fare+casa

«Potremmo affittarci una bella casa a Toledo».

«Quando al dopo», si disse entrando in casa, «sta' calmo, Ivo. Un passo per volta». (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

— Lo sapevo che ti avrei rincontrato. Madame Jut mi ha fatto le carte, me lo ha detto. (U. Moretti, «Natale in casa d'appuntamento»)

Franca. —...ma intanto, mentre io sono assente, Raniero fa le sue carte e arriva al matrimonio. (E. Possenti, «Un altro amore»)

Fin dall'anno scorso ne avrebbe avuto diritto... il miglior collegio e gratuito, occorreva solo fare le carte. Non disse documenti, ma le carte, come una donnetta. (L. Bonanni, «L'imputata»)

Mirandolina (sola). — Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s'innamorano, tutti mi fanno i cascamorti. (C. Goldoni, «La locandiera»)

Marco. — Che il diavolo se lo porti! Io sono puntuale, mentr'egli viene, mi vede e se ne va a fare il cascamorto a quella.... (I. Svevo, «Il ladro in casa»)

— Ma vedrai, tornerà a fare il cascamorto con Luciana. Vedrai: dammi retta. (R. Brignetti, «La deriva»)

La Pisana, dopo che Lucilio era partito e Venchieredo aveva abbandonato la loro casa, faceva l'occhiolino a Giulio del Ponte. (I. Nievo, «Confessioni di un italiano»)

Il primo ballo, il Milord andò a invitare la Reginella, e persuaso che ormai fosse tutto combinato, le fece l'occhiolino. La Reginella, a vedersi fare l'occhiolino, si gira e lo pianta in asso... Il Milord pensava che volesse fare un po' la preziosa; la va invitare di nuovo, e le rifà l'occhiolino. Lei si gira ancora... Il Milord va a invitarla una terza volta, sempre facendole l'occhiolino; la Reginella gli gira le spalle. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)

Goliano e Brancato, come seppero che l'acquisto che avevano maturato con tante lungaggini sfumava loro di mano, fecero un casa del diavolo. (G. Verga, «Il marito di Elena»)

L'arciprete fa un casa del diavolo per questa faccenda di suonare mezzogiorno prima dell'ora. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Tutti erano sull'aia, e con mia moglie facevamo gli onori di casa. (A. Cervi, «I miei sette figli»)

— Ah, ecco anche. Sofia col caffè: Aurora, fai tu gli onori di casa. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Subito si misero all'opera: e si fece man bassa sui porcellini di Fulgenzio. (I. Nievo, «Confessioni di un italiano»)

Carmaux intanto aveva frugata tutta la casa ed aveva fatto man bassa sulla dispensa. (E. Salgari, «Il corsaro nero»)

Serafino era il consigliere delegato di una di quelle squadracce di bastardi che andavano per i campi a far man bassa, e pur troppo anche nell'orto e nella vigna dell'arciprete. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Era il momento nostro... di fare man bassa sulle borse delle patronesse rimaste sulle sedie. (G. Parise, «Il prete bello»)

Continuai così a parlare, spiegando come, con il denaro del vaso, avremmo potuto fare un passo avanti per metter su casa. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

...questa sua maldicenza vantata, era segno che nell'adulazione egli aveva fatto un passo innanzi. (S. Farina, «Le tre commedie della vita»)

Maria mi ha poi pregato di fare un salto al bar più vicino. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Basta, son stanco: vado a casa, faccio un ultimo salto dal Duardin a dare un'occhiata a chi c'è poi mi ritiro. (U. Simonetta, «Tirar mattina»)

Tuttavia tornava al paese, dove aveva una casa, una volta ogni tre o quattro anni, e si compiaceva di fare sfoggio dei suoi dollari, del suo barbaro inglese e del suo più barbaro italiano. (C. Levi, «Cristo si è fermato a Eboli»)

...Io ci sarò prima di te e gliene avrò parlato, e di tutto quello che gli dirò farà sfoggio con te. (P. Monelli, «Morte del diplomatico»)

Maria. — Ed ora che si tratta di raggiungere la mia felicità, soltanto perché non curo il giudizio della gente, tu fai causa comune con essa e mi chiami una ganza. (I. Svevo, «L'avventura di Maria»)

La casa era continuamente assediata da creditori... La serva, creditrice di parecchie mesate, faceva causa comune con loro. (G. Verga, «Il marito di Elena»)

«Sarebbe tanto gentile, signor avvocato, da farmi da cavaliere servente sino a casa?». (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

— Non lo buttar via: tutto in questo mondo può far comodo. (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

«...A me faceva comodo una donna in casa. Il bambino non potevo mica continuare a guardarlo io». (G. Scerbanenco, «Il centodelitti»)

— Il mio fidanzato rimase lì tutto il giorno, vestirono il compagno morto e gli fecero la camera ardente nella casa del popolo. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Gente nuova prese dimora in questa casa, e il vecchio parve non accorrersene, assorto com'era a fissare il vuoto senza dar segni di vita. (C. Bernari, «Come una favola»)

Nelle condizioni che si trovano attualmente i teatri... i poveri impresari non possono far fronte alle esigenze degli artisti e del pubblico. (G. Verdi, «Autobiografia dalle lettere»)

Nel corso della riunione alcuni partecipanti apparivano pensosi soltanto dell'impossibilità di far fronte all'urto dei tedeschi.... (E. Musco, «La verità sull' 8 settembre 1943»)

Mi disse che si stavano raccogliendo le azioni d'una vecchia impresa, che voleva rinnovarsi per far fronte agli anni cattivi. (E. De Marchi, «Redivivo»)

Inoltre c'era tutta una questione di dignità a cui la signorina Immacolata, a costo di vendere l'intero palazzo e l'oro di casa, intendeva far fronte. (G. Parise, «Il prete bello»)

E così Belfagor tornato in inferno fece fede de' mali che conduce in una casa la moglie.... (N. Machiavelli, «Belfagor arcidiavolo»)

Mi ha raccontato che si arrampicava e poi cascava giù, e le sue mani che sembrano graffiate da un gatto ne fanno fede. (G. Verdi, «Autobiografia dalle lettere»)

—...io voglio, che mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa... («Fioretti di San Francesco»).

Ma le assicuro che allora, per me, entrare nella mia casa... con quel bel giardino, il barboncino bianco che mi viene incontro a farmi le feste; lo chauffeur, la cameriera, la cuoca... bastava. (M. Soldati, «Il vero Silvestri»)

Era una cucina piena di gatti e di cani che si affollavano intorno alla vecchietta, facendole le feste e le fusa. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)