie crumbles colloq.

    va' al diavolo! o all'inferno! colloq. go to the devil o to hell! va' a farti fottere! volg. fuck you! o la va o la spacca! sink or swim! do or die! dimmi con chi vai e ti dirò chi sei — prov. you can tell a man by the company he keeps

    ••
    Note:
    Oltre ai molti significati e usi idiomatici del verbo andare, ampiamente trattati nella voce qui sotto, vanno sottolineate le differenze tra inglese e italiano quando andare è seguito da un altro verbo. - Andare + a + infinito è reso in inglese con to go seguito da un sintagma preposizionale ( andare a fare una passeggiata = to go for a walk), da to + infinito ( è andata a prendere del vino = she's gone to get some wine), dal gerundio ( andare a sciare = to go skiing) oppure da un verbo coordinato con and ( andai a rispondere al telefono = I went and answered the phone). - Quando andare è seguito in italiano da un verbo al gerundio, va reso con to be o to get: la mia salute va migliorando = my health is getting better, i nemici si andavano avvicinando = the enemies were approaching. - Quando andare è seguito da un verbo al participio passato, esso va reso con il passivo di dovere o con un semplice passivo: va fatto subito = it must be done immediately, le tasse vanno pagate = taxes must be payed, i miei bagagli andarono perduti all'aeroporto = my luggage was lost at the airport
    II [an'dare]
    sostantivo maschile

    tutto questo andare e venire — all this toing and froing, all these comings and goings

    con l'andare del tempo — as time goes by, with the passing of time

    fa errori a tutto andare (a tutto spiano) he makes one mistake after another

    * * *
    andare1
    /an'dare/ [6]
    Oltre ai molti significati e usi idiomatici del verbo andare, ampiamente trattati nella voce qui sotto, vanno sottolineate le differenze tra inglese e italiano quando andare è seguito da un altro verbo. - Andare + a + infinito è reso in inglese con to go seguito da un sintagma preposizionale ( andare a fare una passeggiata = to go for a walk), da to + infinito ( è andata a prendere del vino = she's gone to get some wine), dal gerundio ( andare a sciare = to go skiing) oppure da un verbo coordinato con and ( andai a rispondere al telefono = I went and answered the phone). - Quando andare è seguito in italiano da un verbo al gerundio, va reso con to be o to get: la mia salute va migliorando = my health is getting better, i nemici si andavano avvicinando = the enemies were approaching. - Quando andare è seguito da un verbo al participio passato, esso va reso con il passivo di dovere o con un semplice passivo: va fatto subito = it must be done immediately, le tasse vanno pagate = taxes must be payed, i miei bagagli andarono perduti all'aeroporto = my luggage was lost at the airport.
     (aus. essere)
     1 (spostarsi, muoversi) to go*; dove vai? where are you going? where are you off to? andare a Roma, negli Stati Uniti, in Spagna to go to Rome, to the (United) States, to Spain; andare in città, in campagna, al mare to go to town, to the country, to the seaside; andare a casa to go home; andare verso casa, verso sud to go o head homeward(s), south; andare in treno, aereo to go by train, plane; andare a piedi to walk, to go on foot; andare in macchina to drive, to go by car; non so andare in bicicletta I can't ride a bicycle; andare a cavallo to ride (a horse); andando al mercato... on the way to the market...; vado e torno I'll be back in a minute o right back; vado io! (a rispondere alla porta) I'll get it!
     2 (andare via, partire) to go*; devo andare I must go o be going; andare in vacanza to go on holiday
     3 (per indicare attività svolte regolarmente) andare a scuola, al lavoro to go to school, work; andare a pesca, a sciare to go fishing, skiing; andare dal dottore, dal parrucchiere to go to the doctor's, hairdresser's; andare in o all'ospedale to go to hospital BE o the hospital AE
     4 (seguito da a + infinito) andare a fare una passeggiata to go for a walk; andare a fare un viaggio to go on a journey; è andato a prendere del vino he's gone to get some wine; va' a dirle che... go and tell her that...; andare a fare spese to go shopping; (enfatico) è andato a dirlo a tutti! he's gone and told everybody! va' a sapere! don't ask me! who knows? va' a capirci qualcosa! just try and work that out!
     5 (procedere con un veicolo) andare veloce, a 50 km/h to drive fast, to travel at 50 km/h
     6 (portare) [strada, corridoio] to go*, to lead* (a to); [treno, ecc.] to go* (a to), to be* bound (a for); andare a sud [ strada] to head o bear south
     7 (finire) andare in terra to fall on the floor o to the ground; andare fuori strada to go o swerve off the road
     8 (procedere) com'è andata la serata? how did the evening go? come vanno gli affari? how's business? come va la scuola? how are things at school? cosa c'è che non va? what's wrong o the matter? (stare) come va il piede? how's your foot?
     9 (funzionare) to go*, to work; la sua macchina ha qualcosa che non va there's something wrong with her car; andare a benzina to run on petrol
     10 (vendersi) il libro sta andando bene the book is selling (well); (essere di moda) quest'inverno vanno (di moda) i cappotti lunghi the fashion is for long coats this winter
     11 (piacere) ti va un gelato? do you feel like o do you fancy an ice cream? oggi non mi va di studiare today I don't feel like studying
     12 (calzare) questa gonna mi va stretta this skirt is a tight fit
     13 (dover essere collocato) to go*; dove vanno questi piatti? where do these plates go? (essere utilizzabile) il piatto non va in forno the dish is not ovenproof
     14 (di età) va per i quaranta he's going on forty
     15 (con il gerundio) andare migliorando to be getting better o improving; la situazione va complicandosi the situation is getting more and more complicated
     16 (seguito da participio passato) (dover essere) l'esercizio va fatto the exercise must be done; (essere, risultare) i bagagli andarono perduti the luggage was lost
     17 andarci andarci piano con to go easy o light on [ alcolici]; vacci piano, è delicato be careful, it's delicate; vacci piano! easy does it! andarci pesante (essere severo) to come on strong; andarci pesante con to be heavy on [ ingrediente]
     18 andare avanti (avanzare) to go* ahead, to go* along; (proseguire) to go* on, to keep* going; [ orologio] to run* fast, to be* fast; non si può andare avanti così! this really won't do!
     19 andare bene (essere appropriato) to suit, to be* OK, to be* all right; non va per niente bene that's not good at all; hai visto qualcosa che possa andare bene? did you see anything suitable? (essere gradito, stare bene) lunedì (ti) va bene? does Monday suit you? mi va bene it suits me fine; va benissimo! that's great! (essere accettabile) quello che dice lui, va bene what he says goes; qualsiasi scusa andrà bene any excuse will do; (calzare) quel vestito non mi va bene that dress doesn't fit me; (essere adatto) la chiave va bene per questa serratura the key fits this lock; (abbinarsi) andare bene insieme [colori, mobili] to go together, to be a good match; andare bene con [colore, mobile] to go with; (svolgersi positivamente) [festa, operazione] to go well; va tutto bene? is everything all right? are you OK? se tutto va bene if all goes well, all being well; mi è andata bene I was lucky, it worked out well for me; gli è andata bene che it was just as well for him that; (riuscire) andare bene a scuola to do well at school o in one's schoolwork; andare bene in matematica to be good at o to do well in maths
     20 andare contro (infrangere) andare contro la legge to break the law; andare contro le convinzioni di qcn. to go against sb.'s beliefs
     21 andare a finire (avere un certo esito) to finish up, to wind* up colloq.; andare a finire bene to turn out well; va a finire che si fanno male they'll end up hurting themselves; (venire a trovarsi) dov'è andata a finire la mia penna? where has my pen got to? where did my pen go? non so dove vanno a finire tutti i miei soldi! I don't know where all my money goes (to)!
     22 andare fuori to go* out; andare a cena fuori to dine out, to go out for dinner
     23 andare giù to go* down, to get* down; [ azioni] to go* down, to come* down; non mi va giù it sticks in my craw o throat (anche fig.)
     24 andare indietro to go* back, to get* back; [ orologio] to be* slow, to run* slow
     25 andare male (svolgersi negativamente) [affari, esame, colloquio] to go* badly; (non riuscire) andare male a scuola to do badly o poorly at school; andare male in matematica to be bad at maths
     26 andare su (salire) to go* up; (aumentare) [temperatura, prezzi] to go* up, to rise*
     27 andare via (partire) to go* away, to get* away, to leave*; (sparire) la macchia non va via the stain won't come out
    II andarsene verbo pronominale
     1 (andare via, partire) to go* away, to get* away, to leave*, to go* off; vattene! get out! go away!
     2 (sparire) ecco che se ne vanno le mie possibilità di vittoria! there go my chances of winning! questo raffreddore non vuole andare this cold just won't go away
     3 eufem. (morire) to go*, to pass away
    III andarne verbo impersonale
      (essere in gioco) ne va della mia reputazione my reputation is at stake
    ma va' là! you don't say! andiamo! (dai, muoviamoci) let's go! (su, suvvia) come on! comunque vada whatever happens; vada come vada whatever! come va la vita? how's life (treating you)? va bene (it's) all right, alright, good, OK, that's fine; va da sé it goes without saying; così va il mondo that's how o the way it goes! that's the way the cookie crumbles colloq.; va' a quel paese drop dead! get lost! va' al diavolo! o all'inferno! colloq. go to the devil o to hell! va' a farti fottere! volg. fuck you! o la va o la spacca! sink or swim! do or die! dimmi con chi vai e ti dirò chi sei prov. you can tell a man by the company he keeps.
    ————————
    andare2
    /an'dare/
    sostantivo m.
    tutto questo andare e venire all this toing and froing, all these comings and goings; con l'andare del tempo as time goes by, with the passing of time; a lungo andare in the long run o term; a tutto andare (a tutta velocità) at top speed; fa errori a tutto andare (a tutto spiano) he makes one mistake after another.

    Dizionario Italiano-Inglese > andare

  • 13 fare

    1. v/t do
    vestito, dolce, errore make
    biglietto, benzina buy, get
    fare ( dello) sport play sport
    fare il pieno fill up
    fare un bagno have a bath
    fare il conto al ristorante prepare the bill
    fare il medico/l'insegnante be a doctor/teacher
    non fa niente it doesn't matter
    fare vedere qualcosa a qualcuno show something to someone
    farcela manage
    non ce la faccio più I can't take any more
    2 più 2 fa 4 2 and 2 make(s) 4
    quanto fa? how much is it?
    far fare qualcosa a qualcuno get someone to do something
    2. v/i: questo non fa per me this isn't for me
    faccia pure! go ahead!, carry on!
    qui fa bello/brutto the weather here is nice/awful
    fa freddo/caldo it's cold/warm
    * * *
    fare v.tr.
    1 ( in senso generale, astratto, morale, intellettuale e nel senso di agire) to do*: che cosa fai?, what are you doing?; avere molto da fare, to have a great deal to do (o to be kept hard at work); non avere nulla da fare, to have nothing to do; non fare nulla, to do nothing; che debbo fare ( di lui)?, what shall I do (with him)?; che fare ora?, what is to be done now?; che si doveva fare?, what was to be done? // che diavolo stai facendo?, what are you up to? (o what on earth are you doing?) // dovrai farne a meno, you'll have to do without (it) // detto fatto, no sooner said than done // ecco fatto!, that's done! // non fa altro che dormire, he does nothing but sleep // nulla da fare, (fam.) nothing doing // fare senza, to do without; fare alla meglio, to do carelessly // fare bene, to do properly (o to do well) // fare del proprio meglio, tutto il possibile, to do one's utmost (o one's best) // fare bene, male a qlcu., to do s.o. good, harm: questa medicina ti farà bene, this medicine will do you good; il vino mi fa male, wine doesn't agree with me; fare il giro dei locali notturni, to do the night-clubs // chi fa da sé fa per tre, (prov.) if you want a thing done well do it yourself // non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, (prov.) do as you would be done by
    2 ( prevalentemente nel senso di creare, produrre, fabbricare; realizzare) to make*: farei una camicetta con questa seta, I'd make a blouse out of this silk; fare un abito, una torta, to make a dress, a cake; fare il caffè, il tè, to make coffee, tea; il fornaio fa il pane, the baker makes bread; il vino si fa con l'uva, wine is made from grapes; è il parlamento che fa le leggi, laws are made by Parliament; ti farò una lista dei libri che mi occorrono, I'll make a list of the books I need; non far rumore, don't make a noise; fare i letti, to make the beds // fare amicizia, to make friends: farsi degli amici, dei nemici, to make friends, enemies; farsi un nemico di qlcu., to make an enemy of s.o. // fare un errore, to make a mistake // fare mistero di qlco., to make a mystery of sthg. // fare posto a qlcu., to make room for s.o. // fare il totale, to make up the total // 3 più 3 fa 6, 3 and 3 make 6 (o 3 and 3 are 6); 2 per 2 fa 4, twice 2 is 4
    3 ( essere) ( come professione), to be: fare l'insegnante, il medico, la spia, to be a teacher, a doctor, a spy // fare parte del personale, to be a member of the staff
    4 ( avere, possedere) to have: il villaggio fa duecento abitanti, the village has two hundred inhabitants
    5 ( rifornirsi) to take* on: la nave fece acqua e carbone, the ship took on water and coal // (aut.) fare il pieno, to fill up
    6 ( dire) to say*: 'Quando partite?', fece egli, 'When are you leaving?', he said // non fare motto, to utter not a word
    7 ( eleggere, nominare) to make*, to elect, to appoint: lo fecero re, they made him king (o he was appointed king)
    8 ( reputare) to repute; to think*: non lo facevo così sciocco, I did not think he was so silly
    9 ( scrivere) to write*; ( dipingere) to paint: ha fatto un bel ritratto a mia sorella, he painted a beautiful portrait of my sister
    10 ( indicare, segnare) to make*; to be: che ore fai?, what time do you make it?; che ora fa il tuo orologio?, what time is it by your watch?; questo orologio fa le cinque, it is five o' clock by this watch
    11 (teatr.) ( rappresentare) to perform: questa settimana all'Odeon fanno l''Amleto', 'Hamlet' is being performed at the Odeon (o 'Hamlet' is on at the Odeon) this week
    12 ( far la parte di) to act (as); (teatr.) to play (as); ( fingere) to feign: mi fa da governante, she acts as my housekeeper; quell'attore nell''Otello' farà la parte di Jago, that actor is going to play Iago in 'Othello'; fare l'ignorante, to feign ignorance; fare il morto, (fig.) to feign death
    13 ( praticare) to go* in for; ( giocare) to play: fare della bicicletta, dello sport, dell'automobilismo, della politica, to go in for cycling, sport, motoring, politics; fare del tennis, to play tennis; fare del nuoto, to swim // fare del teatro, del cinema, to be an actor, a cinema-actor // fare un po' di musica, to play some music
    14 ( pulire) to clean: fare una stanza, to clean a room (o fam. to do a room); fare i piatti, to wash up
    15 ( generare) to bear*; to have: quella cagna il mese scorso ha fatto tre cuccioli, that bitch had three puppies last month
    16 ( trasformare) to turn into: puoi farci un grembiule, you can turn it into an apron
    17 ( percorrere) to go*: fare dieci chilometri a piedi, a cavallo, to walk, to ride ten kilometres; fare sessanta chilometri all'ora, to drive at sixty kilometres an hour; fare quattro passi per un sentiero, to go for (o to take) a stroll along a path; abbiamo fatto 3000 km in due giorni, we covered (o did) 3000 km in two days
    18 ( passare, trascorrere) to spend*: dove hai fatto le vacanze?, where did you spend your holidays?; fece dieci anni di prigione, he did ten years in prison
    20 ( con valore causativo seguito da infinito) to have, to get*; ( causare) to cause; to make*; ( lasciare, permettere) to let*: fa' venire l'idraulico, get the plumber to come; devo far aggiustare l'auto, I must have the car repaired; fallo smettere!, make him stop!; fatti (fare) un nuovo abito!, have a new suit made!; il tuo ritardo mi fece perdere il treno, your being late caused me to miss the train; far fare qlco., to have (o to get) sthg. done; fare partire una macchina, to start a machine; fare aspettare qlcu., to keep s.o. waiting; fare sapere a qlcu., to let s.o. know (o to inform s.o.); fare uscire, entrare, to let s.o. out, in; fare vedere qlco. a qlcu., to let s.o. see sthg. (o to show s.o. sthg.) // fare chiamare qlcu., to send for s.o. // fare notare a qlcu., to point out to s.o. // fare osservare qlco. a qlcu., to call s.o.'s attention to sthg. // far pagare, to charge: far pagare troppo, poco, to overcharge, to undercharge // far salire i prezzi, to raise prices.
    v. intr.
    1 impers. ( di condizioni atmosferiche): che tempo fa?, what is the weather like?; fa brutto tempo, bel tempo, it is bad weather, fine weather; fa caldo, caldissimo, molto freddo, it is warm, hot, very cold
    2 ( essere adatto) to suit: questa casa non fa per me, this house doesn't suit me
    3 ( seguito da consecutive): fare in modo di, to try to (do); fate che non vi veda, don't let him see you; fate in modo di non farvi vedere, take care not to be seen // fare sì che, fare in modo che, to arrange, to make sure, to get, to make*: fece sì che tutti fossero d'accordo con lui, he got everyone to agree with him; hanno fatto in modo che tutti fossero soddisfatti, they made sure everybody was happy; fecero sì che io lo incontrassi, they arranged (o made arrangements) for me to meet him
    4 ( stare per) to be about: fece per entrare quando..., he was about to enter, when...
    5 fare in tempo a, to manage to (do): ce la fece appena a prendere il treno, he just managed (o he was just in time) to catch his train.
    farsi v.rifl. o intr.pron.
    1 ( diventare) to become*; ( gradualmente) to grow*: si è fatto un bel giovane, he has become a handsome young man; si sono fatti più gentili, they have become more amiable; ti sei fatto molto alto, you have grown (o become) very tall; fare cattolico, to turn Catholic (o to become a Roman Catholic) // fare bello, ( vantarsi) to boast
    2 ( moto) to come*; to get*: su, fatevi in là!, get out of my way, please!; fare avanti, to go forward, (fig.) to thrust oneself forward
    3 ( seguito da infinito) to make* oneself; to get*: fare amare, capire, odiare, to make oneself loved, understood, hated; fatti aiutare da qualcuno, get someone to help you; fare notare, to attract attention, ( di proposito) to make oneself conspicuous
    4 impers. ( di tempo e di condizioni atmosferiche) to get*; to grow*: si fa buio, it is getting dark; si fa tardi, it is growing late
    5 (sl.) ( drogarsi) to shoot* up; to take* drugs.
    fare s.m.
    1 doing, making // dal dire al fare c'è di mezzo il mare, there's many a slip 'twixt cup and lip
    2 ( modi, maniere) manner; way; ( comportamento) behaviour: il suo fare modesto, his modest manner; ha un brutto ( modo di) fare, he has an unpleasant manner; ha un fare molto simpatico, he has winning ways (o he has a pleasant manner); non mi piace il suo fare, I don't like his manners
    3 ( inizio) sul fare del giorno, at daybreak (o dawn); sul fare della notte, at nightfall.
    * * *
    1. ['fare]
    vb irreg vt
    1) (fabbricare: gen) to make, (casa) to build, (quadro) to paint, (disegno) to draw, (pasto) to cook, (pane, dolci) to bake, (assegno) to make out

    fare un corso (tenere) to give a series of lessons, teach a course, (seguire) to do a course

    che cosa ne hai fatto di quei pantaloni? — what have you done with those trousers?

    fare una festato have o hold a party

    hai fatto il letto? — have you made the bed?

    hai fatto la stanza? — have you cleaned the room?

    2) (attività: gen) to do, (vacanza, sogno) to have

    cosa fai? — (adesso) what are you doing?, (nella vita) what do you do?, what is your job?

    3) (funzione) to be, Teatro to play, be, act

    fare finta di essere stanco — to pretend to be tired

    fare il morto (in acqua) to float

    4) (percorrere) to do

    fare i 100 metri (competere) to go in for o run in the 100 metres

    fa i 100 metri in 10,5 — he does the 100 metres in 10.5

    fare una passeggiatato go for o take a walk

    fare un viaggio — to go on a trip, make a journey

    5)

    (suscitare: sentimenti) fa nienteit doesn't matter

    fare paura a — to frighten

    6)
    7)

    (ammontare) due più due fa quattro — two plus two make(s) o equal(s) four

    che differenza fa? — what difference does it make?

    fa 50 euro, signora — that'll be 50 euros, madam

    glielo faccio 100 euroI'll give it to you o I'll let you have it for 100 euros

    che ora fa il tuo orologio? — what time is it by your watch?

    8)

    (+ infinito) le faremo avere la merce — we'll get the goods to you

    l'hanno fatto entrare in macchina — (costringere) they forced him into the car, they made him get into the car, (lasciare) they let him get into the car

    lo farò fare a lei — I'll get her to do it, I'll have her do it

    far piangere qn — to make sb cry

    far riparare la macchina — to have one's car repaired

    far scongelare — to defrost, thaw out

    far soffrire qn — to make sb suffer

    mi son fatto tagliare i capelli — I've had my hair cut

    fare venire qn — to send for sb

    9)

    farsi; farsi la barbato have a shave

    farsi una gonna — to make o.s. a skirt

    si fa da mangiare da solo — he does his own cooking

    farsi un nome — to make a name for o.s.

    10)

    (fraseologia) farla a qn — to get the better of sb

    me l'hanno fatta! (imbrogliare) I've been done!, (derubare) I've been robbed!, (lasciare nei guai) I've been lumbered!

    farcela — to succeed, manage

    non ce la faccio più (a camminare) I can't go on, (a sopportare) I can't take any more

    farla finita con qc — to have done with sth

    non c'è niente da fare — it's no use

    ormai è stato deciso e non c'è niente da fare — it's been decided and there's nothing we can do about it

    ha fatto di con la testa — he nodded

    2. vi (aus avere)
    1) (agire) to do

    faccia pure! — go ahead!

    saperci fare con — (situazioni, persone) to know how to deal with

    ci sa fare coi bambini/con le macchine — he's good with children/cars

    2)

    (dire) "davvero?" fece — "really?" he said

    3)

    questo non si fa — it's not done, you (just) can't do that

    si fa così! — you do it like this, this is the way it's done

    non si fa così — (rimprovero) that's no way to behave!

    questa festa non si farà! — this party won't take place!

    4)

    (fraseologia) fa proprio al caso nostro — it's just what we need

    avere a che fare con qn — to have sth to do with sb

    non so che farmene di lui — I don't know what to do with him

    fare da (funzioni) to act as

    fare da padre a qn — to be like a father to sb

    la cucina fa anche da sala da pranzo — the kitchen also serves as o is also used as a dining room

    fai in modo che non ti vedano — make sure they don't see you

    fare per (essere adatto) to be suitable for, (essere sul punto di) to be about to

    fece per uscire e poi si fermò — he made as if to go out and then stopped

    non fa per me — it isn't (suitable) for me

    fare a pugni — to come to blows, fig to clash

    fare in tempo a... — to be in time to...

    il grigio fa vecchiogrey makes you o one look older

    3. vb impers
    4. vr (farsi)
    1)

    (rendersi) farsi amico di qn — to make friends with sb

    farsi notare — to get o.s. noticed

    2)

    (spostarsi) farsi avanti — to move forward, fig to come forward

    fatti più in là! — move along a bit!

    3) (gergo: drogarsi) to do drugs
    5. vip (farsi)
    (divenire) to become
    6. sm

    sul far del giorno/della notte — at daybreak/nightfall

    * * *
    I 1. ['fare]
    verbo transitivo
    2) (preparare, fabbricare, creare) to make* [torta, tè, vino, vestito, mobile, pezzi di ricambio, film]
    3) (produrre, provocare) to make* [macchia, buco, rumore]
    5) (redigere, scrivere) to do* [traduzione, tesi]; (emanare) to make* [ legge]
    6) (come professione, mestiere)

    fare il medico, l'insegnante — to be a doctor, a teacher; (come sport, hobby) to do* [aerobica, giardinaggio]

    7) (a scuola) to do*, to study [materia, facoltà, testo, autore]; to do* [ corso]
    8) (trascorrere) to spend* [ vacanze]
    10) (percorrere) to do* [tragitto, chilometri]
    11) (avere) to have* [infarto, orecchioni, otite]
    12) (provocare, causare)

    fare del bene, del male a qcn. — to do sb. good, harm

    Signore, fa' che non gli succeda niente — may God protect him!

    13) (far diventare) to make*

    fare felice qcn. — to make sb. happy

    fare qcn. presidente — to make sb. president

    fare il malato, il coraggioso — to pretend to be ill, brave

    16) (interpretare) [ attore] to play [parte, ruolo]

    fare piangere qcn. — to make sb. cry

    fare perdere qcs. a qcn. — to make sb. lose sth.; (permettere, lasciare)

    fare andare qcn. — to let sb. go; (convincere)

    20) (partorire) [donna, animale] to have* [bambino, cuccioli]
    21) (dire)

    "certo" fece lei — "of course" she said

    poi fa "e i miei soldi?" — colloq. so he goes "what about my money?"

    il gatto fa "miao" — the cat goes "miaow"

    2.
    verbo intransitivo (aus. avere)
    1) (agire, procedere) to do*

    fare per andarsene — to be about to leave; (fare l'atto di)

    4) fare da (fungere da) [ persona] to act as; (servire da) [ cosa] to function o act o serve as

    "come si fa?" - "così" — "how do I do it?" - "like this"

    3.
    verbo impersonale

    fa buioit's getting o growing dark

    4.
    verbo pronominale farsi
    1) (preparare, fabbricare, creare per sé) to make* oneself [caffè, vestito]
    2) (concedersi) to have* [birra, pizza, chiacchierata]

    -rsi degli amici, dei nemici — to make friends, enemies; colloq. (comprarsi) to get* oneself [macchina, moto]

    4) pop. (possedere sessualmente) to have*, to make* (out with) [ persona]
    5) gerg. (drogarsi) to get* stoned (di on), to do* drugs

    -rsi suora, cristiano — to become a nun, a Christian

    -rsi avanti, indietro — to come forward, to stand back

    8) (formarsi) to form [idea, immagine]

    - rsi tagliare i capellito have o get one's hair cut

    10) (sottoporsi a) to have* [lifting, permanente]

    -rsi carezze, dispetti — to caress each other, to play tricks on each other

    13) farsela (intendersela) to jack around AE ( con with); (in una relazione amorosa) to run* around ( con with)
    ••

    avere da fare — to be busy, to have things to do

    (non) fa niente! — it doesn't matter, never mind!

    a me non la si fa! — = I wasn't born yesterday!

    farsela addosso (urinare) to wet oneself; (defecare) to shit oneself pop.; (dalla paura) to be scared shitless pop., to shit bricks pop., to brick it

    farsela sotto (dalla paura) to be scared shitless, to shit bricks, to brick it

    che cosa vuoi che ci faccia? che cosa ci posso fare io? what do you want me to do about it? non ci si può fare nulla it can't be helped; non ci posso fare niente se... I can't help it if...; non so che farmene di... — I have no need for

    II ['fare]
    sostantivo maschile
    1) (comportamento) manner, behaviour BE, behavior AE

    sul fare del giorno, della notte — at daybreak, nightfall

    * * *
    fare1
    /'fare/ [8]
     1 (in senso generico e astratto) to do*; non avere niente da fare to have nothing to do; che cosa posso fare per te? what can I do for you? che cosa dobbiamo fare con te! what are we to do with you!
     2 (preparare, fabbricare, creare) to make* [torta, tè, vino, vestito, mobile, pezzi di ricambio, film]; fare del pollo to cook some chicken; che cosa faccio per pranzo? what shall I cook for lunch?
     3 (produrre, provocare) to make* [macchia, buco, rumore]
     4 (dare come risultato) tre più due fa cinque three and two make five; quanto fa 3 per 3? what's 3 times 3? 9 meno 7 fa 2 9 minus 7 leaves 2
     5 (redigere, scrivere) to do* [traduzione, tesi]; (emanare) to make* [ legge]
     6 (come professione, mestiere) che lavoro fai? what's your job? cosa fai (di mestiere)? what do you do (for a living)? fare il medico, l'insegnante to be a doctor, a teacher; (come sport, hobby) to do* [aerobica, giardinaggio]
     7 (a scuola) to do*, to study [materia, facoltà, testo, autore]; to do* [ corso]; fare (la) prima to be in the first year
     8 (trascorrere) to spend* [ vacanze]; fare tre mesi di prigione to do three months in prison; hai fatto buon viaggio? did you have a pleasant journey?
     9 (rifornirsi di) fare benzina to get some petrol; fare legna to gather wood
     10 (percorrere) to do* [tragitto, chilometri]; fare l'autostrada to take the motorway
     11 (avere) to have* [infarto, orecchioni, otite]
     12 (provocare, causare) fare del bene, del male a qcn. to do sb. good, harm; la pastiglia non mi ha fatto niente the tablet didn't do anything; non ti farò niente I won't do anything to you; Signore, fa' che non gli succeda niente may God protect him!
     13 (far diventare) to make*; fare felice qcn. to make sb. happy; fare qcn. presidente to make sb. president
     14 (considerare) ti facevo più intelligente I thought you were cleverer
     15 (fingersi) fare il malato, il coraggioso to pretend to be ill, brave
     16 (interpretare) [ attore] to play [parte, ruolo]
     17 (seguito da infinito) (con valore causativo) fare piangere qcn. to make sb. cry; fare perdere qcs. a qcn. to make sb. lose sth.; (permettere, lasciare) fare andare qcn. to let sb. go; (convincere) gli ho fatto prendere un appuntamento I got him to make an appointment
     18 (riferito all'ora) che ora fai? what time do you make it o have you got? faccio le due I make it two o'clock; che ora fa l'orologio? what time does the clock say?
     19 (costare) quanto fa? how much is it? fa o fanno 5 euro it's 5 euros
     20 (partorire) [donna, animale] to have* [bambino, cuccioli]
     21 (dire) "certo" fece lei "of course" she said; poi fa "e i miei soldi?" colloq. so he goes "what about my money?"; il gatto fa "miao" the cat goes "miaow"
     (aus. avere)
     1 (agire, procedere) to do*; non ho potuto fare altrimenti I couldn't do otherwise; fai come vuoi do as you like; facciamo alle sei let's make it six o'clock
     2 (essere adatto) questo è il posto che fa per me this is the place for me; vivere a Londra non fa per me living in London is not for me
     3 fare per (essere in procinto di) fare per andarsene to be about to leave; (fare l'atto di) fece per baciarlo she made as if to kiss him
     4 fare da (fungere da) [ persona] to act as; (servire da) [ cosa] to function o act o serve as
     5 (essere espresso in una certa forma) come fa la canzone? how does the song go?
     6 (riuscire) come fai a leggere quella robaccia? how can you read that junk? "come si fa?" - "così" "how do I do it?" - "like this"; come faccio a saperlo? how should I know?
     7 farcela ce l'ho fatta! I made it! ce la fai a finirlo? can you manage to finish it? non ce la faccio più! I've had it! I can't take any more!
     1 (riferito a tempo atmosferico o condizioni di luce) fa freddo it's cold; fa buio it's getting o growing dark
     2 (riferito a durata) oggi fanno sei anni che è partito it's six years today since he left
     1 (preparare, fabbricare, creare per sé) to make* oneself [caffè, vestito]; - rsi da mangiare to do one's own cooking
     2 (concedersi) to have* [birra, pizza, chiacchierata]
     3 (procurar si) -rsi degli amici, dei nemici to make friends, enemies; colloq. (comprarsi) to get* oneself [macchina, moto]
     4 pop. (possedere sessualmente) to have*, to make* (out with) [ persona]
     5 gerg. (drogarsi) to get* stoned (di on), to do* drugs
     6 (diventare) -rsi suora, cristiano to become a nun, a Christian; si è fatta bella she's grown up a beauty; il cielo si fece grigio the sky went o turned grey; si fa tardi it's getting late
     7 (per indicare movimento) -rsi avanti, indietro to come forward, to stand back; - rsi in là to budge over o up
     8 (formarsi) to form [idea, immagine]
     9 (seguito da infinito) - rsi sentire to make oneself heard; - rsi tagliare i capelli to have o get one's hair cut; - rsi operare to have surgery
     10 (sottoporsi a) to have* [lifting, permanente]
     11 (procurarsi) - rsi un bernoccolo to get a bump; - rsi un livido su un braccio to bruise one's arm
     12 (reciprocamente) -rsi carezze, dispetti to caress each other, to play tricks on each other
     13 farsela (intendersela) to jack around AE ( con with); (in una relazione amorosa) to run* around ( con with)
    avere a che fare to have to do ( con with); non avere niente a che fare to have nothing to do ( con with); avere da fare to be busy, to have things to do; (non) fa niente! it doesn't matter, never mind! a me non la si fa! = I wasn't born yesterday! farsela addosso (urinare) to wet oneself; (defecare) to shit oneself pop.; (dalla paura) to be scared shitless pop., to shit bricks pop., to brick it; farsela sotto (dalla paura) to be scared shitless, to shit bricks, to brick it; che cosa vuoi che ci faccia? che cosa ci posso fare io? what do you want me to do about it? non ci si può fare nulla it can't be helped; non ci posso fare niente se... I can't help it if...; non so che farmene di... I have no need for...
    \
    See also notes... (fare.pdf)
    ————————
    fare2
    /'fare/
    sostantivo m.
     1 (comportamento) manner, behaviour BE, behavior AE; avere un fare gentile to have a kind manner
     2 (inizio) sul fare del giorno, della notte at daybreak, nightfall.

    Dizionario Italiano-Inglese > fare

  • 14 senza

    without
    senz'altro definitely
    senza dubbio more than likely, probably
    senza impegno (with) no obligation or commitment
    senza di me without me
    * * *
    senza prep.
    1 (per indicare mancanza, privazione) without: è uscito senza cappotto, he went out without his overcoat; preferisco viaggiare senza bagaglio, I prefer to travel without any luggage; mi hanno dato una camera senza servizi, I was given a room without a bath; come farei senza di te?, what would I do without you?; beve sempre il caffé senza zucchero, he always takes his coffee without sugar; volete la cioccolata con o senza panna?, would you like your chocolate drink with or without cream?; quest'abito si può portare con o senza sciarpa, this dress can be worn with or without its scarf; siamo usciti senza denaro, we went out without any money // siamo rimasti senza vino, ( non ne è avanzato) we haven't got any wine left, ( ne siamo sforniti) we've run out of wine // chi è senza biglietto?, who hasn't got a ticket? // restare senza parole, to be speechless // senz'ombra di..., without a trace of... // fare senza qlco., ( farne a meno) to do (o to go) without sthg.: se non possiamo permetterci la macchina, faremo senza, if we can't afford a car, we'll do (o go) without one // non senza, not without, with: lasciai quella casa non senza rimpianto, I left that house not without regret (o I was unhappy to leave that house); lo disse non senza una punta di sarcasmo, he said it with a hint of sarcasm // In numerose locuz. avverbiali: senz'altro, ( subito) at once (o with no further delay), ( certamente) certainly (o sure o of course); senza dubbio, senza forse, without (o with no) doubt (o undoubtedly); senza fallo, without fail; senza indugio, without delay; senza mezzi termini, without mincing one's words; senza tanti discorsi, senza complimenti, frankly (o freely o without ceremony)
    2 (con agg. e avv., con valore di negazione) -less, -lessly, un-, in-: senza numero, innumerable (o countless); senza fine, endlessly (avv.), endless (agg.); senza testa, thoughtlessly (avv.); thoughtless (agg.); un uomo senza scrupoli, an unscrupulous man; una frase senza senso, a meaningless sentence; una giornata senza sole, a sunless day // essere senza un soldo, to be penniless
    3 ( per indicare esclusione) without counting, excluding: sono 600 km, senza il tratto da qui all'autostrada, it is 600 km, excluding (o without counting) the stretch from here to the motorway; l'affitto è di trecento euro mensili senza le spese, the rent is three hundred euros a month excluding expenses; l'appartamento misura 180 mq senza i balconi, the flat is 180 s.m., excluding the balconies // (comm.): senza data, blank-dated; senza interessi, flat (o ex interest); senza dividendo, (Borsa) ex-dividend
    s.m. ( nel bridge) no trumps.
    * * *
    ['sɛntsa]
    1. prep

    siamo rimasti senza zucchero/tè — we've run out of sugar/tea, we have no sugar/tea left

    forza, senza tante chiacchiere — come on, stop the talking and let's get on with it

    i senza lavoro — the jobless, the unemployed

    senz'altro — of course, certainly

    2. cong

    ho trascorso tutta la notte senza chiudere occhio — I didn't sleep a wink all night, I didn't get a wink of sleep all night

    senza dire che... — not to mention (the fact) that...

    senza contare che... — without considering that...

    * * *
    ['sɛntsa, 'sentsa] 1.

    essere senza cuore — to have no heart, to be heartless

    benzina senza piombolead-free o unleaded petrol

    2.

    9, senza contare mia sorella — 9, not counting my sister

    3.

    ho sempre dietro l'ombrello, non esco mai senza — I always have my umbrella with me, I never go out without it

    ••

    senz'altro — certainly, absolutely

    ••
    Note:
    Quando senza denota l'assenza, la mancanza o la privazione, si traduce solitamente con without. И tuttavia opportuno consultare le relative voci quando senza viene usato con dei sostantivi in locuzioni idiomatiche che si formano in inglese in modo diverso, come senza soldi = penniless, broke, out of money, senza fine = endless, senza fiato = out of breath, senza impiego = unemployed, out of work, jobless, ecc. - Without, come l'italiano senza, può essere seguito da un sostantivo, ma si noti la presenza dell'articolo a / an davanti ai nomi numerabili singolari: senza (il) biglietto = without a ticket, senza zucchero = without sugar, senza libri = without books. - Con una reggenza verbale, senza è seguito da un infinito semplice o composto, mentre without è di regola seguito da un gerundio, non necessariamente composto: se ne andò senza salutare = he left without saying goodbye; se ne tornò a casa senza averle parlato = he went back home without speaking (o having spoken) to her. Alla struttura inglese con il gerundio si ricorre anche per tradurre la struttura senza che + congiuntivo: lo fece senza che io dicessi una parola = he did it without my saying a word; feci il letto senza che me lo dicessero = I made the bed without being told
    * * *
    senza
    /'sεntsa, 'sentsa/
    Quando senza denota l'assenza, la mancanza o la privazione, si traduce solitamente con without. È tuttavia opportuno consultare le relative voci quando senza viene usato con dei sostantivi in locuzioni idiomatiche che si formano in inglese in modo diverso, come senza soldi = penniless, broke, out of money, senza fine = endless, senza fiato = out of breath, senza impiego = unemployed, out of work, jobless, ecc. - Without, come l'italiano senza, può essere seguito da un sostantivo, ma si noti la presenza dell'articolo a / an davanti ai nomi numerabili singolari: senza (il) biglietto = without a ticket, senza zucchero = without sugar, senza libri = without books. - Con una reggenza verbale, senza è seguito da un infinito semplice o composto, mentre without è di regola seguito da un gerundio, non necessariamente composto: se ne andò senza salutare = he left without saying goodbye; se ne tornò a casa senza averle parlato = he went back home without speaking (o having spoken) to her. Alla struttura inglese con il gerundio si ricorre anche per tradurre la struttura senza che + congiuntivo: lo fece senza che io dicessi una parola = he did it without my saying a word; feci il letto senza che me lo dicessero = I made the bed without being told.
     1 without; con o senza zucchero with or without sugar; bevo il tè senza zucchero I don't take sugar in my tea; cioccolato senza zucchero sugar-free chocolate; una coppia senza figli a childless couple; essere senza cuore to have no heart, to be heartless; benzina senza piombo lead-free o unleaded petrol; sarei perso senza di te I'd be lost without you
     2 (con esclusione di) l'albergo costa 60 euro senza la colazione the hotel costs 60 euros excluding breakfast
     1 (seguito da infinito) without; parlare senza riflettere to speak without thinking; senza dire una parola without saying a word; è stato due settimane senza telefonare he didn't call for two weeks; va' via senza farti vedere leave without anyone seeing you; senza contare luglio not including July; 9, senza contare mia sorella 9, not counting my sister
     2 senza che senza che me ne accorga without my noticing; senza che nessuno lo sappia without anybody knowing
      fare senza to manage without; ho sempre dietro l'ombrello, non esco mai senza I always have my umbrella with me, I never go out without it
    senz'altro certainly, absolutely.

    Dizionario Italiano-Inglese > senza

  • 15 desprecio

    m.
    1 scorn, contempt.
    una mirada/un gesto de desprecio a scornful o contemptuous look/gesture
    con desprecio contemptuously, with contempt
    3 disregard.
    muestran un desprecio olímpico por los derechos humanos they show complete disregard for human rights
    4 disdain, scorn, contempt, sneer.
    5 brush-off.
    pres.indicat.
    1st person singular (yo) present indicative of spanish verb: despreciar.
    * * *
    1 (desestima) contempt, scorn, disdain
    2 (desaire) slight, snub
    * * *
    noun m.
    disdain, contempt
    * * *
    SM
    1) (=desdén) scorn, contempt
    2) (=desaire) slight, snub
    * * *
    a) ( menosprecio) disdain
    b) ( indiferencia) disregard
    c) ( desaire) snub, slight
    * * *
    = scorn, disdain, contempt, put-down, deprecation, snub, sneer.
    Ex. I gave him a look of scorn and disgust, but he merely laughed at me.
    Ex. 'Arnold and the others are too sensitive!' he sneered, spreading his hands in a fantastic gesture of disdain.
    Ex. Distribution of any publication that tends to expose an individual to public contempt, ridicule, or disgrace is forbidden.
    Ex. Overt abuse definitions included put-downs, criticism, foul language, explosive anger, and neglect.
    Ex. It uses humor rather than witticisms, and self-deprecation rather than deprecation of the professional field.
    Ex. This is yet another snub to the United Nations Security Council which has imposed economic sanctions on Iran over its refusal to suspend uranium enrichment.
    Ex. At most I have gotten a few sneers and a little derision for my involvement, and I certainly am not doing anything illegal.
    ----
    * decir con desprecio = sneer.
    * desprecio por envidia = sour grapes.
    * gesto de desprecio = gesture of disdain.
    * hacer un desprecio = slight.
    * manifestar desprecio = profess + disdain.
    * mirar a la gente con desprecio = look down + Posesivo + nose at people.
    * mirar con desprecio = look down + Posesivo + nose at, look down on/upon.
    * * *
    a) ( menosprecio) disdain
    b) ( indiferencia) disregard
    c) ( desaire) snub, slight
    * * *
    = scorn, disdain, contempt, put-down, deprecation, snub, sneer.

    Ex: I gave him a look of scorn and disgust, but he merely laughed at me.

    Ex: 'Arnold and the others are too sensitive!' he sneered, spreading his hands in a fantastic gesture of disdain.
    Ex: Distribution of any publication that tends to expose an individual to public contempt, ridicule, or disgrace is forbidden.
    Ex: Overt abuse definitions included put-downs, criticism, foul language, explosive anger, and neglect.
    Ex: It uses humor rather than witticisms, and self-deprecation rather than deprecation of the professional field.
    Ex: This is yet another snub to the United Nations Security Council which has imposed economic sanctions on Iran over its refusal to suspend uranium enrichment.
    Ex: At most I have gotten a few sneers and a little derision for my involvement, and I certainly am not doing anything illegal.
    * decir con desprecio = sneer.
    * desprecio por envidia = sour grapes.
    * gesto de desprecio = gesture of disdain.
    * hacer un desprecio = slight.
    * manifestar desprecio = profess + disdain.
    * mirar a la gente con desprecio = look down + Posesivo + nose at people.
    * mirar con desprecio = look down + Posesivo + nose at, look down on/upon.

    * * *
    1 (menosprecio) disdain
    con un gesto de desprecio salió de la habitación with a disdainful gesture, he left the room
    me miró con desprecio she gave me a disdainful o scornful look
    sentía un desprecio infinito por él she felt profound contempt for him
    —no tiene donde caerse muerto —dijo con desprecio he doesn't have a penny to his name, she said contemptuously o disdainfully o scornfully
    2 (indiferencia) disregard
    conducen con total desprecio por la vida de los demás they drive with complete disregard for the lives of others
    sienten un profundo desprecio por la autoridad they have a deep-seated contempt for authority
    3 (desaire) snub, slight
    si no vas, será interpretado como un desprecio if you don't go, they'll take it as a snub o slight
    está harto de que le hagan desprecios he's fed up with being snubbed o slighted
    * * *

    Del verbo despreciar: ( conjugate despreciar)

    desprecio es:

    1ª persona singular (yo) presente indicativo

    despreció es:

    3ª persona singular (él/ella/usted) pretérito indicativo

    Multiple Entries:
    despreciar    
    desprecio
    despreciar ( conjugate despreciar) verbo transitivo

    ( profundamente) to despise
    b) ( rechazar) ‹oferta/ayuda to reject

    desprecio sustantivo masculino

    ( más intenso) contempt;
    me miró con desprecio she gave me a disdainful o scornful look

    b) (indiferencia por el peligro, la vida) disregard


    hacerle un desprecio a algn to snub o slight sb

    despreciar verbo transitivo
    1 (odiar) to despise
    2 (menospreciar) to look down on, to scorn
    3 (desdeñar) to reject, spurn
    desprecio sustantivo masculino
    1 (menosprecio, falta de estima) contempt, scorn, disdain: no puede disimular el desprecio que siente hacia esa familia, she can't hide the contempt she has for that family
    2 (descortesía, desaire) slight, snub: para ella sería un desprecio que no aceptases la invitación, she would feel slighted should you not accept the invitation
    ' desprecio' also found in these entries:
    Spanish:
    bofetada
    - cara
    - caro
    - disfraz
    - larvada
    - larvado
    - pequeña
    - pequeño
    - rechazo
    - rictus
    - vilipendio
    - bah
    - profundo
    English:
    beneath
    - contempt
    - curl
    - disdain
    - doormat
    - nose
    - scornfully
    - sneer
    - deprecating
    - put
    * * *
    1. [desdén] scorn, contempt;
    siente un desprecio especial por los grandes estudios cinematográficos he feels particular contempt for the big movie studios;
    con desprecio scornfully, contemptuously;
    habla con desprecio de todo el mundo she speaks contemptuously o scornfully of everyone, she speaks of everyone with contempt;
    una mirada/un gesto de desprecio a scornful o contemptuous look/gesture
    2. [acto despreciativo] snub;
    3. [desinterés] disregard;
    muestran un desprecio olímpico por los derechos humanos they show complete disregard for human rights
    * * *
    m
    1 ( desdén) contempt
    2 acto slight
    3 ( indiferencia) disregard
    * * *
    desdén, menosprecio: disdain, contempt, scorn
    * * *
    desprecio n contempt / scorn

    Spanish-English dictionary > desprecio

  • 16 infinite

    'infinit
    1) (without end or limits: We believe that space is infinite.) infinito
    2) (very great: Infinite damage could be caused by such a mistake.) infinito
    - infiniteness
    - infinity

    infinite adj infinito
    tr['ɪnfɪnət]
    1 (endless) infinito,-a; (very great) sin límites
    infinite ['ɪnfənət] adj
    1) limitless: infinito, sin límites
    2) vast: infinito, vasto, extenso
    adj.
    infinito (Matemática) adj.
    n.
    infinito s.m.
    'ɪnfənət, 'ɪnfɪnət
    a) ( limitless) infinito
    b) (great, extreme) infinito
    ['ɪnfɪnɪt]
    1.

    an infinite amount of time/money — una infinidad de tiempo/dinero

    in their infinite wisdom they decided to demolish the building — en su infinita sabiduría, decidieron demoler el edificio

    2.
    N
    * * *
    ['ɪnfənət, 'ɪnfɪnət]
    a) ( limitless) infinito
    b) (great, extreme) infinito

    English-spanish dictionary > infinite

  • 17 a

    I. a, A s.f./m.inv. ( lettera dell'alfabeto) a m.inv., A m.inv.: due a deux a; una a maiuscola un A majuscule, ( infant) un grand A; una a minuscola un a minuscule, ( infant) un petit a; ( Tel) a come Ancona a comme Anatole. II. a prep. ( devant un mot commençant par une voyelle la préposition a devient souvent ad; elle se contracte avec l'article défini en al [a + il], allo [a + lo], all' [a + l'], alla [a + la], ai [a + i], agli [a + gli], alle [a + le]) 1. ( complemento di termine) à: scrivere a un amico écrire à un ami. 2. (stato in luogo, moto a luogo) à: essere alla stazione être à la gare; andare alla stazione aller à la gare; abita al numero dieci di via Veneto il habite au dix de la rue Veneto, il habite rue Veneto numéro dix; andare al mare aller à la mer; vivere a Roma vivre à Rome; andare a Napoli aller à Naples; da Roma a Milano de Rome à Milan. 3. (stato in luogo, moto a luogo: vicino a) à, près de: ero alla finestra j'étais à la fenêtre. 4. (distanza: rif. a luogo) à: a dieci metri di distanza à une distance de dix mètres, distant de dix mètres; a cinque chilometri da Roma à cinq kilomètres de Rome. 5. ( tempo) à: al tempo di Napoleone à l'époque de Napoléon; al mio arrivo à mon arrivée. 6. (tempo: rif. a mesi) en: a maggio en mai. 7. (tempo: rif. a festività) à: a Natale à Noël. 8. (tempo: dopo) après: a tre mesi dal suo arrivo trois mois après son arrivée. 9. (tempo: prima) à, avant: a tre mesi dagli esami non avevo ancora cominciato a studiare à trois mois des examens je n'avais pas encore commencé à étudier. 10. (tempo: fra) dans: tornerà a giorni il reviendra dans quelques jours. 11. ( indicazione dell'ora) à: a che ora? - alle cinque à quelle heure? - à cinq heures; dalle quattro alle otto de quatre heures à huit heures. 12. ( età) à, à l'âge de: a vent'anni si sposò il s'est marié à vingt ans, il s'est marié à l'âge de vingt ans. 13. (fine, scopo) dans: a questo scopo dans ce but. 14. (vantaggio, svantaggio) pour: essere utile alla salute être bon pour la santé; ciò è sfavorevole a noi cela est défavorable pour nous, cela ne nous est pas favorable. 15. (mezzo, strumento) à: cucito a mano cousu à la main, cousu main; scrivere a matita écrire au crayon. 16. (modo, maniera) à: correre a cento all'ora courir à cent à l'heure; a voce bassa à voix basse, tout bas; a braccia levate les bras levés; alla moda à la mode; vestire alla francese s'habiller à la française. 17. ( prezzo) à, pour: a che prezzo? à quel prix?; me l'ha ceduto a pochi euro il me l'a laissé pour quelques euros. 18. ( con valore distributivo) à, par: vendere a dozzine vendre par douzaines, vendre à la douzaine; marciare a due a due marcher deux par deux; a goccia a goccia goutte à goutte; due volte al giorno deux fois par jour. 19. ( predicativo) comme, spesso non si traduce: prendere qcu. a testimone prendre qqn comme témoin; lo elessero a giudice ils l'ont nommé juge. 20. (circostanza, causa) à: a quelle parole pianse à ces mots il pleura; a prima vista à première vue. 21. ( pena) à: condannare a morte condamner à mort. 22. ( limitazione) à: riconoscere qcu. alla voce reconnaître qqn à sa voix. 23. ( seguito dall'infinito) à, non si traduce dopo i verbi di movimento: comincia a piovere il commence à pleuvoir; venite a vedere! venez voir! 24. (seguito dall'infinito: con significato finale) à, pour: si sporse a guardare il se mit à regarder, il s'arrêta pour regarder. 25. (seguito dall'infinito: con significato condizionale) si, à: a fare così non riuscirai mai si tu fais comme cela tu n'y arriveras jamais; a dire il vero à dire vrai, à vrai dire. 26. ( seguito da un infinito sostantivato con l'articolo determinativo) à: all'entrare à son entrée, quand il est entré. 27. ( Mat) à: nove alla quarta neuf à la puissance quatre, neuf exposant quatre. III. a 1. ara a (are). 2. ( Fis) accelerazione a (accélération).

    Dizionario Italiano-Francese > a

  • 18 carraca

    Carraca, esta palabra significa comida, condimentos, conquivus, (cacharros, etc.). Cuando íbamos a llindiar el ganáu disdi ‘l albiar el díe fasta que tapecíe, (cuidar el ganado desde el amanecer hasta el oscurecer) llevábamos la carraca nun cabaxín, zurronacu ou cestacu cualquier, (cabás, zurrón o cualquier otro cesto). Les muyeres baxaben al merquéu ya traíen la carraca pa toa la xemana. (Las mujeres bajaban al mercado y compraban si tenían dinero lo que se necesitase en la casa para toda la semana). Carraca tamén lu ye lu que lus vaqueirus chebaban disdi la teixá pal sou cabanu ou corte de la braña, dunde a lu mexor taben un fatáu de díes xin baxar a l'aldina, per ístu llebaben un carracáu de couxes que ñecexitaben. (Carraca también es lo que los vaqueros llevaban desde casa para sus cabañas del puerto, las morteras o los prados, donde a lo mejor estaban unos días sin bajar a la aldea, por esto subían muchas cosas que necesitaban y no todas eran para comer sino que algunas eran simples cacharros, o humildes mantas. Y carraca hermanos míos, era la que hacía mi madre y todas las vindas de los rojos, cuando todas las semanas iban a visitar a sus maridos a la Cárcel Modelo de Oviedo, como por las demás no puedo hablar, porque yo no sé cómo se arreglaban las pobrecitas, aunque me supongo que muchas hasta pidiendo limosna, sí que lo puedo hacer de mi madre, que todos los martes era el día que tenía de comunicación, y ella nunca sabía si le iba encontrar vivo, porque por aquellos tiempos fechus de llágrimes ya xufriencies, tous lus díes na carxel d'Uviéu achuquinaben cambrionáus enteirus de xóvenes astures y'anxina d’ista maneira tan achuquina, encalducá per prexones xin concencia, nin dinidá nin «Xusticia Humana», fexérun bon amagüestu de toes les xuventúes roxes d'Asturies, ya les pouques que nun achuquinarun llantárunlas nus batallones de trabayadores, dunde munchus morrierun achindi fartus de fames, de llatigazus ya vexaciones, ya lus oitres que xuerti tubieren de golguer pa la sou teixá, fexérunlu mamplenáus d'amollexíes que per mor d'echus tamén fatáus morrieron. Falaba you que carraca yera lu que miou má le chevaba ‘l miou pá tous lus martes a la carxel, que you nun séi lu que yera, perque na nuexa teixá nun había esconxolancia de nagua, peru lu que fora écha llantábalu tou nuna fardelaca, ya colaba na xuntura d'oitres muyeres de l'allina camín d'Uviéu tres ou catru gores endenantes qu’almaneciera, pos teníen qu'espatuxar alrreór de cuarenta quilómetrus andandu ya oitres tantus pa la regolguía, pos entoncenes nun valía faer el auto-stop que güéi se fae, perque tous lus cambriones ya coches cuaxi yeren millitares, y'angunus oitres yeren de lus drechistes, ya lus roxus nun teníamus namái que goxetáus mexeries, ya manegáus de miéu ‘l nuexu hermenu ‘l venceor, perque lus nuexus homes morrieran lluchandu nel frinti, ya lus oitres taben arretrigáus per les cárxeles dunde poucu a poucu lus achuquinaben ou lus esclavizaben nus batallones de trabayaóres, anxina yera que tou Asturies taba xemada de viudes, de vieyus ya de guaxiquinus güerfaninus, que tous nuexóitres, viétchus, muyeres ya nenus de lus roxus, díbamus ser esclavizáus inhumanamente baxu 'n enfernal xugu que nun nus dexaba más llibertá que la que nel xuenu cheldábamus. —Ya n'agora vou xebrame del trabayu d'enfilerar pallabres p'encalducalus cuamigu dientru d’ista hestoria dou tán lus raigones ya l'escola de nuexes costumes ya llingua. TRADUCCIÓN.—Por aquellos tiempos hechos de lágrimas y de grandes sufrimientos, todos los días que el Hacedor alumbraba, en la cárcel de Oviedo asesinaban camiones enteros de jóvenes astures, y así de esta manera tan despiadada y asesina, llevada a cabo por personas sin conciencia, ni dignidad ni ninguna clase de «Justicia Humana», llevaron a término casi el total exterminio de las juventudes rojas de Asturias, y las pocas que no asesinaron, las esclavizaron en los famosos batallones de trabajadores, donde muchos allí murieron hartos de hambre, de vejaciones y latigazos, y los pocos que tuvieron la suerte de volver a sus hogares, lo hicieron llenos de enfermedades que por mor de ellas también murieron bastantes. —Decía yo que carraca también era lo que mi madre le llevaba todos los martes a mi padre a la cárcel, que yo no sé lo que pudiera ser, porque en nuestra casa no había ninguna cosa de nada, pero lo que fuese ella lo metía dentro de una saca y marchaba en unión de otras mujeres de la aldea camino de Oviedo tres o cuatro horas antes que amaneciese, pues tenían que caminar alrededor de cuarenta quilómetros y otros tantos de retorno y todos los hacían andando, pues no servía hacer el auto-stop que hoy se hace, porque todos los camiones y coches casi eran militares, y algunos otros que había eran de los derechistas, pues los izquierdistas no teníamos nada más que grandes cantidades de miseria, así como de miedo a nuestro hermano el vencedor que jamás se portó nada bien con nosotros, porque nuestros hombres habían muerto en el frente, y los otros estaban presos en las cárceles, donde poco a poco les iban asesinando, o los esclavizaban en los campos de concentración o batallones de trabajadores, así era que toda Asturias estaba sembrada de viudas, de viejos y de niños huérfanos, que todos nosotros, viejos, mujeres y niños de las izquierdas, íbamos a ser esclavizados inhumanamente bajo el infernal yugo que no nos dejaba más libertad que la que en el sueño hacíamos. Y ahora me voy alejar del trabajo de poner en orden las palabras en este diccionario, para llevarles conmigo a los lugares donde yo he aprendido la dulce lengua de Asturias, que no es otro lugar que la escuela donde vivían las raíces y costumbres de Nuestro Pueblo, pues no se pueden buscar nuestras falancias en ningún otro lugar ni parte. Por esto les digo ahora, que si yo no hubiese vivido tan simple, sencilla, pobre, miserable, esclavizadora y dentro de la más natural de la «RAIZ ANCESTRAL DE ASTURIAS», ni yo ni nadie podría legarle a mi «AMADA ASTURIAS» ni a sus «HIDALGAS GENTES», la documentación pura, natural y sencilla que pueda tener este diccionario, porque desde estas mis simples líneas y mirándome muy mucho de lo que digo, les afirmo que hay muy poco fiable por no decir nada, escrito de nuestras costumbres y lengua. «DIES D’ENFERNU» (DÍAS DE INFIERNO) —Yera you 'n zaragoletu, 'n guaxiquín, un nenacu, 'n rapacín (un niño de unos ocho años), cundu la ñecexidá más prieta me fexera depriender lu que yera ‘l dollor, la xufriencia, l’inxusticia, lu pior qu'el Home pudiés encaldar d'enría lus sous xemexantes, you yera ún de lus miles d'anxelinus de miou Tierra que diba faer arroxaúra nel vivir d’ enfernu que m’aguardaba. Xin, fatáus de güérfanus lu mesmu que you, que güéi nel díe xuntu con nuexes familias, ente fius, ñetus, ya tou ‘l andecháu de parantela xomus más de la metá de les xentes d'Asturias, peru naquechus tempus d'achuquinus ya inxusticies nun yéramus namái qu'unus guaxiquinus dexamparáus de la man del Faidor ya del Home, ya tous noxóitres tubiemus que catanus el xustentu de fatáus de maneires diferientes, la miou per exemplu fó'ísta. COLOCOUME MIOU Má de cabrieru na teixá d'un amu baldrayu y atuñáu, llabascu y'achuquín tan solu per que me diera de comer ya me vistiera dalgu, peru ‘l condenáu matábame de fame, ya la vestimenta que punxu d'enría ‘l miou llombu conxistía nun calzáu que la metá ‘l tempu espatuxaba con las patas arregañás, apaxiétchau con unus fatucus tous esgacicáus que per tous lus lláus diben les mious carnis al entestate, acaniláes per el callor ya ‘l fríu en tou ‘l tempu. —Tenía yo aproximadamente ocho años de edad cuando me asesinaron a mi padre, y me recuerdo con toda exactitud cómo la ley de aquel tiempo llevó a cabo tan imperdonable, deshumanizante y vandálica felonía. —Nuna nuétche (una noche) llegaron a la casa de unos tíos míos que en mi aldea vivían y donde mis padres y yo nos refugiamos al término de la guerra en Asturias cuatro desalmados, cuatro bandoleros, cuatro inmundicias humanas, que escudados tras de sus armas empuñadas, representaban l'enñordiada Lley (LA SUCIA LEY) que en aquellos tiempos a la Justicia traicionaba, cuento yo, que aquellos cuatro merucus (gusanos), atemorizando e insultando a toda mi familia, detuvieron a mi padre, le amarraron como a la bestia que se lleva al matadero y se lo intentaron llevar de la casa, sin que mis tíos, (y la cosa no era para menos), intentasen pronunciar asustados como se encontraban ni la más mínima palabra de súplica o protesta. Pero mi madre no les secundó, sino que bravamente intentó defender al sou home (a su marido) no sólo con la palabra, que mi madre la tenía d'aguxa lu mesmu qu’un bon obreiru (de afilada lo mismo que un buen aguijón), sino que temerariamente se abalanzó sobre ellos y fuele preciso a uno de aquellos cobardes y desalmados representantes de la deshumanizada ley que corría en aquellos tiempos, de propinarle varios golpes con la pistola, dejándola mal herida y ensangrentada, tirada en el suelo con el conocimiento perdido. Mientras que aquellos bandidos, se llevaban a mi padre sin permitirle que de mi se despidiera, y tan solamente le he podido ver por última vez, tres les rexes de la cárxel d'Uvieu 'n die 'ndenantes que l'achuquinaren. (Detrás de las rejas de la cárcel de Oviedo, un día antes de que le asesinasen). Pronto mi madre y yo, llenos de la más desolante de las tristezas, y vestidos con el traje de las más indigentes miserias y pobrezas, nos marchamos de la casa de mis tíos y nos asentamos en la abandonada, vieja y destartalada casa de mi abuela. Y sin muebles, ni nada, los dos juntos, como grandes e indomables luchadores que hemos sido siempre, dimos comienzo sin desfallecer ni un momento, a la dura lucha por la vida, sin que nadie jamás nos ayudara. Empecé a ganarme la vida como pastor, a la corta edad de que cualquier niño sólo pensaría en jugar, comer cuando tuviese hambre y recibir de continuo montones de caricias y de amor, yo sin embargo, a pesar de no poseer nada de todas estas maravillosas cosas, era en extremo a mi manera feliz. Marchaba todas las mañanas con mi ganado al monte, donde permanecía todo el día, tan sólo con la compañía que me brindaba mi fiel y siempre por mí con cariño recordado Pelayu, que era un perro, de una inteligencia y sentimientos, que más bien que un chuchu (perro), parecía aquel singular animal un ser humano. Luego por las tardes, cuando el sol se escondía por detrás de las altas cumbres, retornaba feliz a la aldea, siempre lleno de contentura, cantando las más de las veces, amenizado por el potente tañir del zumbiétchu (cencerro) que llevaba colgado al cuello el semental del rebaño. Una mañana como tantas otras me encaminé con mi rebaño al monte y seria como a la media tarde cuando a la entrada de una cueva que se asentaba en un lugar casi inaccesible me encontré medio enterrado con las piedras y la escasa tierra que hacían la reducida plataforma de la portada de la caverna, un pequeño aro de oro, yo he tenido por así decirlo desde mi infancia la inmensa suerte de poseer una imaginación tan inmensamente dislocada, que por tal solían decirme mis vecinos, que era yo el rey de las mentiras, así como el más hábil inventor de endemoniados cuentos. El caso era, que aquel misterioso anillo abandonado a tan larga distancia de mi aldea y en lugar tan argutosu (estrecho, alto, inaccesible), hiciéronme presto pensar, que aquella joya no había llegado a tal escondrijo por sí sola, sino que desde luego alguien la había traído. En el momento mi imaginación desbordante de una alegría que no encontraba un fin para frenarla, comenzó a fomentar sin el menor titubeo la fantástica idea de que en el interior de aquella caverna debía de encontrarse un tesoro de preciosas joyas y valorativas monedas, y quién le había ocultado sabe Dios cuando, seguramente habría perdido aquel anillo que por casualidad yo encontrara. Así pues, ya firmemente convencido, adentreme temerariamente sin el menor temor por la angosta cueva con las miras de apoderarme de aquella inmensa riqueza que según mi soñativa imaginación me había hecho comprender que en su interior me estaba aguardando. Pero aquel día no conseguí mi feliz propósito, porque era la caverna más larga de lo que había pensado y la oscuridad que en ella reinaba me hacía ciego de toda luz. Senteme en su entrada muy desilusionado al no poder lograr lo que había soñado, pero pronto mi mente empezó a dibujarme mil dispares tesoros, pues por el rastro que descubriera seguramente que dentro de la gruta se hallaría escondida alguna chalga (tesoro) guardado con toda seguridad por una Xana, Xumiciu, Trasgu o Culiebru (dioses de la Mitología asturiana), pues al decir de el abuelo Nicomedes cuando en las largas veladas de los inviernos y sin jamás interrumpirle con grande contentura le escuchábamos las leyendas, cuentos e historias que él lúcida y socarronamente nos contaba, afirmándonos siempre que eran tan ciertos sus relatos, como que todos habíamos nacido para morir. Y cuando hablaba de las chalgas aseguraba que tal o cual vecino, morador de esta o aquella aldea, se había hecho de la noche a la mañana rico al haber encontrado una chalga. También afirmaba poniéndose muy serio alegando unos razonamientos que convencían, que las montañas que rodeaban nuestra aldea había muchas chalgas escondidas, que fueron sepultadas hacía muchos siglos por los invasores moros, que al ser vencidos por los astures y al no poder huir con tan pesados tesoros, los ocultaban en las montañas con las miras de poder regresar algún día a desenterrarlos. Como cuento, yo en aquellos momentos vivía alborozado, sumergido en una disloca alegría al saberme ya dueño de aquella incontable riqueza, haciendo que mis inocentes ojos sonriesen felices inmersos en la imaginativa dicha de poder muy pronto liberar a mi madre de la pobreza y quitarla del agobiador trabajo que faenaba trabajando en los eros de los vecinos de estrella a estrella por un miserable sueldo andechandu (en cuadrilla) todos los días. Y así pensando todas las dichas que mi infantil mente podía imaginar, rodeado por el sepulcral silencio que envolvía la grandiosidad de las montañas, rasgado de vez en cuando por el potente y agudo graznido que desde los peñascos más inaccesibles, o desde los infinitos espacios donde con majestuosidad planeaban, lanzaban las útres (águilas), que con ojos inquisitivos oteaban con hambrientas intenciones los escabrosos riscos y las empinadas fistietchas (pequeños valles encajonados entre las peñas), con la esperanza achuquinante (asesina) de poder atrapar con la rapidez del rayo, algún recental que se hubiese xebrau (apartado) de su madre. También aquel silencio que invitaba a la meditación era con más continuidad cortado, por el dinámico tañir del zumbiétchu (pequeño cencerro) que colgaba del brioso cuello del macho cabrio, conductor y semental del rebaño. Como cuento, allí permanecía ensimismada mi mente en el soñar despierto, fabricando sin trabas de la misma nada, las más disparatadas y fabulosas dichas, que harían la felicidad de mi madre junto con la mía. Llegó casi sin enterarme el atapecer del día (al oscurecer) y fue entonces cuando desperté con prisa del maravilloso soñar donde vivía, y raudo, con agilidad y destreza que hoy al recordarla me causa dicha, reuní en pocos minutos mi rebaño, ayudado con eficacia por Pelayu, mi fiel, obediente, valiente y amaestrado perro, que no le tenía miedo a nada ni a nadie si exceptuamos al siempre mal intencionado y vigoroso macho semental de la reciétcha que yo allindiaba (ganado menudo que yo cuidaba). Y cuando ya el día agonizaba entre las negras vestimentas de la noche, entré en mi aldea conduciendo orgullosamente mi rebaño. A la entrada del pueblo sentado plácidamente fumándose un cigarro, estaba esperándome mi amo preocupado por mi tardanza y acercándose a mí, con palabras desaforadas e insultantes, a la par que me reprendía con dureza, me preguntaba el por qué me había demorado tanto. No recuerdo lo que le contesté, ni la historia que le largué, lo que si sé, que no se creyó de ella nada, pues todas las gentes que me conocían bien sabían, que yo confundía la verdad con la mentira haciendo con entrambas las más inverosímiles y dislocadas historias. Sin embargo, lo que yo sabía muy bien, era que aquel miserable labriego de mi aldea, que tenía la desgracia de cuidarle sus ganados, por la triste desgracia de una comida infame y peor vestimenta, no le incomodaba en absoluto que yo llegase tarde o que me despeñara desde un serapu (peña) y me escontonara la motchera (rompiera la cabeza), lo único que le preocupaba al condenado, era que llegasen a su teixada (casa) sanos y fartus (hartos) todos sus ganados. Al siguiente día bien de mañana como de continuo hacía, con un poco de sabadiegu (chorizo malo) un cantezu (pedazo) de pan moreno y cuatro manzanas dentro de mi zurrón, salí de mi aldea afaluchandu (arreando) el rebaño, y con aquellas miserables viandas que llevaba en mi morral, tenía que aguantar todo el día en el monte corriendo sin descanso tras aquella veceira (rebaño) de cabras. Lo que no sabía el condenado de mi amo, era que yo siempre que tenía hambre, le ordeñaba sus cabras dentro de una lata que tenía escondida en la montaña, hartándome tanto yo como mi fiel Pelayu de espumosa y fresca leche hasta el golifar (hastiar). Si el bastruya (zafio) de mi amo tan sólo hubiese sospechado que le mucía (ordeñaba) sus cabras todos los días, me hubiera eszarapau (despedazado) mi frágil cuerpo con un mamplén de cibiétchazus (con muchos palos). Espatuxaba (caminaba) yo muy contento aquella mañana, quizás lo hiciera mucho más feliz que nunca, arreaba mi rebaño con desacostumbrada prisa, porque ansias locas tenía de llegar a la montaña, para entrar de nuevo en la misteriosa cueva, pues ahora ya no tendría problemas con la obscuridad que en ella reinaba, ya que conmigo llevaba una caja de cerillas y un pequeño candil que le había arrapiegáu (hurtado, quitado) de la corte (cuadra, establo) a mi amo, y con aquella luz, sería capaz de bajar hasta las mismas entrañas de la tierra, si a tal lugar la caverna se extendiese. Aquella noche había dormido poco y soñado mucho, tanto despierto como dentro del desvelado sueño, y tanto de una manera como de la otra, siempre llegaba a la conclusión, de que dentro de aquella para mi misteriosa gruta se ocultaba una fabulosa chalga de la que iba ser yo su señor y dueño, y cuando tal me sucediese, ya no sería yo más criado de ningún rapiegu (zorro) amo, ni tampoco a mi querida madre se le encallecerían jamás las manos, efectuando esclavizantes trabajos, nunca para el prójimo bien servidos y siempre por él peor pagados, ni se partiría sus costillas refrescándose el cansancio en su propio sudor por las fincas de nuestros vecinos, por donde se arreventaba todos los días del año, por la mezquina soldada de una fuente no muy grande de harina, un cesto de patatas, o cualquier otra vianda que mitigase el enorme fantasma del hambre, que desde el fin de la guerra se había enseñoreado de nuestro indigente char (lar), que nos obligaba despiadadamente a unos ayunos tan sumamente raquíticos, que el día que comíamos algo en traza (algo mas), tal parecía que habíamos cometido un grave pecado. Cuando yo fuese dueño de aquel tesoro, (abanzaba seguido de Pelayu arreando con prisa los ganados camino de la argutosa «abrupta» montaña, a la par que imaginativamente iba pensando), compraremos una casa decente, buenas fincas y mejores ganados, y entonces nuestros vecinos nos mirarán con respeto, y no nos tratarán con el menosprecio y la esclavitud a que ahora nos someten. Llegué al fin hasta el lugar que por costumbre tenía de enveredar el ganado para que a su aire subiesen guareciendu (pastiando) como siempre hacían hasta llegar al final de la tarde que era cuando el rebaño solía alcanzar lo más alto de la montaña. Pero aquel día no seguí yo al redil como siempre hacía, sino que me adelante a él corriendo sin el menor cansancio laderas arriba, hasta que por fin sudoroso y galopante en la alegría llegué a la vecindad de la caverna. Pude comprobar sonriente a la par que cariñosamente acariciaba a Pelayu, cómo éste me miraba contrariado al ver que yo por primera vez había cambiado todos mis cotidianos hábitos. Ya que siempre nada más llegar al monte y dejar a las cabras a su albedrío pastiando, nos sentábamos en el lugar acostumbrado, y zampábamos sin pérdida de tiempo a partes iguales como buenos compañeros, la miserable comida que nos había servido nuestro amo. Después jugábamos incansablemente en mil dispares entretenimientos hasta quedarnos rendidos, y muchas veces tras de nuestros juegos, los dos juntos abrazados nos quedábamos profundamente dormidos y al despertarnos sino avistábamos el rebaño, corríamos alocados por la preocupación, por entre los abruptos riscos, y las espinosas malezas hasta lograr encontrarlo. Después otra vez gozosos retornábamos a nuestros juegos, o yo me quedaba mirando a las montañas ensimismado pensando, mientras que Pelayu se entretenía cazando grillos, u otros insectos, y otras veces con sus blancos y poderosos colmillos recorría con rabia su pelambrudo cuerpo, diezmando la cabanada (rebaño) de pulgas y otros parásitos que con su sangre se alimentaban. Como cuento, aquella mañana mi fiel Pelayu me miraba preocupado, pudiendo yo observar en sus vivarachos, picarescos e inteligentes ojos, una recriminación que me estaba haciendo, por su forma de ponerme sus fuertes patas en mi pecho, a la vez que me lamía entre pequeños y cariñosos ladridos mi rostro. Si con sus ladridos pudiese hablar mi lenguaje, seguramente que me diría. —No seas un iluso soñador, mi más querido y preciado compañero, no llegues con tu fantástico pensamiento hasta el extremo de acariciar ni tan siquiera cuanto te has imaginado. Comámonos con la alegría de que hacemos gala todos los días, esa mezquina comida que nos da nuestro despreciable amo, y juguemos con la inocente felicidad de siempre, ya que éste será el más grande tesoro que jamás podrás superar en tu vida. ¿Dónde podrás hallar una riqueza que se pueda comparar a la natural y sencilla felicidad que hoy gozas, aunque ésta se haga su camino dentro de la gran pobreza que te acompaña? Pero hoy yo sé fijamente, que aunque mi perro pudiese hablar, haciendo que en tal momento me asustase al presenciar tan grande milagro, y me dijese que no entrase en la cueva, porque lo que dentro de ella iba a encontrar sería mi propia muerte, la verdad es, que ni al mismo Faidor (Dios) en aquellos momentos yo no obedecería, y así de resuelto, encendí el candil, y sin el menor asomo de miedo, ya que la ilusión y la alegría que poblaban mi espíritu en aquel encaldar (hacer) eran tan inmensos, que empequeñecían hasta el ignoro cualquier otro sentimiento. Adentreme en la cueva que era iluminada tenuemente con la pobre luz que el candil despedía, siempre acompañado de Pelayu que tras de mí, el muy tuno de mi aventura se reía, no era larga la caverna, pues a treinta metros no alcanzaría, y cuando llegué al final, no encontré ni las Xanas, ni los Trasgus ni Xumicius, ni la chalga, preciado tesoro que yo perseguía, sólo había muchos cascos de avellanas y de nueces, algunas latas de conservas ya vacías, unos trapos manchados de sangre, unas mantas viejas y apoyadas en la rocosa y húmeda pared de la cueva, había varias armas de fuego que pronto me hicieron olvidar la riqueza que en un principio había imaginado que allí me aguardaría. Por primera vez en mi vida iba a tener juguetes, auténticos juguetes de verdad de los que usaban los hombres para asesinarse vilmente al igual que hacen los lobos cuando por su cuenta cogen un apacible rebano de ovejas. Dejé el candil en el suelo y elegí entre todas aquellas armas una brillante escopeta, lleno de contentura me senté encima de aquellas mantas y empecé a maniobrar con aquel peligroso juguete, yo sabía cómo se manejaba supuesto que mi amo tenía una escopeta muy parecida y le había visto limpiarla y cazar con ella algunas veces, durante algún tiempo estuve jugando con ella, de una canana que allí había saqué dos cartuchos que metía y sacaba dentro de su recámara, yo me creía en aquellos mis felices instantes el más grande cazador del universo. Pelayu que ya se había cansado de husmear por todas las partes y no habiendo encontrado nada donde llancái el diente (hincar) se tumbó en el suelo frente a mi mirándome sonriente y burlonamente, (porque aunque ustedes no lo crean, yo sé que los chuchos saben sonreir). Enojeme de Pelayu al ver como tan descaradamente se mofaba de mí, por eso encañonele con la escopeta con ánimo de amenazarle, pero cambió Pelayu de gesto rápidamente, levantose con rapidez del lugar donde estaba achucáu (costado), enseñome los clientes ladrándome muy enfadado y a la velocidad del rayo salió de la cueva, quizás porque el inteligente animal presentía, de que alguna desgracia iba a lleldar (hacer) yo con aquel mortífero artefacto, y no quería ser él quien primeramente la recibiese en su cuerpo. Aun permanecí algún tiempo en la gruta jugando a mi manera con las armas, y solamente cuando el candil por su guiños me hizo comprender que su luz ya se le estaba escosando (terminando), salí de la caverna con la escopeta en una mano, dos cartuchos en su recámara y el candil en la otra. En el exterior Pelayu correteaba detrás de los grillos y las camporinas (mariposas) al parecer ya libre de todo enfado. Ya cansado de jugar dejé la escopeta en el suelo y senteme tranquilamente al lado del zurrón, y en cuanto mi perro vio que ya había abandonado el arma, vino corriendo hacia mí, moviendo la cola y sonriéndome amigablemente. Allá abajo en la mitad del valle pude ver a mi rebaño cómo subía espenandu (comiendo) los pochitcus (enanas encinas), y yo de nuevo me volví a sentir feliz y contento a pesar de no encontrar la chalga que tanto con su riqueza había soñado e ideado. Comimos a hora desacostumbrada mi perro y yo aquella pobreza de comida, y tras de jugar un rato, él se quedó adormilado y yo comencé a pensar de quién serían aquellas armas. No me cabía la menor duda de que aquel arsenal de armas debía de ser de los fugáus (huidos), seguramente que eran de aquellos cuatro rapazones (mozos) que se entregaran a los soldados que estaban destacados en mi aldea. Yo los había visto en el cuartel que los militares tenían que era en la escuela de mi aldea, un amplio edificio que fuera regalado a la parroquia por unos indianos del chugar (lugar) que retornaran de las américas con la corexa betchá de cuartus (con la cartera llena de dineros). Recuerdo que aquel día que yo los vi, un soldado que de seguro sería el barbero, les estaba cortando el abundante pelo que lucían, y uno de los rapazus le dijo sonrientemente al militar. ¡No hace falta que te molestes mucho camarada, pues cuando un día de estos nos trasladeís a la cárcel de Oviedo, allí lo más seguro es que nos rebanen el pescuezo! EL MACHO CABRÍO Güelgu coyer el filu dóu d'endenantes m'enduébitchaba algamiandu na miou motchera alcuerdancies de cundu you yera guaxe, ya comu tóus non se puén cuntar per filera, per ísu xebreme d'aquín, pa dir p'acuchá, perque toes les couxes tienen la sou xaceda, ya non la quixéramus cataye nuexotrus. (Volviendo coger el hilo de los aconteceres que anteriormente en mi cerebro se barajaban dentro de las añoranzas de mi niñez, y como todos estos acaeceres no se pueden relatar en hilera, por eso me marché de éste, para ir al de más allá, que es de donde vengo ahora, porque todas las cosas tienen su propia postura, y no la que quisiéramos darle nosotros). Y aunque parecía que me había perdido por estar tan llargu lonxe (tan largo lejos) la verdad es que yo no pierdo el tiempo adornando los hechos que no deben de ser adornados, nin fiéndume en xebraures que van esfaese 'n probeces, perque 'l que non ye llicenciáu 'n filloxofía e lletres, non pué faer munches froritures con les pallabres nin les lletres, ya per ístu, tien que encaldase 'n aforrador d'istus dellicáus y'artifixusus monumentus, perque si lus mesmus que güéi día que lus manexan y'atreinan, la metá de les veces non xapien lu que falen, ya llanquen el focicu fasta les urées en telares de Pachu 'l Xabadiegu betcháus de poxa y'escosáus del granu que ye pelu que tóus muramus nista engochá vida, ¿qué fairé you que 'deprendí namái que tres meses nuna escola pública? (Ni me hondeo en deserciones que se deshagan en pobrezas, porque quienes no son licenciados en filosofía y letras, no pueden hacer muchas florituras con las palabras y las letras, y por esta razón, tienen que hacerse ahorrativos de estos delicados y artificiosos monumentos, porque si los mismos que hoy en día los manejan y cuidan, la mitad de las veces no saben muy bien ni la mitad de lo que escriben, ni otra pareja parte de lo que hablan, y meten por estos menesteres el hocico hasta las orejas, en cuestiones que los imposibilitan para después resolverlas, y si se aproximan a este nivelamiento, lo hacen sembrando una hierba productora de mermado grano, que es el punto primordial que todos intentamos recoger en esta cerda vida. Como cuento, si estos señores eruditos en estas materias se equivocan ¿qué puedo hacer yo, ¡pobre de mí!, que tan solamente he tenido la suerte de ir al colegio público tan sólo tres meses?). Cuento yo que me hallaba en aquellos mis infantiles pensares intentando saber a qué huidos pertenecían aquellas armas, y así dejé tal perder el mucho tiempo que me sobraba, cuando mis ojos retrataron el gran combate que a baja altura, muy por debajo de donde yo me encontraba, sostenían tres cuervos, que despiadada y valientemente le atacaban a un águila real, y ésta piando quizás por el dolor que le inferían los efectivos picotazos de los cuervos, o tal vez en su lenguaje maldiciéndoles llena de rabia por el no poder repeler el ataque de que era objeto. No podía defenderse de sus tenaces atacantes, porque todo su cuerpo en gran tensión estaba, ya que al volar tan bajo, todas sus enormes energías las precisaba para mover sin el menor descanso sus grandes alas, con el apremiante fin de salir de aquel espacio que al parecer pertenecía a los belicosos cuervos, que con ardorosa valentía y enquina ofensiva, disputaban tal natural privilegio, a las mismas soberanas de los cielos. Había yo presenciado muchas veces batallas entre las águilas y los cuervos, y siempre éstos las perseguían atacándoles por su parte posterior, hasta la altura donde el águila ya no necesitase mover sus alas para sostenerse, cuando esto sucedía, los cuervos precipitadamente abandonaban el combate, porque ellos sabían, que donde el águila pudiese planear, todo animal viviente que se acercara, encontraría entre sus poderosas garras una rápida muerte. Queriendo yo saber como es natural el por qué los cuervos atacaban a las águilas, un día que cuidando sus cabras junto a mí estaba un paisano llamado Máximo, que por apodo se le llamaba el «Puchegu», porque tenía tantas razones en sus hablares como palabras por su boca se alumbraran, a pesar de que el Puchegu no sabía leer ni escribir, sabía de cuentos más que el mismísimo Quevedo, e igual hacía cuando se le necesitaba de veterinario que de médico, atinaba casi siempre cuando iba a llover o hacer buen tiempo, en fin, que era Máximu el Puchegu en todas aquellas aldeas de mis amores, una Enciclopedia que aventajaría en mucho a todas las que en nuestros días nos sirven las grandes editoriales, industriadas por hombres estudiosos de las ciencias. Empezó mi amigo el Puchegu explicándome, que son los cuervos de las abruptosas montañas más bregáus (valientes) que los que moran en las valladas o pequeñas lomas, y todo porque la escasez de alimentos en las rocosas cumbres, es muy inferior a los que existen en los valles o montículos, y así como a los hombres la abundancia los hace temerosos y a veces hasta pusilánimes, y la necesidad o privaciones los vuelve por ley de vida temerarios y osados, en los animales ocurre en igual medida lo mismo, así pues, el cuervo defiende su pitanza no permitiendo que las águilas cacen a menor altura que la que les pertenece, y si desde tal situación descubren una pieza, y bajan con su endemoniado vuelo de alas plegadas la apresan y luego vuelven a elevarse al lugar que les corresponde, los cuervos no osarán ni tan siquiera molestarlas, pero si por el contrario descienden para dedicarse a cazar desde el lugar que no les pertenece, entonces los cuervos las atacan con verdadera saña y valentía y siempre logran hacerlas ascender hasta la posición que ellos consideran justa. Esto es así, porque desde tal altura las águilas sólo pueden divisar en tierra una pieza que ellos no cazan nunca, como puede ser un conejo, una pequeña res, un zorro, y hasta inclusive el mismo perro que con el pastor cuida el rebano, y también se han dado casos en que las águilas hasta han cazado un lobo, y con él entre sus garras han subido hasta sus utreras (nidos) donde le devoraban con la misma satisfacción que pudieran hacer cuando se afestinaban con las tiernas carnes de un inocente corderillo. Si las águilas pudiesen volar más bajo sin ser por los cuervos molestadas, también podrían cazar con gran facilidad, lagartos, culebras, etc., etc., y es ésta precisamente la comida que el cuervo defiende, por eso ataca al águila cuando ésta intenta apoderarse de la que él cree que es su exclusiva pertenencia. Terminó el águila al fin tras el ardoroso acoso a que la sometieron los cuervos de subir hasta la altura que ellos consideraron lícita, y rápidamente éstos plegando sus alas la abandonaron y en vertiginoso vuelo buscaron el abrigo de los arbustos de sus montañas. Terminó para mí aquel día el maravilloso espectáculo que la soberana del cielo y los bravos cuervos me habían ofrecido, y fue entonces cuando me incorporé del lugar donde me hallaba sentado, para mirar a mis cabras que guarecían (pastiaban) por encima de donde yo estaba a la corta distancia de unos cincuenta metros, lo primero que mis ojos retrataron fue el orgulloso y antipático macho cabrío, que empericotáu (subido) en un cuetaron (peñasco) a la par que espenucaba (arrancaba) las fuéas d'un pótchiscu (hojas de una enana encina), mientras que las enguyía, parecíame a mí que me estaba mirando desafiadora y despreciativamente, con sus grandes y retorcidos cuernos, su larga perilla y enorme cencerro, se me representaba como el diablo que sonriéndose ladinamente se guasaba de mi humilde persona, a la par que de mi buen Pelayu, pues a entrambos y dos el condenado nos había hecho correr infinidad de veces, por eso, tanto Pelayu como yo siempre que teníamos ocasión y traicioneramente, él le mordía sañudamente en sus cadríles (patas) y yo le atizaba barganazus (estacazos) y pedradas donde mejor encaldase (terciase). Ocurriósele a mi mente en aquellos momentos el darle un buen susto a aquel demonio con cuernos y cencerro, por eso así la escopeta con determinación, y cargada como se encontraba con dos cartuchos, apunté por debajo de donde él se hallaba con el firme propósito de tan sólo darle un susto que no olvidase en su vida, y ya sonriéndome adelantadamente por el resultado de la idea que sin más pérdida de tiempo iba llevar a la práctica, apreté los gatillos de la escopeta, y una doble y potente explosión originose que dio conmigo en el suelo por la fuerte sacudida que el arma emburrióu (empujó) con dolor en mi cuerpo. Pero escosóseme d'afechu (marchóseme del todo) tal dolor, cuando entre el repilar (ecos) de la montaña por la explosión, sentí al macho cabrío lanzar al viento grandes berridas, que hiciéronme con preocupada prontitud deducir, que aquel demonio odioso no se quejaba por el susto que pudiera recibir, sino por la perdigonada que sin yo proponérmelo le había albergado en su pelambroso y maloliente cuerpo, levanteme sin demora del pedregoso lecho donde la escopeta con su duro empujón me había acostado, y aún tuve tiempo de ver cómo el semental de mi rebano rodaba por entre los cuetus del xerrapeiru (peñas de la sierra) infiriéndose más heridas en su cuerpo que las que yo por equivocación con los dos disparos le había inferido, siendo quizás su muerte no la perdigonada que le había desequilibrado, sino los argutoxus cuetus (agudos peñascos) que cual cuchillos al rodar su pesado cuerpo por entre ellos le apuñalaban mortíferamente, por eso al detenerse en su poleamientu (rodar) detrás de un pótchiscu (encina) que encontró en su paso, dejó de berrar en el instante, que su vigoroso cuerpo perdiera la vida. Fuime yo corriendo acompañado de Pelayu que me ganó la palma en la carrera, hasta el lugar de aquel desgraciado suceso, y cuando llegué donde el chivo estingarráu (tirado, acostado) ya no contaba como enemigo vivo, vi cómo a torrentes se desangraba, a la par que Pelayu con su nutritiva sangre se fartaba (hartaba). Pensé yo con gran temor cómo decirle a mi amo lo que había pasado, él que sentía por su chivo un orgullo y continuo ponderado casi desmedido, pues siempre que la ocasión se le brindaba cuando con sus vecinos dialogaba, soliales afarrucado (faroleándose, chuleándose) decir, que no había en toda la comarca un macho cabrío que ni con mucho en raza y estatura, se le pudiese parecer al suyo. Era ya casi la hora de afalar (retornar arreando el ganado para casa) cuando se me ocurrió la idea de decirle a mi amo que el chivo por si sólo se había despeñado, así que guardé la escopeta en la cueva y apresuradamente yo temeroso y preocupado y Pelayu contento por hallarse harto, reunimos el rebaño y nos encaminamos hacia la aldea, parecía que hasta las mismas cabras que en otras ocasiones se mostraban rebeldes y saltarinas, aquel desdichado día caminaban cabizbajas y avizorantes, observando en todas las direcciones con pronunciosa alteración, buscando aquel macho cabrío que las dirigía y dominaba con su orgullosa presencia, haciéndose notar en todo momento, por el continuo tañir de su zumbiétchu (cencerro), que por primera vez en el rebaño no se sentía el caidonante ruxíu (dirigente sonido). Pienso yo que solo contento caminaba vigilante mi fiel Pelayu, porque ya nadie en el rebaño se atrevía a discutirle sus ladridos o frágiles mordiscos, cuando por orden mía a las cabras con eficiencia les infería. Más sin embargo yo, al igual que a mis cabras, algo me tenía también apresado, algo extraño para mí, por primera vez a mi espíritu esclavizaba, que ni era tristeza ni pena, pero sí era miedo y grande desesperanza. Siempre que retornaba con mi rebaño a la aldea, cuando en las atardecidas la montaña abandonaba, mi corazón ameruxáu d'allegría (rebosante de alegría) a mi garganta un torrente de cante le rogaba, y ésta inocente y falta de todo perjuicio, sintiéndose tan dichosa como los mismos celestiales ángeles, cantaba recias asturianadas, mientras que todo mi ente, afanosamente afalaba (arreaba) las cabras. Quizás cantara yo aquellas horas con más gracia que en todo el día por alegre que fuera y pudiera tener, porque por así decirlo me acercaba al sencillo y noble vivir de las gentes de mi aldea, pues diez o doce horas en la continua soledad que en las montañas me acompañaba, para un rapacín como yo era, eran muchas horas desamparado de la comunidad humana, y sobre manera yo, que con ser mi cuerpo ágil y fuerte hasta casi rayar en el desuso, empequeñecido se quedaba si le comparaba con mi espíritu tan ensoñador e imaginativo, que todas las cosas al engrandecerlas confundía, menos el miserable pan de la maxera (artesa) que mi amo me entregaba, que a pesar de ser tan escaso, jamás supe imaginar nada para engrandecerle. Estaba mi amo a la entrada de la aldea esperándome como siempre hacía para ayudarme a xebrar el rebaño, ya que como eran tantas cabras, no cogían todas en la misma corte (establo), y había que llevar parte de ellas a otra cortexa (cuadra pequeña) que estaba en la parte opuesta de la aldea. Entretenía siempre su espera el condenado de mi amo, hablando con un artesano del lugar, que se dedicaba a la fabricación de yugos y madreñas, que tenía su taller montado debajo de un hórreo, que estaba asentado a la salida de la aldea, mismamente en la desembocadura del pedregoso y empinado sendero que venía de la montaña. Desde tal lugar él sentía con antelación el potente tañir del zumbiérchu (cencerro) que ximielgaba (movía) con fuerza y hasta con orgullo el estupendo semental de su rebaño, entonces él liquidaba por el momento con el madreñeiru la conversación que estuviesen embargando, y dedicaba toda su atención a su rebano, observando con avarienta atención, en el propiar si sus ganados venían fartus óu famientus (hartos o hambrientos), o si alguna de sus cabras venía coxa (coja) por mor de haberle caído una piedra o cualquier otro accidente que hubiera acaecido, como solía ser normal algunas veces. Pero aquel inolvidable para mi atapecer (atardecer) vio antes sus cabras que escuchara el ya inexistente zumbiétchu, por eso con su vozarrón de trueno, y como una centella por mí temido, me preguntó a la distancia de una piedra lanzada cuesta abajo: —¿Qué fói lu que pasóu Xulín...? —¿El chivu perdiu 'l mayuelu...? —Quería decirme, que si el cencerro que llevaba su chivo, había perdido el majuelo, o pequeño péndulo que lleva dentro el cencerro. —Esto también era frecuente que sucediese. Contestele yo desde aquella altura con mucho menos miedo que si me encontrase ante su presencia, diciéndole que el chivo se había despeñado, y arriba en la montaña se encontraba muerto. Estas mis palabras que en el viento camino de la aldea mi voz empujó con fuerza, fueron escuchadas por mi amo que se encaricotóu (encendió) en una rabiosa tristeza, que si pudiese desahogarla, seguro que en mi persona haría él su complacencia. También la desgracia del chivo, que por mí a voces era anunciada, fue oída por algunos otros vecinos a parte del madreñeiru, y como aquel semental de macho cabrío había sido siempre tan aponderado e idolatrado por el babayu (bocazas, charlatán) de mi amo, que con su dichoso cabrón los vecinos de la aldea ya habían pescado la costumbre de decir siempre que alguien ponderaba una cosa, ¡non si paezme a mín, que moren más castrones que Manín na nuesa aldea! Bueno pues como estoy contando, todo el lugar en pocos minutos se había enterado y en parte congregado a la salida del camino que bajaba de la montaña, ya que la muerte de aquel chivo que había ya dejado entre ellos la ya dicha cantinela, les había algunos los más envidiosos y vengatibles alegrado, y a los otros los más sentimentales y nobles les entristecía la muerte de tan comentado castrón. (También se suele llamar castrones a los chivos muy grandes). Al fin entré yo en la aldea quizás con el mayor recibimiento que jamás a nadie le hicieran, y todos atropelladamente me preguntaban lo que con el dichoso castrón me había sucedido, y yo les repetía a la par que intentaba xebrar las cabras para llevarlas a sus respectivas cuadras, que se había despeñado y que todo descuatramindáu (deshecho, desarmado) se quedara en la montaña. Un ratiquín (un tiempo) más tarde, y ya siendo casi la oscurecida, tres vecinos del lugar haciendo cuadrilla con mi amo, caminaban en pos de Pelayu y mía, otra vez camino de la montaña, para enseñarles donde estaba estrapayáu (aplastado) el chivo, con el propósito de bajarle para casa, con el fin de aprovechar su piel y carnes, que serían curadas bajo las barras del xardu (secadero) una estupendísima cecina. Llegamos a la postre ya con la noche tan negra como la boca de el lobo, al xeitu (sitio) donde el chivo fechu 'n chaceiru (hecho un deshecho) ya en el frío de la muerte sin despertarse dormía, tanto Manín que yera mi amo, como los tres vecinos que le hacían compañía, sudorosos y respirando medio ahogados por el tremendo esfuerzo que suponía subir con tanta rapidez hasta tamaña altura, sin perder un momento amarraron el animal por las cuatro patas juntas haciendo cucara (en montón, juntándolas todas) con una cuerda que para tal menester ya traían, y colgándolas de un fuerte y largo palo del que también venían poseídos, echáronselo al hombro entre dos, y con menor rapidez y mayor precaución, relevándose entre ellos conseguimos llegar sin novedad a la aldea. A pesar de ser casi la media noche, aun había algunos vecinos en reunión dentro de al parecer amena charla que quizás tuviese mucho que ver con el castrón, Manín y con mi desventurada persona, esperándonos en el lugar donde el madreñeiru trabajaba. Entramos todos en procesión rumorosa en la corralada de la casa de Manín, detrás del cabrón que colgado del baral sofitado en los hombros de dos vecinos se xiringaba (balanceaba), vigilado siempre con sonrisa ladina por mi fiel Pelayu, que comprendía que al no tardar, iba a saciarse hasta el no poder manducar más, con los rojos hígados de quien en vida, le hubiera hecho correr con cierto temor con el rabo entre sus piernas. Mientras que mi amo y sus serviciales vecinos se disponían a desfoyar (desollar) colgado de unos garfios que había debajo del hórreo al desgraciado chivo, la muyer (mujer) de Manín sin parar de condolerse, y hasta inclusive queriendo a mi endilgarme parte de la culpa, me dio de cenar una escudilla de farines (harina de maíz cocida) con una taza de leche de cabra, porque la leche de las vacas la tomaban ellos y la que sobraba la hacían en manteca, que tampoco yo nunca la probaba. Por primera vez no se hallaba sentado a mi lado sacando la lengua y relamiéndose, mirándome con sus ojos inteligentes en espera que yo le tirase delante de sus narices una cucharada de mi comida a mi fiel Pelayu, pues él sabía que al lado del castrón, tenía una fiesta grande con sobrada pitanza. Comía yo vorazmente aquellas puliendras (farinas), a tan desusada hora de la noche, sin que mi mente de pensar cesara, y antes de terminar mi miserable cena, una luz que me llenó de cierto temor en mi cerebro escendiose, para decirme con su claridad, que no iba a transcurrir mucho tiempo antes de descubrirse mi mentira, porque al esmianaye 'l pelleyu (quitarle el pellejo) al castrón, le encontrarían incrustadas en su cuerpo las postas que le habían matado, y me interrogarían sobre tal suceso, siendo yo al momento un cómplice y encubridor de la muerte del condenado cabrón, que según parecía me iba a dar guerra hasta después de ser muerto. Seguramente querrían saber el por qué les había mentido, haciéndoles creer que se despeñara, cuando a la prueba estaba que fuera abatido por un tremendo pistoletazo. Bajé después de cenar a la corralada donde los hombres andaban a vueltas en la desfoyadura del castrón, a la luz de un par de candiles de carburo y no llevarían un cuarto de hora reparándoles en su circunstancial oficio de carniceros, cuando Antonón el de la Cuandia dijo sorprendido mirando para mi amo que le alumbraba con el candil en la mano para que los otros vieran mejor en la faena que encalducaban (hacían). ¡Ah Manín, isti castrón non morrióu comu diz el tou criadín despeñáu, pos tién ente 'l coración ya lus polmanes un manegáu de postes llancades, asina que si quiés saber quién l'achuquinóu, pregúntaye 'l tou rapazacu, lu que axucedióu! ¿Qué ye lu que me tas diciendu...? ¿Quién diañus diba pegái 'n tiru 'l miou cabrón ? Antonón arrabucandu d'ente les asaures del chivu cuatru ou cincu postes que yeren de grandies comu arbeyinus rancuayus, díxole 'l miou amu metiénduyes per dellantri 'l focicu: ¡Mira Manín, ístu fói lu qu'achuquinóu 'l tou chivu! (Ah Manín, este cabrón no murió despeñado como dice tu criado, pues tiene entre el corazón y los pulmones un cesto de postas plantadas, así que si quieres saber quién le asesinó, pregúntale a tu muchacho lo que sucedió). (¿Qué es lo que me estás diciendo? ¿Quién demonios le iba a pegar un tiro a mi cabrón?). (Antonón arrancando de entre las asaduras del chivo cuatro o cinco postas que eran de grandes como pequeños guisantes, le dijo al mi amo mostrándoselas por delante de su hocico: ¡Mira Manín, esto ha sido lo que asesinó a tu chivo!). Hallábame yo detrás de ellos a media penumbra, por eso no pudieron ver cómo todo mi cuerpo temblaba, y mis mexiétchas (mejillas) se encendían como las mismas brasas cuando el viento las apuxa (atiza). Quizás si fuese a pleno día, me hubiesen sacado la verdad al descubrir yo mismo por mis síntomas externos la mentira, pero la noche, encubridora de toda claridad que profané sus negras vestiduras, me ayudó a ser firme e inamovible de mi primera mentira. Convencido mi amo de que le había engañado, acercose a mí con el candil en una mano, y llena su despreciable alma de ira, y enloquecida venganza, con la otra su mano, atizome un fatáu de morráes (varias galletas, tortas, guantazos) que dieron con mi cuerpo en el suelo, y antes de que yo pudiese huir del peligro que me rodeaba, levantome del suelo con la misma mano que tan vilmente me castigara, y a la par que alumbraba mi rostro donde la abundante sangre que manaba de mi nariz lo embadurnaba, me dijo mirándome con sus ojillos de bracu (cerdo) donde la maligua ira en un brillo salvaje se enseñoreaba: ¡Ahora mismo me vas a decir hijo de perra y de republicano asesino, que el día que asesinaron a tu padre que era lo mismo que tu un embustero y un bandido, te tenían que haber envenenado a ti, para que no pudieses hacer el mismo mal que hizo tu condenado padre, vamos, dime quién fue el que disparó contra mi chivo, dímelo pronto o terminaré contigo! Y al tenor que esto me estaba diciendo, su dura mano caía una y otra vez sobre mi rostro, y fue entonces cuando aquellos hombres de entre sus manos me arrancaron, pues al no hacerlo, quizás aquella bestia humana, que había luchado en defensa de la (PAZ DE ESPAÑA) fácil me hubiera asesinado, como seguramente acostumbrado debía de estarlo, al haber practicado tal demoníaco proceder, con otros indefensos inocentes, de los miles que asesinados fueron en Nuestra Patria, por cobardes, dañinos y miserables hombres, como lo era mi despreciable amo. Fue curado con agua fresca mi amoratado y sangrante rostro por Antonón de la Cuandia, que me aconsejaba cariñosamente, les dijese lo que con el cabrón me había en la montaña sucedido, y que no tuviera ningún miedo de contar la verdad que se buscaba, pues ella misma me protegería de quien me hubiera amedrantado para que no le delatara. Cuéntanos hijo si fueron los huidos quienes al chivo le dispararon, ya que nadie más que ellos pudo hacer tal cosa, y ten presente que si no nos lo dices ahora, mañana vendrán los guardias y ya verás cómo con ellos no puedes seguir negando. Díjele a Antonón el de la Cuandia, que yo estaba dormido, y que me desperté cuando sentí al cabrón bramar desesperado al tenor que bajaba rodando por entre los peñascos, siendo aquello todo cuanto yo había visto y oído. Volvió otra vez ya más sosegado mi amo a insultarme y amenazarme, y a la postre me ordenó que abandonara su casa, pues él no fartaba bribones que lejos de cuidar su rebaño, permitían que personas tan canallas como yo lo era se lo asesinaran. Marcheme de aquella casa de noche, maltrecho mi cuerpo y deshecha de sufrimientos mi infantil alma, sin más pertrechos que los que llevaba a costillas, que eran los únicos que poseía, y que constaban de un mono de caqui hecho de la guerrera de un soldado, con más remiendinos que de plumas tiene una gallina y de todos los colores que imaginarse puede, calzado con unas alpargatas de esparto donde los calcaños se asentaban en el suelo y los dedos lo mismo hacían por no quedar de las alpargatas nada más que la parte del centro. Por primera vez desde hacía varios meses que Pelayu era o mejor dicho había sido compañero inseparable de hambres y fatigas, de juegos y caricias, de largas soledades entre ambos repartidas, por primera vez digo, mi fiel compañero ya no me seguía, me traicionaba el muy ladino por unas piltrafas que de vez en cuando aquellos hombres que carniceraban en el cabrón, le arrojaban en el empolvado suelo de la corralada, para él valía en aquellos momentos más la asquerosa pitanza, que todo el cariño que yo pudiera brindarle, ya no se recordaba el muy desagradecido de que yo repartía con él a partes iguales la escasa comida que para mi sólo me entregaba el llabascón (cerdo grande) de mi amo, en una palabra, Pelayu era un desagradecido y egoísta, propiedad que en mayor o menor cuantía, va fusionada en el instinto de todo ser mamífero de la Tierra. Llegué aquella primera noche de mi vida, que había sido maltratado, insultado, golpeado, pisoteado, arrastrado y ofendido a tan gran profundidad y altura, que dudo que a mis años en todo el mundo, a nadie le hubiera sucedido tan inhumana atrocidad, cuento yo, que hice mi entrada en la casa de mi madre, que en la sazón se encontraba trabajando en una alejada aldea, en el caserío de otra viuda que su marido había sido asesinado en el cementerio de San Salvador de Oviedo la misma noche y en el mismo paredón que fusilaran a mi padre, así pues, hallábame yo sólo en casa y eso enormemente en aquellos momentos me alegraba, pues si mi madre hubiera estado en la casa, le haría sufrir aviñonándome yo de pena, y quizás ocurriesen peores cosas, ya que mi madre era, y aun sigue siendo, y Dios me la conserve muchos años, pues fue lo mejor y lo único que he tenido en mi existencia, mujer de duro carácter, intrépida y valiente hasta no tener el más pequeño temor, de pelearse ella sólo contra todos los moradores de la aldea. ¡Cómo mi madre, nacen en un siglo pocas mujeres! Al día siguiente que era domingo, y por tener en la parroquia a que pertenecía mi aldea, un cura que para demonio había nacido, ya que el muy condenado había conseguido de las autoridades una ley, que no se quién se la había fabricado, pero el caso es que existía, y condenaba a todos los vecinos a oír la Santa Misa, y a no trabajar ni en las tierras, ni en los prados, ni en nada, bajo pena de una multa que la ley considerara justa por ser injusta. Como yo ya no tenía trabajo, pues cuidar los ganados estaba permitido, y aquel gochu de mi antiguo amo desde aquel día tendría que hacer el trabajo que como un miserable esclavo yo le hacía, me levanté tarde del único xergón de fuéa (jergón de hoja) que en la casa había, que lo había industriado de unos sacos, porque todo cuanto poseíamos que era bien poco, al terminar la guerra el honrado vencedor nos lo había robado, y no contentos con esto, todavía fusilaron a mi padre, acusándole de haber robado grandes cantidades de dinero, de haber hecho esto, lo otro, y lo demás allá, y todo porque se le querían cargar cuatro caciques, como se ha hecho en todos los lugares de mi Patria buena. Noté que me dolía el rostro y que le tenía ensangrentado, no pude mirármelo al espejo. porque éste era un lujo que en mi casa no existía, así pues, me fui hasta el río que por detrás de mi casa pasaba, y me lavé como mejor pude, secándome después a las sucias y ásperas mangas de mi mono, y sin desayunar nada, porque en la casa no habla ni la más mínima consolación de comida, me dirigí a oír la misa, ya que yo de pequeñín era muy creyente y religioso. Estando yo enredando (jugando) con algunos otros guaxinus (niños) de mi aldea, en espera que tocase la última campanada para entrar en la iglesia, vi llegar la pareja de la guardia civil y un vuelco de temor revolvió mi ánimo, que casi consiguió ordenarme que saliese corriendo, huyendo pronto de aquel nuevo peligro que me acechaba. Sin embargo no lo hice, porque o no era lo suficientemente valiente, o lo necesariamente cobarde para hacer tal cosa, lo cierto es que cesé de jugar y me quedé mirando para ellos, lleno de temor, de tristeza, de pena. Preguntaron a alguien quién era yo, uno de mis vecinos me señaló, entonces los guardias me llamaron, y yo hacia ellos avancé, cabizbajo, temeroso y desamparado, igual los niños que los vecinos me miraban sin urniar (decir) palabra, muy posible muchos de ellos, tanto fascistas como rojos, vencedores o vencidos, sintiesen una profunda pena al ver aquel niño, desventurado e inocente ruina que dejó la vil venganza de la posguerra, avanzar sin protección ni cariño de nadie hacia los guardias, al fin llegué junto a ellos y me los quedé mirando, no me gustaron sus rostros, que me parecieron dos demonios, entrambos se quedaron mirando unos momentos en silencio mi rostro, en el que se podía leer la despreciable cobardía y nefastosas intenciones, que se enraizaban en el podrido sentimiento de mi amo, pude comprobar que esbozaban una tenue sonrisa, y no pude descifrar, si era que les alegraba observar el sello del martirio anclado en mi cara, o si por todo lo contrario, me dedicaban un consuelo de lastimosa consideración. Qué enano era yo físicamente en aquella lejana y para mi inolvidable, desgraciada y maestrosa mala época, si desde mi distancia también en el momento mi señora prisionera, proyectó mi mente siempre libre, como el misterioso dios que en cada mente humana vive, cuento yo que si me observé ante toda aquella gente, asustados los unos, hartos de maltratos, satisfechos los otros, por formar parte del mando, e indiferentes los restantes por no contar nada en ningún bando, digo que si me vi tan insignificante en mayor cuantía todos cuantos me rodeaban eran, ya que ninguno de ellos optó, en defender a un niño inocente y lleno de temor, que no había cometido más delito que el matar sin querer a un chivo, que era menos cabrón que todos aquellos papalbus humanos. Uno de los guardias con el mosquetón en la mano, me acarició mi corta y jamás peinada cabellera, pues nada más que tenía dos dedos de larga, mi madre me la rapaba al cero para que los abundantes piojos en ella no sembraran la descendencia de sus miserias, y a la par que esto hacía tan despreciable celador de una ley muy poco justiciera, con palabras que pretendían ser cariñosas y amables me dijo: —Ya veo por las caricias que luces en tu rostro, que con todo merecimiento y sin ninguna duda el señor Manín te ha hecho, que eres un niño rebelde, desobediente y malo, que te niegas a decir la verdad, y por lo tanto por todos estos endemoniados pecados irás al infierno, así es, que si ahora mismo no me dices quién fue el que disparó contra el chivo de tu amo, yo también tendré que castigarte. En esto estábamos el guardia y yo rodeados por los vecinos que no decían ni pío, cuando hizo acto de presencia el señor cura, que relevando a la autoridad de su palabra no así de mi persona, me aconsejó apoyando sus frases en la Divinidad de Señor, para que les contase la verdad que me liberaría de todos mis sufrimientos. Díjele al cura lo mismo que al guardia que yo estaba dormido, y que sólo me había despertado al oír al chivo berrar a la par que bajaba por entre los peñascos rodando. La ruda mano de aquel guardia, que seguramente había sido toda su vida un rústico campesino y que la guerra le había liberado de tan honrado lugar para colocarle en el más delicado de los oficios, como es el de servir con dignidad a la Justicia, cuento yo que aquella pesada mano de aquel hombre que pensaba que las personas había que tratarlas como a las bestias con las que él hubiera vivido siempre, dejó de acariciar mi cabeza y sus dedos se aferraron como si fuesen fuertes murgazas (tenazas) a una de mis uréas (orejas), y sonriéndose como si me estuviese el muy hipócrita acariciándome, a la par que me rogaba que le contase la verdad, me apretujaba con tal fuerza, que el dolor que me inyectaba me hacía ver todas las estrellas. Creo que lo que más le molestaba aquel cobarde representante de la ley, no de la Justicia, era que yo, que la vida ya me había forjado en saber llevar el sufrimiento, ni llorara, ni gritara ni menos me quejara de nada, por eso el infame seguía despiadamente con todas sus fuerzas apretándome, aun es hoy el día, que cada vez que me recuerdo de aquel momento mi oreja se pone tan rápidamente colorada, que hasta me molesta el calor que alumbra. Así en este atroz sufrimiento yo me debatía, sin que nadie de los allí reunidos por mí intercediera, dentro del horripilante dolor que me producía aquel estrapayáu d'uréas (retorcimiento, aplastamiento de orejas), cuando llegó mi madre ante la concurrencia, pues como era domingo, bajaba la pobre de aquella aldea donde toda la semana había estado trabajando, trayendo encima de la cabeza una manieguina (cesta) llena de viandas que en el caserío le habían dado a cuenta de su esfuerzo. Cuando mi madre me vio a mí, en tal escarnecimiento, tiró la manieguca al suelo, y llena de una fuerza airada que la multiplicaba, se acercó tan randa como una centella hasta mi verdugo y arrancándole el mosquetón de un fuerte tirón de entre su mano, le pegó con él tamaño golpe encima de sus costillas, que dio con él como si se tratara de un muñeco de trapo en tierra. Antes de seguir con esta cierta historia, voy hacer un inciso, para describir muy someramente cómo era mi madre en aquella época. Era joven, aun no llegaría a los cuarenta años, y a pesar de su juventud, ya había perdido la pobrecita dentro de los mayores sufrimientos que se puedan imaginar, a dos hijos que luchaban en la guerra, a su marido que fuera fusilado y a todo cuanto poseía. Mi madre como perteneciente a la más ancestral raza astur, era rubia, con el pelo del color de la miel, o de la escanda sazonada, tan abundante lo tenía, que cuando lo llevaba suelto y se acuruxaba (agachaba) le tapaba todo su cuerpo como si lo cubriera con una preciosa manta. Sus ojos eran a veces tan azules como el transparente cielo de una mañana de primavera, y en ocasiones eran tan verdes como los mismos campos de nuestra aldea. Era tan pura y recia como la misma madre naturaleza, inamovible en sus decisiones, honrada y justiciera. Era una auténtica astur procedente de la primera raza que pobló las ubérrimas montañas de mi noble tierra, y no una mistificación como somos hoy en día más del noventa por ciento de las gentes asturianas, enraizados con todos los colonizadores de nuestra tierra. Mi madre enojada era una invencible fiera, y tranquila y serena, era tan hermosa y dulce como incomparablemente lo es mi asturiana tierra. Y ya dicho con suficiente claridad como era esta excepcional mujer, vuelvo a centrarme en el desaguisado que mi madre justicieramente preparara, con una valentía y decisión tal, que dejó a todos perplejos y anonadados, pues el guardia que en posición ridícula espanzarrado moraba en el suelo, desde tal lugar miraba con ojos desorbitados a mi madre que con el mosquetón en la mano y a la par que se lo arrojaba con fuerza y mala sangre contra su pecho le decía: ¡Yes un llimiagu, lu mesmu que toes istes xentes que conxentíen, qu'dellantri de la mesma ilexia del Faedor, y'en prexencia d'isti cura escosáu de coyones ya xusticieres razones, lú mesmu que tous vuexotrus que sois una cabaná de baldreyus, que tu que yes un cachiparru, martirizares a isti nenín pequenu, ya s'ístu faedis con miou fíu qu'entavía 'l probitín non sabe dúnde come, ¿qué faeredis con les prexones mayores? (Eres un rastrero baboso, lo mismo que todas estas gentes que te consienten, que delante de la iglesia de Dios y ante la presencia de este cura que no tiene ni cojones, ni justicieras razones, lo mismo que todos vosotros, que no sois nada más que un rebaño de cobardes, que tú que no eres nada más que un parásito martirizaras a este pequeño niño. Y si esto haceís con mi hijo, que todavía el pobrecito no sabe de dónde come, ¿qué hareis con las personas mayores...?). El otro guardia que sin lugar a dudas parecía un hombre con mejores sentimientos que el gusano que me había martirizado, intentaba sujetar a mi madre propinándole palabras que le aconsejaban que no complicara más las cosas, mientras que su repugnante compañero se levantaba del suelo, y ya con el arma entre sus manos, la enarboló por encima de su cabeza en amago de dejarla caer encima de mi madre a la sazón que con una inquina maligna y cobardosa le decía: ¡Si fuese usted un hombre, ahora mismo le partía la cabeza en dos para que al final de su existencia comprendiera usted, que el deber de todo ciudadano es respetar a la ley! A lo que mi madre le respondió de la siguiente manera: —Si you fora un home, a usté había qu'allevantalu dóu tá, p'ancuandiálu debaxu tierra, que ye 'l llugar quéi cuerresponde a la xentuza baldreyante comu ye usté. Ya tocante a la ley que reprexenta, que ye tan betchá de maldáes comu usté mesmu, pásula you ya toes les prexones decentes pente les piernes ya mexamus per echa. ¡Perque isa lley que tantu cacaréa achuquinóu ya t'achuquinandu a fatáus d'iñocentes, sin respetar nin al vietchu que t'encantu la xepoltura, nin al xoven qu'entavía non golióu 'l tafu de papalbus ya rapiegus que tienen tous los comedores que la endubiechan y'esmarachen! (Si yo fuese un hombre, a usted había que levantarle del lugar donde se encuentra para enterrarle bajo tierra, que es el sitio que le corresponde a la gentuza cobarde como lo es usted. Y tocante a la ley que tanto cacarea, que está tan rica de maldades como usted mismo, la paso yo y todas las personas decentes por entre las piernas y meamos por ella). (¡Porque esa ley que usted representa, ha asesinado y está asesinando a muchos inocentes, sin respetar ni al viejo que ya se encuentra al borde de su sepultura, ni tampoco al joven que todavía no se ha olido, el característico mal hedor que emana de los comedores, indeseables y ladrones que la han hecho, así como ustedes que atropelladamente obligan a punta de pistola y látigo a que se cumpla!). Aun puedo ver en los rostros de todas aquellas gentes que nos rodeaban, desde esta asquerosa celda donde viviendo el presente que me aprisiona en esclavo de unas injustas ordenanzas, mi mente desdoblándose en dimensiones pasadas, añora con tristezas y alegrías, las primeras alumbradoras fuentes de toda mi desgracia. Sí, veo los ojos asustados de algunos de mis convecinos, que al escuchar aquellas graves y acusadoras palabras que mi madre airada, enloquecida y por toparse en su justo desquiciada, le decía a aquel guardia que tan cobardemente la amenazaba. Sí, veo como todos ellos con tristeza pensaban, que mi madre no iba a salir de aquel asunto bien librada. Pues en aquellos tiempos por menor delito, al paredón de fusilamiento llevaban a personas más recomendadas. Vi los ojos de aquel guardia ruin y rastrero, vilos cómo se llenaban de una alegría satánica, quizás en otras ocasiones ya por él vivida, cuando a tantos inocentes martirizaba o asesinaba. Vi cómo dejó de amenazar a mi madre, cómo colgó el mosquetón de su hombro, y metiendo la mano sonriendo canallescamente en su macuto, sacó unas relucientes esposas con las que se disponía a encadenar a mi madre en el lleldar (acaecer) que le decía: —La voy a llevar a usted y a su hijo detenidos hasta el cuartelillo, y allí, le enseñaremos a usted a respetar la ley y el orden, ya verá usted cómo cuando nosotros la dejemos, no se le ocurrirá jamás ofender a la ley y al régimen, ni aun en su propio pensamiento. Y en cuanto a su cachorro, que parece ser tiene su misma casta, también le enseñaremos a decir la verdad aunque tengamos que arrancarle la lengua. Fue entonces cuando uno de los dos principales caciques de la aldea, que también ye menester que cuando encarte les diga cómo eran, le dijo al guardia con palabras amenazadoras: ¡Dexe tranquíl ista muyer ya 'l sou fíu, pos güéi mesmu vou cuntaye you 'l sou xefe la clás de guardia que ta fechu. (Deje tranquila a esta mujer y a su hijo, y hoy mismo le voy a contar a su jefe la clase de guardia que está hecho, que se ha dejado desarmar por una mujer cuando cobardemente usted martirizaba a su hijo, poco puedo poder yo si no le hago catar covixu noitre ufixu (oficio), perque nisti de guardia paeme amindi que nun ten llixa (arte, valer, etc.). La fuerza y poder que tenían aquellos desalmados caciques en aquellos tiempos de desalmados vivires, achindi mesmu xuntu lus mious güétchus (allí mismo frente a mis ojos) quedaba bien claro, porque aquel guardia aviñonáu de miéu (lleno de miedo), se justificaba rastrera y servilmente pidiéndole perdón aquel hombre que no había sido en toda su vida nada más que un verdadero canalla, per ístu miou má noxá fasta cuaxí la llocura dista maneira le falóu (por esto mi madre enojada hasta casi la locura de esta manera le habló). —Lu que me faltaba per uyír, que tena que debéi cumplíus a isti baldrayu d'achuquín, que dexóu la nuexa 'ldina xemá de güerfaninus dexamparáus de la mán del Faidor ya de lus homes. (Lo que me faltaba por escuchar, que tenga yo que deberle favores a este cobarde de asesino que dejó la aldea sembrada de huérfanos desamparados de la mano de Dios y de los hombres). ¿Nun foste tóu sou banduerru de lus enfermus el que denuncióu 'l miou home paque me l'achuquinaren na cárxel d'Uviéu? (¿No has sido tu comedor, canalla de los infiernos el que ha denunciado a mi marido para que me lo asesinasen en la cárcel de Oviedo?). ¿Ya con lus fíus de Manolón el Gocheiru...? ¿Qué foi lu que fixiste conechus baldrayán? Que yeren un par de rapazus más bonus qu'el pan d'escanda qu'enxamás fixerun mal a naide, ya cundu taben per aquíndi de millicianus, ya tóu t'encovaxabes fugáu per les branes, tóus xapiemus na cabana que t'empayaretabes, ya tantu nuexóitres perque yeras veicín comu aquechus ñocentinus rapazus qu’achuquinasti deximiémuste xempre pa que nun te prendieren. Que fatiquinus forun lus probetayus rapazus, y'anxín pagarun con las sous vides les sous fatezas, pos se te viexen deñunciáu, nistes gores tabes fechu 'n meruxéiru de merucus, xustamente lu que yes, y'echus taríen vivus al lláu de lus sous pás. (¿Y qué has hecho con los hijos del Cerdero?, que eran un par de mozos más buenos que el pan de escanda, que no han hecho más mal los pobrecitos, que cuando fueron al servicio militar por la quinta; y estuvieron por estos contornos de milicianos, mientras que tu andabas por la braña huido, y sabiendo nosotros en la cabaña donde te refugiabas, no te hemos denunciado porque eras nuestro vecino, aunque tuvieras la idea política que te diera la gana, que no debe de ser ninguna, porque te parió tu madre canalla desde la entraña, pues como te estoy diciendo, tanto aquellos grandes rapazos como nosotros, te olvidábamos siempre para que nunca te cazaran. ¡Qué tontos fueron aquellos pobres y desgraciadinos muchachos, y así pagaron con sus vidas sus tontezas, pues si te hubiesen denunciado, a estas horas, tu estarías hecho una verbena de gusanos, que ni más ni menos es lo que eres, y ellos estarían vivos al lado de sus desesperantes padres!). Todos escuchaban a mi madre silenciosos y asustados, considerando algunos con tristeza, que mi madre se había vuelto turulata (loca) para atraverse a manifestar acusadoramente ante los guardias, el cura y el pueblo, lo que todas las gentes de la aldea sabían que era cierto, pero no se detuvo mi madre en el acuse que le hacía aquel villano de todas sus bellaquerías, pues al no encontrar nadie que la importunara, siguió con su palabra y con igual fuerza mortificándole de esta manera: —E nus tiempus d'endenantes, cundu lus roxus mandaben lu mesmu que vuexotrus facedis nagora, non trañia l'esquilona de l'ilexa p'axuntanus en conceyu p'uyír la misa tres el cura, perque pieschada taba la casa del Faidor, ya con lus curas lus roxus nagua querían, peru a pesar de tar tan lexus del Faidor, a naide s'achuquinóu n'aldea, ya se morrierun un par de rapazus, fói nel frenti, peru nagora que tenemus l’ilexa 'l entestate, y'un cura que coyius de la man quiér chevanus a tóus pel atayu de non sei que Dios, ya non sei que cielu, pos con tou isti telar, entremedáu de cures, ya caciques comu lu yes tóu, de confexones, mises ya xermones, achuquinasteis n'aldea 'n poucus dies, más xentes que de mala manera, enxamás de lus xamases en Asturies murrierun. Se tóu xupiés so lladrón achuquinante, lu mesmu que toes istes xentes que m'acorrelan, lu que you tenu xufriu nes comunicaciones de la muerte que se encaldaben na cárxel d'Uvieu, dúnde 'l miéu ya 'l espavoríu facien fuercia, únde 'l fríu enxenebráu la entraña te queimaba, únde les chárimes esbocáes en el glayíu xapoixaben, atristeyáus ya dollores qu'eszarapicaben, tous lus xentíus de cuantus escuchaban. Non puéu apoixar de mious videtches, lus güeyus enfervecíus de aquechus homes, qu'agoxáes allumbraben engafuráes chárimes, con les manes tembluqueántes per el miéu, acoyendu con desesperación las rexes de fierru, que non lus dexaben en postreira vez, abrazar a la sou muyer ya lus sous fíus, qu'ameruxáus de cariñu, ya betcháus de dollor, choraben ya glayaben, xiringáus per el amore que profexaben naquel home, que yera 'l pá de lus fíus, el mantín desous quereres, y’l caidonal del sou llare. Naide algamía per mor de aqueches rexes de fierru entemedades, falagar cómu postreira despedida, a la muyer nin al home, nin lus pequeninus fíus, que güerfaninus naquecha nueche diben quedaré, perque banduerrus baldreyus lu mesmu que tóu, lus deñunciaben y'acusaben de faer fatáus de couxes, que ni nel xoñéu lus probetayus dacuandu lleldaren. Tóus nun mirabamus atristeyáus per debaxu la borrina qu'acobertoriaba lus güeyus encarnispáus pe les chárimes, ya lexus de falanus tantes couxes, nel tiempu tan escosu que nus daben, esfaíamonus en playíus choramiqueirus llastimeirus e nes fanes más mortales. Enclicáus tous per un dollor que nes entrañes esquiciáu t'esgarduñaba, tabamus fatáus de xocenes muyeres que güéi toes viudes y'esgraciaínes semos, enlloquecides y'engarrinchades a les rexes que a la llibertá ya la xusticia trincotiaben. Nagua podiamus decinus, perque la pallabra afogábase na conguetcha qu’el alma esfaída pe la tristieza sacupaba, sous penares nel gargüélu, a munchus el dollor añuedábayes el celebru con tal prietura, que esmurgazábanse col xentíu perdíu nel enllabanáu xuelu. Alcuérdume comu s’agora mesmu fora, ya xamás de lus xamases tal desxusticiáu, endiañáu, baldreyóuxu ya chuquinamientu de xentes abondes d'eches tan iñocentes comu isti rapacín, que la mesma lley qu'achuquinóu a suo padre, martirizóulu a él, ante 'l cura, que mangonéa la mitá la aldea, y'isti banduerru de cacique dumeña entrambas partes, ya tous voxoutrus qu'empaparáus per el miéu, olvidósebus defender tou lo güenu per lu que lus vuesus homes llucharun ya morrierun ¡Sin alcuerdume d'aqueches canallesques comunicaciones que se lleldaben na cárxel d'Uvieu, ya non esborraránseme de les mious vidatches metantu que la vida me acompañe! (En los tiempos ya pasados, cuando los rojos mandaban lo mismo que vosotros hacéis ahora, no tañía la campana de la iglesia, para llamarnos y rejuntarnos a todos en fraternal comunidad, para escuchar la misa detrás de un cura, porque cerrada estaba la Casa de Dios, y con los curas los rojos no querían saber nada. Pero a pesar según parecía de que se encontraban muy lejos del Hacedor, a nadie asesinaron en la aldea, y si han muerto un par de jóvenes, ha sido luchando en el frente. Sin embargo ahora, que tenemos la iglesia siempre abierta y un cura que asidos de la mano, quiere llevarnos a todos por el camino más corto para alcanzar, no sé a qué dios, ni tampoco a qué cielo, pues con todos estos sucederes que ahora están pasando, entretejidos por los curas, y por caciques como lo eres tú, de confesiones, misas y sermones, habéis asesinado en la aldea en pocos días, más gentes que de mala manera, jamás de los jamases no contando estos tiempos, en todo Asturias han muerto. Si tu supieras so ladrón y asesino, lo mismo que todas estas gentes que nos rodean, lo que yo he sufrido en las famosas comunicaciones de la muerte que se hacían en la cárcel de Oviedo, donde el miedo y el pavor, hacían fuerza, donde el helado frío que el temor producía, al mismo tiempo las entrañas te quemaba, donde las lágrimas deslocadas en gritos lastimeros se posaban, haciendo tristezas y dolores tan inmensos, que despedazaban todos los sentidos de cuantos escuchaban. No puedo apear de mi cerebro los ojos enardecidos de aquellos hombres, que a cestadas alumbraban envenenadoras lágrimas, y con sus manos temblorosas por el miedo, cogían con desesperación las rejas de hierro, que les prohibían por última vez, abrazar a sus mujeres e hijos, que llenos de cariño y ricos de dolor, lloraban y gritaban desesperadamente, movidos por el amor que profesaban a aquel hombre, que era el padre de los hijos que quedarían ya para siempre desamparados, el amante esposo de sus quereres, y el fuerte guía de sus lares. Nadie alcanzaba por la causa de aquellas rejas de hierro fuertemente entretejidas, halagar como última despedida, a la mujer ni al hombre, ni a los amados y pequeños hijos, que huerfanitos aquella noche si iban a quedar, porque indeseables cobardes lo mismo que tu eres, les habían denunciado y acusado, de haber hecho muchas y malas cosas, que ni en el sueño los pobrecitos, jamás ni habían pensado. Todos nos mirábamos entristecidos, por debajo de la niebla que nublaba los ojos enrojecidos por las lágrimas, y lejos de hablar de tantas cosas en el tiempo tan corto que nos daban, nos deshacíamos en lamentos lastimosos, que nos precipitaban en los abismos más mortales. Agachados todos por un dolor que en nuestras entrañas enloquecido sin piedad las arañaba, estábamos en aquella triste ocasión, muchas jóvenes mujeres que hoy todas viudas y desgraciadas somos, enloquecidas y agarradas con desespero a aquellas rejas, que a la Libertad y a la Justicia pisoteaban. Nada podíamos decirnos, porque las palabras ahogábanse en la garganta, que el alma deshecha por la tristeza, vertía en ella sus penares. A muchos el dolor les aprisionaba el cerebro con tal fuerza, que se desvanecían privados del sentido entre las losas que poblaban el suelo. Recuerdo como si ahora mismo estuviese sucediendo, y nunca jamás, tal injusticia, endiablada cobardía, y canallesco asesinamiento de gentes, muchas de ellas tan inocentes como este pequeño, que la misma ley que asesinó a su padre, le está martirizando ahora, precisamente ante la presencia del cura, que es el dueño de la mitad de la aldea, y de este indeseable de cacique, que domina entrambas partes, y de todos vosotros que llenos y dominados por el miedo, os olvidasteis de defender todo lo bueno y hermoso, por lo que vuestros hombres lucharon y murieron). (¡Sí recuerdo aquellas canallescas comunicaciones que se hacían en la cárcel de Oviedo, y que ya nunca podrán borrarse de mis sienes, mientras que la vida me acompañe!). Recuerdo perfectamente cómo todas aquellas gentes escuchaban a mi madre entre asombrados, y compasivos, entre temerosos avergonzados y ofendidos, y quizás hubiesen escuchado muchas más injusticias que habían hecho no los caballeros y valientes soldados, que denodadamente lucharon hasta conseguir la victoria, ni tampoco las juventudes que militaban en el partido triunfador, sino las gentes maduras, caciques que habían conservado la vida en entrambos bandos, que llenas de un odio vengativo y endiablado, habían hecho ellas más muertes criminales en la paz de la posguerra que todos los leales luchadores de enemigos bandos. Digo yo que mi madre con su cordura de mente les hubiese seguido acusando, si el cura, muy oportuno y diplomático, como son todos los religiosos de carrera larga, no se ausentara sin decir palabra, y ordenara al sacristán que tocase la última campanada, para entrar a la iglesia con el fin de escuchar la misa. Y ahora diré, que mal dicho está que yo diga que el sacristán tocase la campana, porque no había tal campana, ni en la iglesia de mi aldea ni en ninguna otra en todo el valle, ya que los rojos, se las habían llevado todas, no sé con qué fin ni propósito, como tampoco puedo comprender porque quemaban los santos que jamás les harían ningún daño, y dejaban con vida a indeseables como los caciques asesinos de mi aldea. Lo cierto es, que como campana de la vieja iglesia de mi aldea, había un trozo de raíl colgado del pórtico con una alambre, donde aporreaba el sacristán, con un martillo medio deshecho de los de cabruñar la guadaña. Nada más que el toque comenzó hacerse sentir, fueron las gentes desfilando tras la llamada de la postrera campanada, sin que nadie se osara replicarle a mi madre ni tan sola una palabra, bien fuese de desagrado o de conformidad con cuanto había enardecidamente manifestado. Todos se adentraron en la casa del Señor donde yo creo, que si el Nazareno pudiese apoixase (apearse) de la Cruz, no dudo que a todos ellos una tocata de barganazus les esfargayara. (Paliza de palos que en ellos prodigara). Dejó mi madre de reñir a voz en grito, pero siguió haciéndolo muy quedadamente, a la par que con gran remango recogía su cesta, que colocándola esta vez debajo el brazo, nos encaminamos para nuestro lar, mientras que aquellas gentes, culpables unas e inocentes las otras, le rogaban a Dios, los unos por sus pecados monstruosos ya cometidos, que en El no habían pensado cuando los ordenaban, los otros, quizás le pidieran paz y prosperidad para ellos, sus cosechas y ganados, pero Dios no escucharía ni menos ayudaría, ni al pecador tal vez arrepentido, ni al inocente libre de pecado, y lo sé por propia experiencia, porque yo, tantas veces le he llamado, suplicado y rogado, siempre a cuestas con el temor, la miseria y el desprecio que el mundo en mi había sembrado, y jamás El se dignó ni tan siquiera escucharme, porque si me hubiese escuchado, y no remediara con prontitud ni nefastoso sufrimiento, yo diría ya sin el menor equívoco, que el Dios que todos tememos y adoramos, no es nada más que un diablo. Y esto sin lugar a dudas es así, porque Nuestro Señor está harto de nosotros hasta la misma coronilla, y por eso pensó ya en inmemoriales tiempos, que o liquidarnos a todos, y olvidarse sin pena y con prontitud del mal invento que había industriado, o dejarnos vivir a nuestro aire, sin preocuparse ya para nada de nuestros haceres, hasta que la muerte nos lleve a su presencia. Caminaba yo detrás de mi madre, sujetándome con la mano mi dolorosa y sangrante oreja, que más doloroso sufrimiento me había reportado, cuando aquel imbécil y canalla de guardia me la había retorcido, que si me hubiesen molido todo mi cuerpo a palos. Llegamos a la postre a nuestra humilde casa, y siempre sin parar de reñir mi madre, de maldecir y de amenazar, estongóu 'l llar (limpió la cocina) de añejas cenizas, y con la rapidez con que ella solía hacer las cosas, tizóu ‘l fuéu (prendió el fuego) y después, puso un cazo lleno de agua con sal y unas hierbas (que ahora no sé cómo se llaman, pero que son muy buenas para las heridas) a hervir, y mientras que hervía, s'encaldóu nel trabayu de pulgar patacas (se hizo en el trabajo de mondar patatas), de las que había traído de la aldea de donde venía. Cuando el agua estuvo en su punto, que fue en el momento que ella terminara de aliñar las patatas ya listas para ser fritas, se dispuso mi madre a curarme, y al tenor que lo estaba haciendo, y viendo yo en su rostro retratado el cariñoso sufrimiento que por mí sentía, ella como siempre intentando disimular toda emoción, me preguntó dando muestras de un enfado cariñoso, ¿que qué era lo que había sucedido, o en qué líos me había yo alojado, para que los guardias me hubiesen puesto el rostro como un Ecce Homo? —Díjele a mi madre que el guardia no me había hecho nada más que estrapayáu l'uréa (deshecho la oreja), y que las otras heridas me las proporcionara el amo Manín, por las causas del condenado cabrón que ustedes ya saben. —Vi cómo las recias manos de mi madre temblaban al tenor que a mis heridas con aquella agua milagrosa me lavaba, sentí cómo su voz enardecida juraba y perjuraba contra aquel Manín de los infiernos, al cual ella decía, le iba a colgar la foiz (hoz) del pescuezo. Dio por terminada mi cura y en instantes me preparó la comida, que consistía en un buen cazo de patatas fritas con grasa de tocino, un gran cantezu (pedazo) de pan de escanda, y un escudiecháu de lleiche con borona (taza de leche con pan de maíz), y ya fartuquín fasta ‘l rutiar (harto hasta el eructo), preguntele que si podía ir a dar una vuelta por la aldea, a lo que ella me respondió afirmativamente, recordándome con amenazas, el que non m'engarricra con lus oitres rapacinus. (Que no me pelease con los otros niños). Cuando me dirigía al lugar donde todos los chicos por costumbre teníamos de reunirnos para enredar (jugar), en una de las callejas de mi aldea, me topé con Pelayu, que seguramente habría abandonado a su amo en el monte, por el extraño de no verme a mi como sucedía siempre. ¿Porque qué animal o persona con sentimientos nobles y cariñosos, podría vivir en la soledad del monte en la compañía de una repugnante bestia, como lo era Manín nuestro amo...? Viome primero Pelayu que yo a él le avistara, y casi estoy por asegurar, que me había olfateado antes de que yo desembocara en la calleja, donde él buscándose la vida por todos los rincones husmeaba. Porque yo jamás había visto a Manín, darle al pobre de Pelayu de comer nada, ya que Manín solía decir dándoselas siempre de razonero eficiente, que el perro no se le podía dar la esllaba óu llabaza de fregar lus cacíus (las aguas sucias residuos de lavar los cacharros de la cocina) porque estaban los bracus na cobil urniándu per llapalas (cerdos en el cubil gruñendo por tomarlas), que al perro lo único que se le podía dar, era aquello que no tuviese aprovechamiento para nada, como les llixes de les vaques cundu betchaban, de las uvées ya les cabras, óu cuallesquier oitra molicie que paque nún fediera menester yera encuandiála (como las libraduras de las vacas, de las ovejas y las cabras cuando parían, o cualquier otra porquería que para que no oliese mal, fuera necesario enterrarla). Vino Pelayu hacia mí envuelta su alma perruna por una gozasa alegría, pero me di cuenta con pena profunda, que no hacía tal acercamiento dentro del desenfado y gracial camaradería que en todas las ocasiones él conmigo usara, pues por primera vez mi buen Pelayu, para acercarse a mí, rastreramente se arrastraba, no era por el miedo de que yo le apaleara, ya que jamás ni de palabra le había ofendido, era sin duda porque se sentía muy avergonzado de haberme abandonado la pasada noche, cuando tan triste y solo me encontraba, y quizás más le necesitara. ¡Pobre Pelayu! ¡Qué alma más humana tenía, y a cuántos humanos, el alma de los rabiosos perros les dirigía! Me agabuxé (agaché) a su lado, envuelto yo por una sana, jovial, y angelical alegría, le besé su rostro varias veces entusiasmado, y acaricié con gozo su fino y sedoso cuerpo, y olvidándonos entrambos él de su cobardía y yo del rencor que pudiera por su gesto guardarle, nos fusionamos en un abrazo risueño y cariñoso, donde él dando pequeños ladridos por los que manifestaba su alegría y pena, me lamía una y mil veces las heridas que adornaban mis mexietchas (mejillas), y quizás se estuviese jurando, que aunque le costase la vida, nunca de mi lado se alejaría. Toda aquella tarde, estuve jugando al «llanque» y a la «palombietcha» con el único amigo de verdad que en la aldea tenía que se llamaba Muel. Pobre amigo mío, murió cuando apenas tenía veintiocho años, reventado por el más duro y esclavizante trabajo, que desde su niñez y en mi compañía, fustigados por el hambre y la necesidad, entrambos y dos a las severas órdenes de su padre, como serradores en casi todos los montes de mi Asturias, habíamos llevado a cabo, al final, su cuerpo ya deshecho, explotado y gastado, fue consumiéndose en la triste soledad del sanatorio del Naranco, donde murió devorado por una tisis galopante. Tenía Muel dos o tres años más que yo, y sin embargo éramos los dos de la misma estatura, y empezamos a serrar madera manualmente los dos en el mismo día, teniendo yo en la sazón, tan sólo trece años, fue nuestro maestro su propio padre, y nos trataba como nadie se puede imaginar, ya que no había día, que no nos untara ‘l focicu (nos azotaba) por lo menos un par de veces. No es que aquel hombre y excepcional trabajador fuese malo, no nada de eso, es que el pobre precisaba por fuerza mayor, para poder desarrollar el duro trabajo del serrador, que nosotros hiciésemos el trabajo de hombres y no éramos nada más que dos niños. Digo yo que aquella tarde, le conté a mi amigo Muel, como había encontrado en la montaña la cueva de las armas, y así hablando de nuestros proyectos, acordamos que al día siguiente subiríamos hasta ella, para jugar hasta cansarnos con aquellos juguetes de verdad. Así es que a la oscurecida retornamos cada uno para su casa, saboreando por adelantado lo felices que al día siguiente habíamos de ser. Caminaba en pos de mí, tan contento y satisfecho como siempre mi buen Pelayu, sin preocuparse para nada de que él, era un esclavo de Manín, y no un ser libre que pudiese hacer lo que más le conviniese, pero al llegar a la esplanada donde asentada estaba la bolera, lugar clave donde se reunían todos los vecinos de la aldea, después que concluían sus trabajos, bien fuese para charlas y cambiar impresiones, o para jugar unas partidas a los bolos, como cuento, allí estaba Manín, en diálogo con unos vecinos, ya de retirada para su casa después de haber encerrado las cabras, cuando vio a su desleal Pelayu, que muy contento y moviendo con gran felicidad su rabo, me acompañaba a mí, como si yo fuese en vez de él su amo, dejó a su contertulio con la palabra en la boca, y cambiando su pacífica charla por la riña loca, embistiome a mi con ofensiva y pecaminosa palabra, al mismo tiempo que con la vara que portaba en su mano, descargó sobre el confiado Pelayu tal varazo, que a quedarse el pobre tan sólo un segundo condoliéndose del acuciante dolor que en su cuerpo se anidaba, seguramente que hubiese llevado sobrada ración de varazos, que fácil la dejarían sin vida in situ. Pero no hizo tal cosa mi buen Pelayu, sino que salió huyendo como alma que se lleva el diablo, lanzando en el aire ladridos, que yo creo que no eran por el profundo sufrir que le proporcionara el castigo, sino que en su lenguaje, seguramente maldeciría aquella bestia con figura humana, que era capaz de azotar despiadadamente a un inocente niño, o de asesinarle a él mismo, que no se encontraba con más culpa, que de despreciar a su amo, por canalla y miserable. Y lo propio que Pelayu hizo, no lo dejé yo para más pensado, y a la vez que me perdía en la carrera, huyendo de aquel reptil repugnante y asqueroso, recuerdo que con rabia enloquecida yo le dije: ¡Fíu de put, baldreyu, llimiagu! (Hijo de puta, cobarde, rastrero, baboso..., etc., etc.). Pero miren ustedes por donde, estaba mi madre allí cerca en casa de una vecina hablando de sus cosas tranquilamente, cuando al sentir al Manín que me ofendía, al perro ladrar por la caricia que había recibido, y a mi insultándole poniéndole como un pingayu (de lo peor), salió mi madre de casa de su vecina, con todos sus muchos ánimos aviesporáus (envenenados, aguijoniantes), y cogiendo un palo que allí a mano había, bien seco y sudado, porque hiciera su servicio sirviéndole de mango a una fexoria (azada), se dirigió con extrema rapidez y silenciosamente al lugar donde Manín estaba, y sin decirle ni una sola palabra, empezó a darle palos con aquel formidable mango, que la suerte a Manín le cupió de que nuestros vecinos la detuvieran, porque sino, creo que le hubiese matado. «LA MULTA O EL REFORMATORIO» Al día siguiente, mi amigo Muel, yo y Pelayu, subíamos alegremente hacia la montaña, con locas ansias de llegar pronto a la cueva, con el infantil y firme deseo, de jugar hasta saciarnos con aquellas armas, recuerdo a mi querido amigo, futuro candidato al igual que yo, a la penosa esclavitud que como serradores nos aguardaba, la veo con su sana sonrisa, pintada en sus pequeños y vivarachos ojillos azules, acariciar una y otra vez, con una alegría inmensa aquellas armas, no existía para nosotros en el mundo, en aquellos felices momentos, nada que pudiésemos apreciar tanto, como aquellos mortíferos juguetes, de los que en la sazón, éramos los únicos señores y dueños, nos hallábamos fuera de la cueva, enredando cada uno con su escopeta, y una canana repleta de cartuchos colgada del hombro a la bandolera, Pelayu, desentendiéndose de nosotros mitigaba su hambre cazando grillos y mariposas, o cualquier otro insecto que plugiérale y fuérale rentable para entretener su enflaquecido estómago. Después de cansarnos de hacer la instrucción marcando el paso con la escopeta al hombro, emulando a los soldados cuando hacían prácticas en nuestra aldea, yo le dije a mi amigo señalándole el lugar, que desde aquel mismo sitio, yo había tumbado de dos certeros disparos al cabrón de mi amo. Muel, sacando dos cartuchos de la canana y metiéndolos dentro de la recámara de su escopeta, me dijo que él también pudiera haberlo hecho, y para asegurármelo de que no marraría el tiro, me señaló una piedra rojiza que había muy cerca de donde muriera el chivo, y a la par que se ponía la escopeta en el hombro para materializar lo que había asegurado, me decía ilusionado: —¡Fíxate Xulín!, ya veras cómu la desfaigu nun fatáu de cachiquinus—. (—¡Fíjate Julín!, ya verás como la deshago en mil pedazos—). El doble disparo retumbó dentro del natural silencio de la montaña, como si se tratase de un ruidoso trueno de las tormentas de los veranos, las águilas y los cuervos, así como todos los pájaros y animales que moraban por aquellos aledaños, moviéronse de sus lugares, graznando las aves al levantar el vuelo, y quizás las alimañas agudizasen al oído para saber el peligro que pudiese traerles aquel espanto. Hasta Pelayu dejó su caza insectívora para ladrar desaforado, como si presintiera que otro cabrón había sido abatido, que le haría de nuevo volver a hartarse, o tal vez nos estuviese reprimiendo, queriendo con su lenguaje decirnos, que aquella xuxeante folixa (crecido ruido, alegría, juerga, etc., etc.) que tan amanicomiadamente entamábamos (enloquecido ruido que hacíamos) no iba a reportarnos buenos resultados. Lo cierto fue que mi querido amigo Muel, no atinó a deshacer aquella rojiza piedra contra la que había disparado, y yo alegrándome por su fracaso, cargué con rapidez mi escopeta, me la puse en el hombro, y disparé contra aquel blanco otros dos disparos, tampoco pude yo hacer puntería, y él mofándose de mí, cargó de nuevo su escopeta con notoria alegría, a la vez que me aseguraba que de aquella no fallaría, volvía a disparar sin importarle para nada el tremendo culatazo que nos solían dar aquellos guerreros artefactos. Y así, una y otra vez, atenazados por un gozo y felicidad que nunca con tanta fuerza a nuestros juveniles espíritus había con entera libertad creado, disparábamos con alegría ilusionada contra aquel aproxetáu cuctu (enrojecida piedra), creyéndonos guerreros invencibles, o cazadores afamados. Muy posible yo me creyera un jefe poderoso, justiciero y honrado, que cada disparo que hacía, l'eszarapaba les vidatches d'uno de lus baldreyus homes, que habíen achuquináu ‘l miou padre. (Le deshacía las sienes de algunos de los cobardes hombres que habían asesinado a mi padre). Lo cierto fue, que tras de quemar veintitantos cartuchos cada uno, la piedra seguía en su sitio, y nosotros un poco desilusionados, hicimos un pequeño descanso, en el que acordamos cambiar de blanco. Disponíamos de nuevo hacer más atinadas prácticas sobre el rugoso y fuerte tronco de una encina, cuando Pelayu salió de junto nosotros y con apremiante prisa ladrando, contra un intruso que nos visitaba, guiado al parecer por el atronador ruido, que con nuestros alegrativos disparos formábamos. Era nuestro mal recibido visitador un rapazacu (mozalbete) que andaba por aquellos montes a la caza de la perdiz, que había endemasía nutridos bandos, que bajaban a veces hasta los sembrados d'arbeyinus y'oitres semáus (de guisante y otros sembrados) más alejados de la aldea, y ni el gran espantapáxaru tenía llixa de xebrayus (espantapájaros tenía fuerza para espantarlos). Jerónimo se llamaba aquel jovenzuelo indeseable, que había heredado de su padre toda la cobardía y males tales, que muchas gentes de mis lugares, le estarían rabiosa y odiativa, despreciable y asquerosamente maldiciendo, hasta que el Hacedor les llevara de este mundo tan poco lleno de humanidades. Era hijo de este sujeto tan maldecido, cacique de mi aldea con vuelos tales, que no del todo satisfecho con enviar para el otro barrio algunos de sus inocentes convecinos, en el acaecer se dedicaba, a que a sus vecinos la ley, que había, muy moldeable para dar por buenas todas las denuncias avaladas por caciques facciosos como él, se ensañara con crecidas multas, que al no tener dinero la gente aldeana para satisfacerlas, tenían que vender parte de sus ganados, y sabedores los tratantes por ser lobos de la misma camada aunque con diferente collor (color), que los campesinos tenían que vender sus reses con abonda priexa (mucha prisa) para satisfacer aquellas multas antes que se enrodietcharen (enredaran) peores males, pues como cuento, aquellas aves de rapiña de tratantes, se unían todos de tal manera, que lograban desbaratar los mercados hasta tal punto, que más que comprar, lo que hacían, era robar dentro de la ley a los aflijidos y siempre maltratados campesinos. Al quedarse los desdichados aldeanos sin sus ganados, por la causa de aquellas multas, que la verdad era nadie sabía que era lo que castigaban, aquellas asesinantes multas que la ley les inxertaba (injertaba), que les hacía dentro del acuciante temor que en aquel lleldar (ácaecer) era aterrante, deshacerse de sus ganados para pagar tan diabólicas y desnaturalizantes sanciones. Y como los campesinos, por lo menos en todas las embrujadoras aldeas de mi melgueira tierrina (dulce tierra), y me supongo que tal sucederá en todas las aldeyuelas del mundo, sin ganados de tiro no pueden trabajar sus erus (tierras), tenían que por fuerza mayor, agenciárselo aunque fuese dentro de las más viles condiciones, y así, el canalla de cacique de mi aldea, daba vacas, yegüas, cabras, y ovejas a la comuña (condición) que tan sólo el agobio de la desesperante necesidad hacíales aceptar, con lo que se condenaban a ser esclavos de un ganado que no era de ellos, siendo en la mayor parte de las ocasiones las ganancias completamente nulas, pues si una res se moría, se despeñaba, la mataban los lobos o la devoraba el oso, no la perdía el dueño, sino el comuñero, y así, de esta miserable forma, este canalla de cacique, explotaba vilmente a muchos campesinos que por imperativa necesidad, eran comuñeros de este indeseable asesino, que no había hecho la guerra en las trincheras, porque su cobardía era tan grande, que le había obligado a pasar toda la contienda escondido en los montes, y ahora que la guerra ya terminara, era cuando él verdaderamente la hacía, en la entristecida y enlutada paz que poseían las gentes de mis aldeas. ¿Cuántos despreciables seres como este nefasto individuo había en mi Patria... ? ¡¡Yo creo que honradamente debemos todos de reconocer, que había un par de ellos en cada aldea, y en las villas y ciudades me supongo que morarían muchos más!! Cuento que llegó el Jerónimo con su escopeta al hombro acompañado de su perro perdiguero ante la nuestra presencia, y ufanándose altaneramente quizás pensando que nos iba a hacer, lo que le diera la gana, nos dijo con apariencia muy enojada, al mismo tiempo que nos ofendía con sus palabras: ¡Haber decirme pronto, ¿dónde habéis robado estas escopetas?, si no queréis que vos falague ‘l llombu con ista bardiaca! (que nos moliera a palos todo el cuerpo con una vara que portába en sus manos). No despegó sus labios en el momento mi amigo Muel, porque el padre de aquel llabasquín (cerdo pequeño) era el dueño de los ganados de su casa, y por aquello de que el amo siempre, sin la razón con la ganancia anda, no le refutó pequeña palabra. Pero yo que ya me había creído que aquel babayu de guaxón (farolero, fantasma de mozalbete) se iba apoderar de mis armas, las que yo creía que eran de mi entera propiedad, le dije sin miedo y desafiantemente, que aquellas escopetas eran mías, y que ni él ni nadie sería capaz de quitármelas. Entonces Jerónimo mirándome acusadoramente me replicó seguidamente con estas palabras que me condenaban: ¡Entonces... tu fuiste el que mató antes de ayer al chivo de Manín? ¡Si yo fui!, le dije envalentonado y poseído de una airada rabia, a la vez que le encañonaba con la escopeta y amenazándole firmemente le aconsejaba: ¡Fáinus el favore de dexanus nel nuexu antroxu, ya colar pel mesmu xeitu per únde sen chamate 'llegasti, se nun quiés que faiga nel tou ventrón, el mesmu buracu quei fexe nus fégadus del cabrón de Manín! (¡Haznos el favor de dejarnos con nuestra alegría, y márchate por el mismo sitio, por donde sin llamarte has llegado, si no quieres que haga en tu barriga, un orificio parecido, al que le hice en los hígados del cabrón de Manín!). —Y fue entonces cuando Muel valientemente apoyándome con su amenazante escopeta y con sus advertientes palabras le dijo: ¡Mira Jerónimo, no tiene nada que ver que mi padre se arrastre frente a vosotros, por el miedo de que le quitéis el ganado, pero yo ahora no soy mi padre, y si no sales en el momento corriendo como una exhalación (centella, rápido), me parece a mí, que te vamos a coser a perdigonazos! Justificándose Jerónimo con el atropello que en el miedo se cosecha, dio media vuelta y casi a las carreras, tomó las de villadiego, a la par que se alejaba murmurando no se qué amenazas. Su perro, quedose unos instantes olisqueándose con Pelayu, al que yo achuché (azuzé), y Pelayu que para engarradiercharse (pelearse) era una ardorosa fiera, saltó como un león, atacando con un furor endemoniado al fino can perdigonero, y si no es por Muel, me parece que allí en el mismo lugar que había muerto el chivo, Pelayu hubiera despachado, aquel hermoso, cariñoso e inocente perro. Quedámonos muy satisfechos y gozosos, a la par que en nuestros espíritus, navegaba el orgullo perfumándose con la vanidad Humana, y todo, por haber acoyanáu ya féchule moscar ameruxáu de miéu (acojonado y haberle hecho huir, lleno de miedo) al hijo de uno de los amos de la aldea, que en un principio se había creído, que le sería sencillo hacer con nosotros cuanto le viniese en gana. Durante algún tiempo, estuvimos llindiándu (vigilando, cuidando) a Jerónimo por ver el camino que se tomaba, pues teníamos el temor que se ocultara para después sorprendernos, pero no fue así, y al final muy contentos ya le vimos corriendo que se las pelaba en compañía de su perro, desembocando en el pedregoso camino que le conducía a la aldea. Sabiéndonos libres del temor del adefesio de Jerónimo, y olvidándonos en el mismo instante de cuanto con él nos había acontecido, volvimos a nuestro peligroso juego, de disparar las escopetas contra diferentes blancos, y así, hablando de nuestras cosas con satisfacción que nos embargaba dentro de una felicidad pasajera, deslizábase el tiempo sin enterarnos, hasta que a la postre, dimos fin a todos los cartuchos que teníamos, y fue entonces, cuando decidimos esconder las armas en la cueva, y con los hombros doloridos por las sacudidas que nos propinaban las escopetas por los disparos, disponíamosnos muy contentos en el regreso para nuestras casas, y para simular que veníamos de la leña, agenciámosnos unos tochacus de pochiscus (leños de encina) y poniéndonoslos al hombro, bajamos corriendo por entre los vericuetos y las serpenteantes sendas, hasta llegar al camino real que nos conduciría a la aldea. El ubérrimo valle de alegría alborazada, que poblaba por entero nuestros espíritus, viose en unos segundos nublado y con rapidez cubierto, por un zozobrante y temeroso manto, nacido del retrato que nuestros ojos hicieran, cuando a la entrada de la aldea, justamente en el mismo lugar donde por costumbre, mi amo solía esperarme para xebrar (apartar) sus cabras, estaban aguardándonos los guardias, en la alegre compañía de Jerónimo, que poseyendo las mismas indeseables zunas (costumbres) que su padre, no había perdido ningún tiempo en ir hasta el cuartelillo para delatarnos. Yo tentado estuve cuando me percaté que eran los mismos guardias que el día anterior me habían cobardosamente martirizado, de tirar los garbetus (leños) que llevaba en el hombro, y salir corriendo para huir de aquel verdugo que sonriéndose ladinamente, quizás estuviese pensando su enrevesada y nefastosamente, el volver a esforgayame (arrancarme, estriparme, deshacerme) la única oreja que me quedaba sana. Sin embargo, logré dominar el miedo, y dejando a Muel que abriera la marcha, llegamos a la postre ante la presencia de ellos, y aquel canalla de guardia, no se dirigió a Muel a pesar que unos metros delante de mí iba, sino que vino sonriendo malignamente hacia mí, con las mismas asesinas intenciones que el hambriento lobo lleva, cuando para satisfacer sus ansias del espíritu y la carne, sin el menor miedo se lanza, sobre el inocente corderillo que no tiene a nadie que le defienda. Antes de dirigirme la palabra, aquel demonio con tricornio, que a fe mía desprestigiaban, porque hermosa para el pueblo es la esclava de la Justicia, cuando todas sus obligaciones y credos justamente da cumplidas. Digo yo, que lo primero que hizo fue cogerme mi oreja sana, apretarme un poco para ponerme en atención, y luego mirándome altanera y sonrientemente me dijo: ¡Ahora ya no me negarás de que no has sido tu quien disparó sobre el cabrón de tu amo, y me supongo que también me dirás, dónde has conseguido las armas, maldito pilluelo, hijo de una bruja y de un rojo republicano, o comunista sin entrañas! Tiré los tochucus (leños secos) al suelo apremiado por el dolor que de rabia me desencaldaba (deshacía), con tan mala fortuna que por mí no había sido pensada, que diéronle en las piernas de aquella fiera uniformada, y gran dolor en él tuvo que lleldarse (hacerse), porque dejó de esfarugarme (deshacerme la oreja), para acariciar con gestos de dolor la caña de una de sus piernas, al mismo tiempo que yo hacía lo propio con mi oreja, que ya colorada como una guinda, me resquemaba como si estuviese ardiendo. Mirome con ojos extraviados por la rabia que le enloquecía, y siendo mayor la fuerza de su cobardosa entraña ya en poder de las iras que lo movilizaban, que el dolor que su cuerpo sentía, soltome de revés dos guantazos, que dieron conmigo en tierra, con el rostro manando abundante sangre. Fácil siguiese abofeteándome, pues ya estaba enclicándose (agachándose) para hacer conmigo vayan ustedes saber qué, cuando intercedió su compañero que asiéndole por un hombro, con desprecio y enfado le dijo: ¡Lo que terminas de hacer con este pequeño es una canallada, y como otra vez intentes tocarle del pelo la ropa, te las vas a entender conmigo! ¡¡Estoy harto de tus abusos, y de tus odios y desprecios por todas las gentes desgraciadas!! Ayudome aquel buen guardia a levantarme, y después con su propio pañuelo limpiábame el rostro de sangre, y al parojo que esto hacía cariñosamente me decía: ¡Te juro que nadie te volverá a martirizar más pequeño, y ahora si tu quieres, y que conste que ni te ordeno ni te obligo a contarnos nada, dinos de una vez dónde están esas malditas armas que tanto doloroso daño te han originado! Dime cuenta pronto que de seguir negando no sacaría en limpio nada, ya que el baldroyán (cobarde) de Jerónimo había descubierto ya todo, y a poco listos que fuesen, nada más que les conduciese al lugar donde nos había sorprendido, darían pronto con la cueva, donde se ocultaban las armas. Así que acompañado de Muel y de Pelayu, y seguido de cerca por los dos guardias y el delator de Jerónimo, guielos a paso rápido por entre las vegetativas y pedregosas sendas que serpenteaban por casi inaccesibles lugares, pronto me alegré al comprobar cómo aquel despreciable guardia que tan sañudamente me había martirizado, abarquinaba (respiraba) con penoso trabajo, al mismo tiempo que se deshacía en copiosos sudores el condenado, lo mismo que la manteca fresca expuesta al sol en el verano. Al observar el penoso esfuerzo que aquel guardia repugnante y gordo, imbécil y malvado, tenía que realizar para seguirnos, apreté más aun el paso, que casi se convirtió en carrera y que sólo Muel y Pelayu pudieron aguantarme alejándanos en cuestión de segundos un largo trecho de nuestros enemigos, que en el lleldar (acontecer), ya se habían detenido para hacer acopio de energías unos momentos. Aproximadamente aun no habíamos caminado ni una décima parte del trayecto que nos separaba de la cueva, y ya el llimiagu (baboso) de aquel guardia, se encontraba casi d'afechu despaxaretáu (deshecho), seguramente que antes de llegar al final, en la mente de aquel fucheiru (estercolero) humano, se dibujaría el ruin pensamiento, de maldecir a la ley que como enyordiáu pioyu (sucio piojo) servía, al cachiparru (parásito) que me había delatado, y a mí, por no haber seguido negando. Muel y yo con satisfacción nos reíamos de aquellas gentes, que en nuestras infantiles y sin cultivar mentes, habíamos retratado como personas que tenían menos llixa (fuerza, arte, valer, etc.) que un mure entre las zarpas de un gato. Estaríamos como a la mitad de la andadura, cuando la distancia que nos separaba ya era enorme, y a pesar que de continuo nos ordenaban que no corriésemos tanto y que procuráramos ir siempre a su lado, la verdad es, que ya les habíamos perdido todo miedo y que no les hacíamos el menor caso. Fue entonces cuando se me ocurrió la idea de decirle a mi amigo Muel, que cuando llegásemos al potchisquéiru (encinal), yo me adelantaría corriendo con todas mis fuerzas, para volver aquel mismo lugar antes que ellos lo hicieran, pero después de haber ya ido a la cueva, para poder esconder para nosotros, dos pistolinas muy atongadetas (bonitas, curiosas), que era una pena que se llevaran los guardias, y que nosotros podíamos esconder en cualquier lado. Y así lo hice, y logré regresar, mucho antes de que ellos, llegaran escadriláus (derrengados), claro que descontando a Jerónimo, porque éste andaba tanto como con la lengua si quisiera andarlo. El caso fue que los guardias aquel día se llevaron las armas, y a los cinco o seis días, regresaron a la aldea preguntando por mi madre y el padre de Muel, para llevarles hasta el cuartelillo, con el fin de no sé qué preguntarles o darles. Cuando mi madre en compañía del padre de Muel regresaron del cuartel, estábamos nosotros xugaretiándu (jugando) debajo del ñoceón (nogal grande) que había a la entrada de la aldea, que tanto como tenía de frondoso y grande, eran de pequeñas, escasas e insípidas sus nueces. De donde viene un adagio asturiano que dice: ¡Mucher grandie ande óu non ande, peru tantu s'espatuxa, comu senún lu fixera, en dalgún lláu fae bona atongadura! (Mujer grande, ande, o no ande, pero tanto si camina, como si no lo hace, por grande en todos los lugares estorba). «Claro que se me olvidó decir, que menos en el catre, para añuedar el cibietchu cundu nun hay oitra, pequenina, atongaina ya melgucira». (Para hacer el amor, cuando no hay otra, pequeñita, bien hecha, y tan dulce como lo que debe ser vivir en la gloria). Digo yo que al ver nuestros padres corrimos hacia ellos, y cuando ante su presencia nos encontramos, casi sin darme cuenta vi a mi amigo rodar por el suelo, por la fuerza vigorosa del tremendo castañazo que su padre le llantó nuna mexietcha (le plantó en una mejilla), pero antes de que yo me percatara del peligro que sobre mí se cernía, vime acochetáu (cojido, sacudido) por mi madre, que me allumbróu (alumbró) un mamplenáu (muchos) pescozones, tan seguidos y atinados, que me parecía que todos me llegaban en ringlera, no teniendo que esperar uno por el otro, para que no se enfadasen ninguno. Y allí mismo por este procedimiento que nuestros progenitores nos hacían, comprendimos que nada bueno los guardias a nuestros padres les habían hecho. Y claro que no era nada respetable ni justo, sino un atropello despiadado, inhumano, mezquino, repugnante y apartado de la Justicia a tanta distancia, como la que existe desde la Tierra hasta el Infinito Cielo. Resulta que la canallesca ley que en aquella para mí inolvidable época existía, nos había condenado a ir a un reformatorio, o a que pagasen nuestros padres una multa de ciento cincuenta pesetas en papel del Estado, en el término de treinta días. Y fue entonces cuando yo empecé a preguntarme, ¿que qué era lo que tenían que reformar en mi...? ¿Acaso entraba en la reforma que aquella ley que estaba por todos los rincones de la Patria haciendo encima de los vencidos y sus descendientes, asesinar a nuestros padres, hermanos, parientes y hasta madres, privarnos de nuestra libertad, y robarnos cuánto teníamos? —¿Aquella ley digo, todavía tenía que reformar algo más en mí, que en un principio ya no hubiese inhumana y endemoniadamente reformado? Yo que era en aquel lleldar un pobre niño de poco más de ocho años, condenado precisamente por la misma ley, a no tener jamás ya el amoroso cariño de mi padre, yo que había sido condenado como todos los jóvenes hijos de los vencidos y encarcelados y asesinados padres, yo que estaba lleno de hambre, de miseria, de sufrimiento y de una soledad inconsolable, yo que si quería comer un trozo de pan duro, tenía que caminar descalzo y medio desnudo, por entre las zarzas y guijarros de las montañas, esclavizando mi cuerpo y mis sentidos, en el cuidado de unos ganados que no eran míos, a mí, a un ser así de natural, puro, desamparado y desgraciado, ¿aún quería aquella entroyada (sucia) ley reformarme por considerarme malo? —Yo nunca he sido político, pienso ahora, ni tampoco con mis palabras harto vulgares y aldeanescas, pretendo fomentar el odio hacia nadie, soy ante todo un liberal disciplinado, que ama a mi Patria, por la que estoy en cualquier momento dispuesto a morir, pero me creo con el suficiente derecho de contar al mundo de cuanto yo he sufrido, que es el retrato de tantos otros huérfanos de guerra que lo mismo que yo tanto sufrieron, aunque más en duda, pongo que lo hubieran hecho, quiero contar todo lo que considero que siendo verdad, no debe ser olvidado, y desearía con toda mi alma, que mis palabras tuviesen repílos (ecos) más clarividentes, que los que en su origen se formaron, para que llegasen a todos los oídos, y en sus mentes gigantesca Humanidad digna y justa edificasen, que diera paso a una libertad liberal y disciplinada, que atrancase (cerrase, peslase) sus puertas a todo cuanto no fuese digno y honrado, de esta sencilla y natural manera, la fraternidad sería por primera vez, el tesoro más puro, luminoso y deseado, que la Humanidad en toda su existencia hubiese conquistado. En este relato, que para muchos críticos comedores, que sólo saben fartase comu gochus (comer como cerdos) e intentar con sus medios deshacer lo que alguien con más capacidad creativa que ellos, más bien o peor ha edificado, digo yo, que muchos críticos fanáticos defensores de normas idealísticas, que con sus leyes en la ocasión asquerosamente convencionales, que lograron deshacer el destino que a mi vida creo que le pertenecía, al igual que a toda la generación de los hijos de los perdedores, no les agradara en absoluto, que un hombre que fue despojado de cuanto poseía, y empujado vengativa y canallescamente al arroyo, cuando él por ser un niño, no podía defenderse, tenga ahora la osadía, con sus pobres medios culturales, d’abayucar la trelda (revolver la porquería), que nadie hasta el presente, tan ajustada y verídicamente pudiera contar jamás. Digo porquerías, pues es eso precisamente lo que suelen dejar las secuelas de una guerra civil, y pobre de aquellos países que la sufran, porque sus hijos quedarán divididos, y los perdedores, tendrán que soportar un yugo, que más flojo, o menos prieto, esclavizándolos los ha de postergar. En este relato retrato yo, al vencedor y al vencido, menos al perdedor de quien soy hijo, ya que he tenido la desgracia de conocerle cuando el desventurado ya era un vencido, pero con el vencedor he vivido siempre, sirviéndole con decencia y honradez, silenciosamente observándole siempre, y no recibiendo de él, nada más que calamidades y ofensas, y sin embargo, nunca le odié, siempre disciplinadamente le serví, y si en el lleldar se siente ofendido por lo que de verdad digo, espero que se comporte conmigo, de la misma manera que con él siempre yo he hecho. Sé que estas narraciones no se han de publicar en mi Patria, porque la censura no permitirá que el hijo más humilde, cuente una verdad que denigra no a mi querida y noble España, sino algunos de sus inamovibles sistemas, pero tengo la firme certeza, que algún querido hermano país, sin el menor odio ni rencor sí ha de hacerlo, y con esta mi voz del pueblo, sencilla y natural, ubérrima y estéril, millones de seres de la Tierra habrán de saber, que hoy todavía, vive en mi Patria, la mitad de una generación, descendiente de los perdedores de la sanguinaria Guerra Civil que empobreció a la más maravillosa nación del mundo como es mi España, apartados de todo acceso a cualquier puesto de responsabilidad, bien en el gobierno, en los sindicatos, o en cualquier otro lugar, de responsabilidad de la Patria. Y desde aquí, invito a todos los españoles para que investiguen esto que he dicho, y ya verán como es una verdad, que no admite discusión posible. Cuánto placer sentiría yo si me pudiese expresar con ustedes en la maravillosa, ancestral y rica Lengua Asturiana, pues para mí, decir las cosas en Castellano es un verdadero fastidio, con tantos puntos y comas, y demás signos ortográficos, que para un hombre sin estudios de ninguna clase como yo, es una verdadera tortura, pues mi imaginación que idea y piensa con la fuerza de un enorme río enloquecido, a la hora de querer contar estas copiosas cosechas, que hasta en los mismos sueños me alumbra, cuando me pongo a escribir todos estos pensamientos y acaeceres, al expresarlos en español, meto la pata hasta los corbétchones, por esto ruego me perdonen, y háganse a la idea, de quién les está hablando, no es nada más que un humilde aldeano, sin más escuela que la siempre dura universidad de la vida. Y con la fortuna o desgracia de haber nacido con el embrujador duende de ser soñador, no por aparentar, por ocio o por estudio, sino con la intima necesidad que me tortura el alma, al mismo tiempo que me embarga dentro de una felicidad, que me hace en ocasiones ser dichoso, sin jamás haber sido feliz, y en otras dimensiones me llena de tal tristeza, que en apariencia sin sucederme nada, me encuentro tan apenado y deprimido, que todo cuanto me rodea y hasta yo mismo, me parece la pestilente porquería, con que se harta sin jamás hastiarse, el nefasto diablo al que entusiasmados y egoístas servimos. Enteponíu colaba you dellantre de miou madre, espatuxandu caleya adiantre, afalau per las engafuráes pallabres de miou má, camín de la nuesa teixá. (Conducido corría yo delante de mi madre, caminando rápido calleja arriba, arreado por las envenenadoras palabras que mi madre me dirigía, a la vez que hacia nuestro hogar nos acercábamos. Yo miraba arisco para ella, pensando que me iba alcanzar presto, para propinarme ante mis vecinos, otra somanta (paliza) como la que de aun mi cuerpo se condolía. Al fin llegamos a nuestra casa, y ya en ella encoyíu (encogido) por el temor, aguardaba resignado que mi madre calmara su furia dándome una nueva cuera, que mereciéndola, no la merecía. Estaba visto que llevaba unos días, que todos los golpes me habían elegido a mí para sus descansos, primero el cobarde de mi amo, que con sus asquerosas manos, me había puesto el rostro, tan descalabrado que no había en él un lugar sano donde coyera una guya (cupiera una aguja), después el canalla del guardia, que me dejara las orejas tan maltratadas, que me parecía que no eran mías, y para finalizar mi madre con aquella argurtóuxa tocata que m'apurriera (alta paliza que me propinara), que según me parecía, no había sido nada más que la parba (desayuno breve) de la que se esperaba Furibunda y desesperada asiome mi madre por mis maltrechos hombros, y al mirarme yo en sus hermosos y enojudos ojos, pude ver en lo más profundo de ellos, el desmesurado amor que la pobre me tenía, y lejos de azotarme como yo pensaba, sólo me preguntó muy apenada y preocupada: ¿De dónde vamos a sacar esas ciento cincuenta pesetas Xulín? ¡En alguna parte hijo, nos las agenciaremos, porque yo no permitiré que esta canallesca ley, hecha por indeseables sin entrañas, te lleven al reformatorio, donde ellos se tenían primero que reformar, para no seguir sembrando entre los desventurados vencidos, tanta vengativa y nefastosa canallada! Al día siguiente al rayar el alba, después de desayunar el rabón, (leche ácida cocida con harina de maíz) del que yo sí que me harté, pero ella la pobre apenas comió unas cucharadas, armada mi madre de un azáu (hacha) que había pedido prestado a un vecino, y yo de una foiceta (hoz) de podar la leña, fuimos al monte comunal a baltiar (cortar) leña, pues un carro de leña de encina, roble y espinero, que pesaba más de tres mil kilos, pagaba el maestro panadero, de la única panadería que había en el concejo, cincuenta pesetas por él, así que teníamos todo un mes por delante, para preparar los nueve mil kilos de leña, que nos proporcionarían las ciento cincuenta pesetas, con las que calmaríamos las iras de aquella inhumana ley, que tan despiadadamente nos había castigado. Parecía que mi madre poseía la fuerza del más intrépido de los hombres, talmente era un gigante que con una fiereza incomparable, chorreando sudor y espelurciada su rubia cabellera al viento, cortaba sin el menor descanso encinas, robles y espineros, mientras que yo imitándola en cuanto podía, podaba aquellos arbustos con el más grande de todos mis entusiasmos. Serían las tres de la tarde y no habíamos hecho aun el más pequeño descanso, cuando mi madre me dijo que buscase caracoles, que se criaban en abundancia por aquellos lugares, tal cosa hice mientras que ella prendía un buen fuego, y allí asamos los caracoles que al ser atacados por el calor, estiraban su cuerpo asándose perfectamente, y fue aquella asquerosa comida la que mitigó nuestra hambre. Y así un día, y quince, y veinte, hasta que logramos preparar sin desfallecer ni descansar, los tres carros de leña, acarreándolos a las costillas, en otras ocasiones poleándolos (haciéndoles rodar) por entre los zarzales y las peñas, hasta poder llegar con tan copiosa cantidad de leña, al estratégico lugar donde el panadero con su carro, pudiera cargar la leña. Estábamos embalagándola (apilándola) mi madre y yo muy ufanos y satisfechos, de la difícil victoria que habíamos en tan escaso tiempo conseguido, porque en duda pongo, que pocas gentes en todo el Universo en las circunstancias que nosotros nos encontrábamos hubieran podido lograrlo. Digo yo que en tal trabajo nos encontrábamos amontonando aquella leña, que todos los tochos (leños) medio descortezados por la cantidad de veces, que fue menester rodarlos por entre los cuetus (piedras) que poblaban aquel xerrapeíru (sierra) daban señales y no por los cortes de las herramientas, de haber sufrido lo indecible por encontrarse despeyexáus (despellejados) hasta casi el total emporricamiento (desnudez) de las arnas (cortezas) que los cubrían. Nuestras físicas humanidades se encontraban tan maltrechas después de tantos días de sobrehumano trabajo y de raquíticos y deplorables alimentos, que tal parecía que éramos cadabres (cadáveres) vivientes, sino supiesen cuantos nos conocían, que éramos dos invencibles barras del más puro acero. Yo descalzo de afechu (del todo) y mi madre con las alpargatas dándoles vueltas alrededor del tobillo, imposibilitadas del menor encatesu (remiendo) todas nuestras escasas vestiduras lucíanse tan acuchilladas, como si fatáus (muchos) puñales anárquicamente las hubieran rasgado. Y nuestras pieles por todos los lados se encontraban arraguñáes (arañadas), pinchadas, magulladas, en definitiva martirizadas por las piedras, por los espinos, por la infinidad de arbustos que en aquella sierra casi inaccesible para las mismas cabras, yo y mi madre como dos guerreros invencibles, cortamos aquellos tres carros de leña, que al decir de mi madre, servirían estupendísimamente bien para amagostar (asar) a la propia ley, y a los sinvergüenzas y deshumanizadores fascistones que la vieran fechu (hubieran hecho). Y en postura tan deplorable se empobrecían nuestros desventurados cuerpos, por todo lo contrario, nuestros espíritus se lucían sanos y fortalecidos, orgullosos y alegres, por haber conseguido aquel trabajoso y casi imposible triunfo. También solía decir mi madre dentro de una rabia y desilusión enfurecida, que si los «roxus» (rojos) hubiesen batallado con el mismo ardor, e indómito entusiasmo que nosotros habíamos puesto, todos los fascistones de Europa serían nada para vencerlos, ni en lo más mínimo. Vuelvo a repetir, que concluíamos mi madre y yo de empericotar (apilar) los cuatro leños que faltaban para dar por terminada aquella proeza, cuando la diosa fortuna nos vino a visitar en la forma de Falu el maderero, que más o menos, esto fue lo que nos hizo, y nos dijo: ¡Buenas tardes Lluza!, que así era como llamaban en asturiano a mi madre, ya que en castellano su gracia es Luzdivina. ¡Se ‘l tou home allevantara la motchera, ya te viera a tí ya ‘l tuo fiyiquín, nel estáu que vus deixó la llamazoúsa ley del venceor, paime amín, qu'el probetayu espavoríu per tan grandie inxusticia, oitra vez se morrería! (Si tu marido volviera al mundo y te viera a ti y a tu pequeño hijo, en la situación que os ha dejado la fangosa ley del vencedor, me parece a mí, que el pobre lleno de un enloquecedor pavor por tan grande injusticia, otra vez se volvería a morir). —Recuerdo yo muy bien, lo mismo que si en este momento de nuevo lo estuviese viviendo, lo que me ha hecho esta canallesca ley que ahora a ti te martiriza, cuando en los frentes de Teruel me cogieron prisionero. Me internaron en un campo de concentración, y me dieron más palos que días me quedan de vida, aunque muerra tan viétchu (muera tan viejo) como Marcelín el de Fresnedo, que le llevó Dios cuando pasaba de los ciento diez años. Como comida nos daban una lata redonda de sardinas o bonito, que los prisioneros le llamábamos «el reloj», ya que así era de pequeña. Cuando te salía podre, que sucedía la mayor parte de las veces, te pasabas el día haciendo vigilia. ¿Cuánto te va a dar el panadero por esta leña Lluza? ¡Hombre yo creo que son tres carros buenos, y como está pagándose a diez duros el carro, pues me dará treinta! ¿Algamate? (alcánzate para la multa). ¡Sí Falu, ye lu xustu! (Es lo justo). Rafael, que así se llamaba Falu, (uno de los hombres más honrados, trabajadores y enteros que yo he conocido), a la vez que del bolsillo interior de su chaqueta sacaba la cartera dijo: ¡Mera compañera, voy a venir con el camión de la compañía maderera y llevar toda esta montaña de leña a Trubia, yo te voy a entregar ahora por ella trescientas pesetas, si después vale más, ya te daré el resto, y si vale menos, considera ese dinero que te di, como regalo de un roxu decente ya honráu comu tú le yes miou neña! (Rojo decente y honrado como tú lo eres mujer). Al día siguiente que era feria semanal en la capital del concejo, pidiole mi madre prestado a una buena vecina amiga suya un paxiechacu (traje, vestido) y unas zapatillas, y así vestida de prestado la pobre, se trasladó bien de mañana a la Villa, pagó la multa a aquellos canallas que servían a una ley tan ultrajante, que a los vencidos y sus inocentes descendientes peor que a apestosos esclavos nos trataba. Luego, después, compró ella un paxietyín (un vestidito), unas zapatillas y unas madreñas, para mí, un buzo, que era la vestimenta que entre los pobres se estilaba, unas alpargatinas y unas fuertes madreñas, y después de mercar algunas cosas necesarias, vino para casa la mar de contenta y satisfecha. Y ahora yo me pregunto a muchos años de distancia, viviendo aquellos por mí vividos pisoteados y vengativos tiempos, ¿a qué asesinas, sucias y cobardosas manos, irían a parar, aquellos nuestros dineros, ganados con el sobrehumano esfuerzo y la más justa honradez, manchados por la sangre de nuestras heridas producidas en el agotador trabajo, y mojados por tantas gotas de sudor, como de estrellas debe de haber en el infinito cielo? ¿No se dan cuenta amigos lectores, que injusticias como ésta, o de otra índole aun mayores, deben de contarse al Mundo, pese a quien pese, para quienes las escuchan forjen en sus sentimientos, de que en toda guerra, y sobre todo las civiles, dejan tras de sí, primeramente el dolor más deshumanizante, después las venganzas más pervertidas, que darán vida con fuerza ilimitada, a la repugnante, sanguinaria y odiosa fiera, que todo ser humano, desde los primitivos tiempos de su nacencia, lleva celosamente escondida, en el apartamiento más oscuro y más brillante de su espíritu, donde se mueve gozoso el sentimiento humano, tras de saber que a su Prójimo bien le ha hecho, y se revuelve envilecido, encanallado y airado por el odio y las iras endiabladas, cuando también comprende que a sus semejantes, en el dolor y el sufrimiento los ha sumergido. Y fue precisamente a estos desatinados sentimientos, manejantes en aquellos tristes momentos, de las inhumanas leyes que regían los destinos de mi Patria, donde fueron a parar mis dineros, mis primeros dineros, ganados con más santidad y honradez, que pueda llevar dentro la propia Hostia Santa, que es tanto como decir, que sólo los mismos demonios faltos de toda conciencia y sin el más mínimo sentimiento de honestidad, podrían sin sentir asco de sus propias personas, apoderarse de los honrados y muy fatigosos trabajos, de una viuda de los roxus (izquierdistas, rojos, por el mismo estilo), y de un huérfano de los mismos. ¡¡Yo creo, que como aún no habían satisfecho sus ansias asesinas, con la muerte de mi padre y de tantos inocentes, precisaban en el momento que preciso les venía, afestinarse en postres con el esfuerzo y sufrimiento de sus deudos!! Durante algunos días viví yo jugueteando por la aldea, mi vida sin ninguna preocupación, muy contento porque iba vestido con aquel mono nuevo, más delgado que un papel de fumar, ya que se me había esgazáu (roto) por más de media docena de lugares, pero aún así, a mí me parecía que llevaba puesto, mejores galas que el mismo vencedor, que poco lucía sobre sus costillas, que se le pudiera denominar verdaderamente honrado. Mi madre mientras tanto, seguía incansablemente trabajando por las tierras de los vecinos, sin jamás cobrarles ni una peseta de sueldo, pues ella tan sólo quería, que al cambio de sus sudores le dieran una cestina de patatas, una fontadina de farina, ou de fabes lu mesmu foran prietes que blanques, d'arbeyinus ou d'oitra cebeira, dalgún terreñaín de lleiche, mazá, tarabazá, ‘n culiestrus ou cabantes de brañar. (Una fuente de harina, o de alubias de cualquier marca o color que fueran, de guisantes o de cualquier otro cereal que fuera, algún jarro de leche, desnatada, cuajada, o la que alumbran las vacas recién paridas, o de la que terminasen de ordeñar a una vaca de leche). Ella llegaba todos los atardeceres a nuestra casa, sudorosa y cansada, pero resplandeciente de alegría, porque en su mandil traía mi comida. Luego, después de que yo me hartaba, nos acostábamos los dos en aquel jergón de sacos, repleto de hojas de maíz y también de pulgas, y abrazada a mí, se quedaba muy pronto profundamente dormida. Yo que desde niño he dormido poco siempre, quizás para hacer bueno el dicho que de camino me invento, que considera al que poco duerme más infeliz, que quienes tienen la dicha de dormir prácticamente, dentro de estos mis desvelos, en la silenciosa tranquilidad de la noche de aquella amplia sala desmueblada, cuyas paredes y techo estaban del sarro que deja el humo, y plagadas de arroxetáus (enrubiecidos) goterones, que ponían al descubierto las primeras pinturas que habían tenido, fendíu (cortado) de continuo este silencio, por el risueño y sórdido murmullo que alumbraba el pequeño río que vertiginosamente se deslizaba a menos de diez metros de nuestra casa, y otras veces también era enruxeráu (alterado) aquel silencio, por los ladridos de los perros de la aldea, o por el cante siempre misterioso y apabullador que hacen las curuxas (buhos) en la noche, cuento yo en que estos desvelos, observaba el placenteroso dormir de mi madre, con su respirar acompasado, fuerte y sano, con todos sus acerosos músculos, con naturalidad relajados, talmente parecía mi madre del todo inofensiva, mas sin embargo, aquel perfecto y vigoroso cuerpo que acoplaba fuerzas en el descanso, de la misma natural manera que agigantadamente dormido descansaba, cuando despierto se hallaba, se transformaba en un invencible e incansable guerrero, condenada ya a luchar en l'engarradiétcha del trabayu (la pelea del trabajo), todos los momentos de su vida, por los mismos endemoniados vencedores, que primeramente le habían achuquináu ‘l sou home ya lus sous fíus. (Asesinado a su marido y a sus hijos). Y ahora que ya todo ha pasado, y lejos de olvidarlo se agiganta cada día más en mi mente, yo me pregunto, que si mi madre no hubiese sido así de luchadora, de brava, de valiente y honrada, qué seria de mí y de ella misma, acosados en todo momento por la ley insana del vencedor, y xunius (uncidos) también para siempre, en el desventuroso carro de la esclavitud bien vigilada, por el látigo y la pistola del triunfador.

    Primer Diccionario Enciclopédicu de la Llingua Asturiana > carraca

  • 19 finire

    1. v/t finish, end
    finiscila! stop it!
    2. v/i end, finish (in in)
    andrà a finire male cosa this will all end in tears
    persona he/she will come to no good
    * * *
    finire v. intr.
    1 to finish, to end, to come* to an end: come finisce il romanzo?, how does the novel end?; la guerra finì nel 1648, the war finished in 1648; tutto finirà felicemente, everything will end happily; questo film non finisce più!, this film is never-ending! // finire in bellezza, to come to a triumphant end // e non finisce qui!, ( come minaccia) it won't end here! // tutto è bene ciò che finisce bene, (prov.) all's well that ends well
    2 ( cessare, interrompersi) to finish, to stop, to come* to a stop: a sera il bombardamento finì, in the evening the bombing stopped; è finito di piovere, it has stopped raining; questo gioco sleale deve finire, this unfair play must stop; far finire qlco., to put an end to sthg.
    3 ( andare a) finire, ( sfociare) to end up; ( di fiume) to flow* into (a place); ( di strada) to lead* to (a place); (fig.) to turn out, to end: quella avventura finì, andò a finire in tragedia, that adventure ended in tragedy; finirà in prigione, he will end up in prison // attento che finisci male!, ( a un bambino) look out or it will all end in tears; temo che quel ragazzo finirà male, I'm afraid that boy will come to a bad end // non vorrei finire nel ridicolo, I would not like to make a fool of myself // finire in fumo, (fig.) to come to nothing
    4 ( seguito da con, per più infinito) to end (up) by (doing), to finish by (doing): finì col comperare altre due poltrone, he ended by buying two more armchairs; finimmo col cedere, in the end we gave in // farla finita con, to put an end to: bisogna farla finita con questa storia, we must put an end to this business
    5 ( morire) to die: finì gloriosamente, he died a glorious death
    6 (gramm.) to end: l'infinito della prima coniugazione latina finisce in 'are', the infinitive of the first Latin conjugation ends in 'are'
    7 ( consumarsi, esaurirsi) to run* out; ( mediante vendita) to sell* out: la prima edizione di questo libro è finita in tre giorni, the first edition of this book (was) sold out in three days; il caffè è finito ieri, the coffee ran out yesterday
    8 (fam.) ( cacciarsi) to get* to: non trovo i miei occhiali, sai dove sono finiti?, I can't find my glasses, do you know where they've got to?; Dove eri andato a finire, dove eri finito? é tanto che non ti vedo, Where did you get to? I haven't seen you for ages
    9 andare a finire, ( mirare, tendere) to get* at: non capisco dove vuole andare a finire con le sue allusioni, I can't understand what he's getting at
    v.tr.
    1 ( concludere, terminare) to finish; to end; ( completare) to complete; ( concludere) to conclude: hai finito i compiti?, did you finish your homework?; perché non finisci il tuo discorso?, why don't you finish what you were saying?; finì la lettera con una richiesta di denaro, he closed (o ended) his letter with a request for money; ho finito di leggere il tuo libro ieri, I finished reading your book yesterday; hai finito di fare colazione?, have you finished breakfast?; finire le consultazioni elettorali, to complete (o conclude) the elections; finì i suoi giorni in un paesino sperduto, he ended his days in a godforsaken little village; ha finito di soffrire, his suffering is over (o ended)
    2 ( smettere) to stop (sthg., doing): (la) finisci di gridare così?, why don't you stop (o leave off) shouting like that?; non la finiva più di raccontarmi la sua versione, he went on and on telling me his version // finiscila!, stop it! // è ora di finirla!, it's time to put a stop to it!
    3 ( esaurire) to finish, to run* out (of sthg.); ( vender per intero) to sell* out: ho finito le sigarette, I've finished the cigarettes; abbiamo quasi finito la benzina, we are running out of petrol; ben presto finimmo il denaro, we soon ran out of money (o through the money)
    4 ( uccidere) to kill; (fam.) to finish (off); ( dare il colpo di grazia) to give* the deathblow, to dispatch.
    finire s.m. end, close: sul finire dell'estate, near (o towards) the end of summer; la tragedia è sul finire, the tragedy is drawing to an end.
    * * *
    [fi'nire]
    1. vi (aus essere)
    1) (gen) to finish, end, (pioggia, neve) to stop, cease

    è finito di piovere/nevicare — it has stopped raining/snowing

    finire bene/male — (film, libro) to have a happy/an unhappy ending

    finire male (persona) to come to a bad end

    finire per o col fare qc — to end up (by) doing sth

    dov'è andato a finire quel libro?; dov'è finito quel libro? — where has that book got to?

    è finita! (non c'è rimedio) it's all over!

    finire in galerato end up o finish up in prison

    2) (esaurirsi) to be finished

    l'olio è finito — we have run out of oil, there's no oil left

    2. vt
    1) (gen) to finish, (lavoro, corso) to finish, complete, (discorso) to end

    finisci la minestrafinish o eat up your soup

    2) (smettere) to stop
    3) (dare il colpo di grazia) to finish off
    4) (rifinire) to finish off, put the finishing touches to
    5) fam
    3. sm
    (fine) end
    * * *
    I 1. [fi'nire]
    verbo transitivo
    1) (terminare) to finish, to complete [capitolo, compito, costruzione, frase, lavoro, studi]; to get* through [libro, correzioni]
    2) (smettere, interrompere) to cease, to stop
    3) (consumare, esaurire) to finish [pasto, sigaretta]; to get* through, to use up [ provviste]; to use up, to run* out of [cibo, soldi]
    4) (uccidere) to finish off [animale, persona]
    2.
    verbo intransitivo (aus. essere, avere)
    1) (concludersi) to conclude, to come* to an end; [concerto, incontro, stagione] to finish, to close; [giorno, guerra, libro] to end

    hai finito?have you done o finished? are you done?

    3) colloq. (sparire, concludersi)

    dov'è finito o dov'è andato a finire il mio ombrello? where has my umbrella got to? where did my umbrella go? finirà in prigione he'll end up in prison; (andare a) finire bene to turn out well; finire male to come to no good; finirà che dovrò pagare — I'll end up paying

    4) finire con, finire per to come* to
    5) colloq. finirla

    finiscila!stop o cheese it! give over!

    ••
    II [fi'nire]
    sostantivo maschile end
    * * *
    finire1
    /fi'nire/ [3]
     1 (terminare) to finish, to complete [capitolo, compito, costruzione, frase, lavoro, studi]; to get* through [libro, correzioni]
     2 (smettere, interrompere) to cease, to stop; finire di parlare to stop talking; non finisci mai di sorprendermi! you never cease to amaze me!
     3 (consumare, esaurire) to finish [pasto, sigaretta]; to get* through, to use up [ provviste]; to use up, to run* out of [cibo, soldi]
     4 (uccidere) to finish off [animale, persona]
     (aus. essere, avere)
     1 (concludersi) to conclude, to come* to an end; [concerto, incontro, stagione] to finish, to close; [giorno, guerra, libro] to end; per finire in conclusion; hai finito? have you done o finished? are you done? finire di bere to drink up; il film finisce bene the film has a happy ending; l'inverno non finisce più the winter seems endless o never-ending; delle discussioni a non finire endless discussions; con te non ho ancora finito! I'm not through with you yet!
     2 (terminare in) finire in una zuffa to end in a brawl; finire in un vicolo cieco to come to a dead end (anche fig.)
     3 colloq. (sparire, concludersi) dov'è finito o dov'è andato a finire il mio ombrello? where has my umbrella got to? where did my umbrella go? finirà in prigione he'll end up in prison; (andare a) finire bene to turn out well; finire male to come to no good; finirà che dovrò pagare I'll end up paying
     4 finire con, finire per to come* to; finire per credere to come to believe; finirai per farti male you'll end up hurting yourself
     5 colloq. finirla finiscila! stop o cheese it! give over! è ora di finirla! it's time to put a stop to it! non la finiva più! he went on and on!
    finire in bellezza to go out with a bang; finire in una bolla di sapone to come to nothing; (la cosa) non finisce qui! you haven't heard the last of this!
    ————————
    finire2
    /fi'nire/
    sostantivo m.
    end; sul finire dell'estate towards the end of the summer.

    Dizionario Italiano-Inglese > finire

  • 20 piacere

    1. v/i le piace il vino? do you like wine?
    non mi piace il cioccolato I don't like chocolate
    non mi piacciono i tuoi amici I don't like your friends
    mi piacerebbe saperlo I'd really like to know
    faccio come mi pare e piace I do as I please
    2. m pleasure
    ( favore) favo(u)r
    piacere! pleased to meet you!
    viaggio m di piacere pleasure trip
    aver piacere di be delighted to
    mi fa piacere I'm happy to
    con piacere with pleasure
    per piacere please
    serviti a piacere take as much as you like
    * * *
    piacere s.m.
    1 pleasure, delight: il piacere della lettura, the pleasure of reading; i piaceri della tavola, the pleasures of the table; i piaceri dello spirito, the pleasures of the spirit; è un piacere stare a chiacchierare con te, it's pleasant (o a pleasure) to talk to you; amante, avido di piaceri, pleasure-loving, pleasure-seeking; avrò sempre piacere di vederti, I shall always be delighted (o pleased) to see you; è per me un grande piacere poterti aiutare, I am delighted to be able to help you; mi fa sempre molto piacere ricevere sue notizie, it always gives me a lot of pleasure (o I'm always very happy) to hear from him; la tua lettera mi ha dato, fatto un grande piacere, I was very pleased to get your letter; sembra provar piacere nel dar fastidio alla gente, he seems to take pleasure (o delight) in annoying people; ti rivedo con piacere, I'm delighted to see you again; che piacere rivederti dopo tanto tempo!, what a pleasure to meet (you) again after so long! // piacere!, ( nelle presentazioni) how do you do?; piacere di conoscerla, pleased to meet you // con piacere!, with pleasure! // piove che è un piacere, it is raining cats and dogs; studia, lavora che è un piacere, she studies, works like mad; la tua auto va che è un piacere, it's a treat the way your car goes // avere il piacere di..., to have the pleasure of...: ho avuto il piacere di dirgli che..., I had the pleasure of informing him that...; posso avere il piacere di accompagnarla a casa?, may I have the pleasure of taking you home?
    2 ( svago, divertimento) pleasure, amusement: piaceri leciti, illeciti, lawful, unlawful pleasures; non è un piacere uscire con questa pioggia, it is no pleasure going out in this rain; alternare le occupazioni coi piaceri, to alternate business with pleasure; darsi ai piaceri, to give oneself up to pleasure // viaggio, gita di piacere, pleasure trip
    3 ( favore) favour, kindness: domandare, chiedere un piacere a qlcu., to ask a favour of s.o.; negare, rifiutare un piacere a qlcu., to refuse s.o. a favour; fare un piacere a qlcu., to do s.o. a favour (o kindness): puoi farmi un piacere?, can you do me a favour?; puoi farmi il piacere di venire subito?, will you be so kind as to come at once?; te lo chiedo per piacere: non arrabbiarti con lui!, I wish you wouldn't get angry with him! // per piacere, (if you) please: passami l'acqua, per piacere, pass me the water, please // fammi il piacere!, (iron.) do me a favour, will you! (o go on!): fammi il piacere di tacere!, (iron.) do me the favour of not talking!
    4 ( volontà) will // a piacere, at will (o at pleasure): pane a piacere, as much bread as you like; fa' pure a tuo piacere, go ahead, as you like.
    piacere v. intr. to like (s.o., sthg.); to be fond of (s.o., sthg.); to please (s.o.): gli piace viaggiare, he likes travelling; mi piace andare a scuola, I like going to school; ''Ti piace la letteratura russa?'' ''Sì, mi piace'', ''Do you like Russian literature?'' ''Yes, I do''; mi piace il francese, I like French; ti piace il jazz?, do you like (o are you fond of) jazz?; mi piace che tutto sia in ordine, I like everything to be in order; mi piace molto la poesia, I am very fond of poetry (o I like poetry very much); grattami la schiena, mi piace, scratch my back, I like it; mi piace ballare, I like dancing; la sera mi piace sedermi alla scrivania e leggere, I like to sit at my desk in the evening and read; mi piace questo paese, questa casa, questo libro, I like (o I am fond of) this country, this house, this book; ti è piaciuto il film?, did you like (o enjoy) the film?; mi piacerebbe andare a teatro, I would like to go to the theatre; gli piacerebbe che andassimo da lui, he would like us to go to his house; mi sarebbe piaciuto vederlo, I should have liked to see him; come mi piacerebbe essere al mare!, I wish I were at the seaside!; non mi piace affatto, I don't like it at all; non mi piacciono i presuntuosi, I don't like conceited people; non mi piace che tu gli parli, I don't like you to speak to him; un piatto che piace molto, a popular dish; quella ragazza piace a tutti, everybody likes that girl; è una persona che piace, he is a very likeable person; lo spettacolo piace, avrà sicuramente successo, everyone likes the show, it's sure to be a success; sono sicura di piacergli, I'm sure he likes me; ti piace il nostro progetto per le vacanze?, do you like our plan for the holidays?; ti piacerebbe un po' di vacanza?, would you like (o care) to have a little holiday? // a Dio piacendo, piaccia a Dio, please God (o God willing): piaccia a Dio che non venga una guerra!, please God there won't be a war! // come pare e piace, as one pleases: faccio come mi pare e piace, I do as I please // sarà una grande opera d'arte, ma non riesco a farmela piacere, it may be a great work of art but I can't bring myself to like it // quel cantante mi piace da morire, da impazzire, I'm really crazy about (o I really love o I'm really fond of) that singer // piaccia o non piaccia, whether one likes it or not: bisogna lavorare piaccia o non piaccia, you must work whether you like it or not.
    * * *
    I [pja'tʃere] sm
    1) (gen) pleasure

    ho il piacere di annunciare che... — it gives me great pleasure to tell you that...

    piacere!; è un piacere conoscerla — pleased to meet you

    con piacere — with pleasure, certainly

    fare qc con piacereto be happy o glad to do sth

    potevi averne a piacere (volontà) you could take as many as you wanted

    2) (favore) favour Brit, favor Am

    per piacere, potresti...? — could you please...?

    su, mangia la minestra, fammi il piacere — come on, eat your soup like a good boy (o girl)

    II [pja'tʃere] vi irreg

    mi piace(lavoro, film) I like o enjoy it, (progetto) it suits me, (sport, attività) I enjoy it

    un gusto che piacea pleasant o agreeable flavour

    una ragazza che piace (piacevole) a likeable girl, (attraente) an attractive girl

    che ti piaccia o no; ti piaccia o non ti piaccia — whether you like it or not

    che cosa ti piacerebbe fare? — what would you like to do?, what do you fancy doing?

    * * *
    I 1. [pja'tʃere]
    verbo intransitivo (aus. essere)

    a qcn. piace qcs., qcs. piace a qcn. — sb. likes sth.

    mi piace moltissimo — I like it very much, I love it

    mi piace la musica pop — I like pop music, I'm fond of pop music

    quel tizio non mi è mai piaciutoI have never liked o I've always disliked that guy

    mi piace viaggiare, ballare, nuotare — I like travelling, dancing, swimming

    vi piaccia o no, piaccia o non piaccia — whether you like it or not

    2.
    verbo pronominale piacersi
    1) (a se stesso) to like oneself
    2) (reciprocamente) to like each other
    ••

    non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace — prov. beauty is in the eye of the beholder

    ••
    Note:
    Il verbo to like, equivalente semantico dell'italiano piacere, se ne distacca per alcune peculiarità grammaticali: non si usa mai nella forma progressiva, utilizza una costruzione personale ( a me piace = I like), è seguito dal gerundio quando si fa un'affermazione generale (ti piace ascoltare la musica? = do you like listening to music?) e da to + infinito quando ci si riferisce a un caso particolare ( da giovane mi piaceva ascoltare la musica = as a young man I liked to listen to music) o quando è usato al condizionale (ti piacerebbe venire a trovarci? = would you like to come and see us?)
    II [pja'tʃere]
    sostantivo maschile
    1) pleasure, delight

    "vuoi ballare?" "con grande piacere!" — "would you like to dance?" "I'd love to!"

    provare piacere nel o a fare to enjoy doing; avrei piacere che tu... I would like you to...; ho avuto il piacere di fare la loro conoscenza I had the pleasure of meeting them; ho il piacere di informarvi che I am pleased to inform you that; se ti fa piacere, se la cosa può farti piacere if it'll make you happy; le ha fatto piacere che it pleased her that; mi fa molto piacere vedervi — I'm delighted to see you

    (tanto) piacere — how do you do, nice to meet you

    piacere di conoscerla, di fare la sua conoscenza — nice o pleased to meet you

    3) (godimento) pleasure
    4) (favore) favour BE, favor AE

    fare un piacere a qcn. — to do sb. a favour o a good turn

    fammi il piacere!iron. do me a favour!

    5) per piacere please
    6) a piacere at will, at pleasure
    ••

    prima il dovere, poi il piacere — prov. = duty comes first

    andare giù che è un piacere — [cibo, vino] to go down well

    * * *
    piacere1
    /pja't∫ere/ [54]
    Il verbo to like, equivalente semantico dell'italiano piacere, se ne distacca per alcune peculiarità grammaticali: non si usa mai nella forma progressiva, utilizza una costruzione personale ( a me piace = I like), è seguito dal gerundio quando si fa un'affermazione generale (ti piace ascoltare la musica? = do you like listening to music?) e da to + infinito quando ci si riferisce a un caso particolare ( da giovane mi piaceva ascoltare la musica = as a young man I liked to listen to music) o quando è usato al condizionale (ti piacerebbe venire a trovarci? = would you like to come and see us?).
     (aus. essere) a qcn. piace qcs., qcs. piace a qcn. sb. likes sth.; mi piace moltissimo I like it very much, I love it; mi piaci I like you; mi piace la musica pop I like pop music, I'm fond of pop music; il film gli è piaciuto molto he really liked o enjoyed the film; quel tizio non mi è mai piaciuto I have never liked o I've always disliked that guy; piace agli uomini men find her attractive; una soluzione che piace a tutti a solution that appeals to everybody; è un prodotto che piace molto it's a very popular product; mi piace viaggiare, ballare, nuotare I like travelling, dancing, swimming; mi piace dormire fino a tardi la domenica on Sundays I like to sleep in late; mi piacerebbe andare in Grecia I'd like to go to Greece; come vi piace! as you like it! as you prefer! così mi piace that's the way I like it; così mi piaci! now that's what I like to see! vi piaccia o no, piaccia o non piaccia whether you like it or not; faccio come mi pare e piace I do as I please; lo spettacolo è piaciuto molto the show was very successful o was a hit
    II piacersi verbo pronominale
     1 (a se stesso) to like oneself
     2 (reciprocamente) to like each other
    non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace prov. beauty is in the eye of the beholder; a Dio piacendo God willing.
    ————————
    piacere2
    /pja't∫ere/
    sostantivo m.
     1 pleasure, delight; "vuoi ballare?" "con grande piacere!" "would you like to dance?" "I'd love to!"; ho appreso con piacere che I was delighted to hear that; che piacere vederti! how nice to see you! provare piacere nel o a fare to enjoy doing; avrei piacere che tu... I would like you to...; ho avuto il piacere di fare la loro conoscenza I had the pleasure of meeting them; ho il piacere di informarvi che I am pleased to inform you that; se ti fa piacere, se la cosa può farti piacere if it'll make you happy; le ha fatto piacere che it pleased her that; mi fa molto piacere vedervi I'm delighted to see you
     2 (in formule di cortesia) (tanto) piacere how do you do, nice to meet you; piacere di conoscerla, di fare la sua conoscenza nice o pleased to meet you; il piacere è tutto mio the pleasure is all mine
     3 (godimento) pleasure; amare i -i della tavola to enjoy good food; viaggio di piacere holiday trip; è un piacere guardarla she's a pleasure to watch
     4 (favore) favour BE, favor AE; fare un piacere a qcn. to do sb. a favour o a good turn; fammi il piacere! iron. do me a favour! mi faccia il piacere di tacere! (would you) shut up please!
     5 per piacere please
     6 a piacere at will, at pleasure
    prima il dovere, poi il piacere prov. = duty comes first; andare giù che è un piacere [cibo, vino] to go down well; piove che è un piacere! it's pouring! questa macchina va che è un piacere this car handles like a dream.

    Dizionario Italiano-Inglese > piacere

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