una+di+quelle

— Chetati, mi fai venire l'acquolina in bocca. (A. Palazzeschi, «Quelle...»)

— Ho mangiato una cosa che se te la dico ti faccio venire l'acquolina in bocca. (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

Io ho bevuto il calice dell'emigrazione goccia a goccia e porto sul mio corpo e nella mia anima i segni di molteplici cicatrici. (M. Appelius, «Da mozzo a scrittore»)

Gabrio accennò a sua moglie di tacere, e deciso ormai a votare il calice fece chiamare il suo segretario. (E. Castelnuovo, «I Moncalvo»)

Don Juan aveva libato fino alla feccia il calice dei piaceri, senza tener calcolo mai delle lagrime cocenti. (M. Savini, «Fantasmi»)

...e poi piango con la faccia nel cuscino dicendo che voglio morire e dall'amica di lei non mi lascio toccare neanche una mano, solo e orfano bevo fino alla feccia il mio calice d'agonia. (G. Berta, «Il male oscuro»)

Mi sembrava di aver sofferto già molto! Pensavo di aver già fatta la mia parte! Come m'illudevo! Quelle furono le prime gocce, le più dolci o le meno amare di un calice amarissimo, che dovevo bere fino all'ultima stilla. Il prologo di un dramma di ferro e di fuoco (Don Sante Bartolai, «Da Fossoli a Mauthausen. Memorie di un sacerdote nei campi di concentramento nazisti»).

...faceva balzare quelle quattro teste spenzolate, le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura. (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

Gli inizi di Ford sono campestri. Ed all'agricoltura, di continuo, egli rifa capo, nel concatenamento del suo sistema di produzione verticale. (E. Cecchi, «America amara»)

Le nostre città sono in centro antico di tutte le comunicazioni di una larga e popolosa provincia; vi fanno capo tutte le strade, vi fanno capo tutti i mercati del contado. (L. Cattaneo, «Dodici giornate»)

—...Sono famigliare di madonna la badessa.., la quale fa sempre capo a me per ogni suo bisogno. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

E si guastava quelle ore di libertà con un abbandono di ragazzo in vacanza facendo capo ogni tanto, dov'era la moglie. (B. Cicognani, «Villa Beatrice»)

Si ricordò di essere stato altre volte dal suo orologiaio, in Piazza dei Mercanti, per qualche incarico avuto dal signor Domenico: egli sapeva ora dove far capo. (G. Rovetta, «Mater dolorosa»)

Di domenica, mio padre e mia madre mi portavano al Gianicolo e restavamo seduti su una panchina a prendere il fresco. (F. Palmieri, «Le pecore nere»)

Rosaura. — Ho creduto ch'ei facesse all'amore con voi.

Se crede che le prepariamo un ricevimento in regola sta fresca, poveretta. (A. Palazzeschi, «Sorelle Materassi»)

Adamo. — Fa presto l'Angelo a dire che io sono il re di questo regno. Il fatto è che non ho a chi comandare. A quelle farfalle? Sto fresco, come dice Eva. (C. Pavese, «Racconti»)

Lui, però, non si scompose, perché aveva una faccia di bronzo numero uno, e rispose alzando le spalle: «Che c'entra... Roma non è stata fatta in un giorno». (A. Moravia, «Racconti romani»)

— Ma sicuro, le verità sopra tutto: quelle buone per gli ingenui ed i poveri di spirito; le altre se le porta via la faccia di bronzo di chi la sa dare ad intendere. (T. Lori, «Bufere sull'Arno»)

Se ho date là a pubblicare quelle strofe, immagini se non vorrei darle a lei, ma ormai sarebbe un fare a quelli la finestra sul tetto, e sebbene io non sono siato mai alle prese, grazie a Dio, coi tipografi, conosco, per sentito dire, l'umor della bestia. (G. Giusti, «Epistolario»)

Ma restavano egualmente delle persone che soffrivano per colpa sua: alle quali, lei e il suo bambino, con la loro sola presenza, minacciavano di fare «la finestra sul tetto». (V. Pratolini, «Cronache di poveri amanti»)

Molti che non sono mai contenti del loro stato, mutano e rimutano... e alla fine... sono costretti a confessare che si erano lamentati di gamba sana. (I. Nieri, «Cento racconti popolari lucchesi»)

«Vedrete, con questa pioggia anche le rampe delle Pietrenere produrranno. Non le avete scelte male quelle rampe; vi lagnate d'una gamba sana, per non perdere il mal vezzo. (L. Capuana, «Il marchese di Roccaverdina»)

Isabella. — Non ha funzionato, come speravo la storia della malattia. L'aveva inventata per stare qualche giorno in libertà e andare un po' in giro per spese (D, Fabbri, «La bugiarda»).

...ormai Carlone andava poco in giro, chi voleva i suoi peperoni entrava nel recinto dell'erto. (L. Bigiaretti, «Carlone. Vita di un italiano»)

«Mi conoscete?»

— E tu? — disse lei.

— Sono in giro da stamattina, — disse lui a bocca piena come per scusarsi (R. Viganò, «L'Agnese va a morire»)

— Che facciamo qui? — domandarono tutti.

Nel tempo della sua giovinezza andavano in giro quelle canzoni un poco monotone e soavi. (A. Beltramelli, «Tutti i romanzi»)

«Quando si giudicava qualcuno in altri tempi erano malfattori e canaglie. Oggi le canaglie sono in giro». (G. Germanetto, «Memorie di un barbiere»)

Davano dietro alle donne... ma se una stava dura... battevano in ritirata, accontentandosi di quelle più facili... che ormai avevano fatto il giro di tutti. (R. Viganò, «L'Agnese va a morire»)

Cosa vuoi? Sto nella politica fino a gola e mi ci guasto i modi e lo stile. (A. Fogazzaro, «Daniele Cortis»)

— Come diceva bene l'avvocato, ella è novizio agli affari, io ci son dentro fino alla gola.... (B. Cicognani, «La Velia»)

Vuole andare in un quartiere di Napoli che anche alla lontana abbia qualcosa di una città del nord, un quartiere nuovo... non vuol più vedere Foria, sempre Foria, quella strada larga, quella folla, quei giardinetti, l'Orto Botanico, no, ne è stufo fino alla gola. (L. Incoronato, «Inchiesta su Brandi e Andreini»)

A cena, si scusò con don Cosmo della sfuriata della mattina, disse che n'aveva fino alla gola, delle innumerevoli seccature che gli erano diluviate da quelle zolfare d'Aragona e che aveva deciso di chiudere. (L. Pirandello, «I vecchi e i giovani»)

Naturalmente me ne aveva parlato sotto voce, perché pare che lui la sappia lunga sul conto di questo mio vecchio collega d'ufficio. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Ma io la sapevo lunga, sul conto suo, e riconoscevo subito la marca di fabbrica di tutte quelle vanterie. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Mario assunse l'aria di chi la sa lunga. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Lelio. — Io credo che avesse perduto la parola, perché non voleva parlare. Oh, queste donne la sanno lunga. (C. Goldoni, «La finta ammalata»)

— Ora vedo che la sai più lunga di me. Tu sei la moglie che mi ci vuole. Io ti piglio, ma a un patto: che non ti devi in nessun caso impicciare dei fatti miei. Accettato?. (A. Baldini, «La strada delle meraviglie»)

Dolcemascolo, che la sapeva lunga, s'era vestito da domenica, e bello raso... appariva più del solito, prosperoso e signorile, con un certo viso latte e sangue, ch'era una bellezza a vedere. (L. Pirandello, «Novelle per un anno»)

Ma don Fabrizio e Tancredi la sapevano più lunga: conoscevano don Calogero, conoscevano la Bella Bestia di sua moglie, l'incredibile trascuratezza della casa di quel riccone. (G. Tomasi di Lampedusa, «Il Gattopardo»)

Ora ponti nel mio cuore, quand'io udiva cantar da Teresa quelle strofette di Saffo tradotte alla meglio da me. (U. Foscolo, «Ultime lettere di Jacopo Ortis»)

Congedandosi così dalla compagna di viaggio, Cipollino si pulì alla meglio il viso col fazzoletto. (G. Rodari, «Le avventure di Cipollino»)

C'era qualche osteria col vino buono, mucchi di casupole costruite alla meglio e l'aria buona. (E. Petri, «Roma ore 11»)

Dopo la partita di poche galline e un gallo, sistemati alla meglio in un pollaio provvisorio, vicino alla «villa», la Rapisarda pensò che avrebbe dovuto procurarsi una mucca. (B. Tecchi, «La terra abbandonata»)

—...ma per la via come la rimedi?

—...Vuoi un dito di cognacche, Carlo? E mangi qui con me oggi? Si fa alla meglio, ma stiamo insieme. (M. Puccini, «Ebrei»)

...certamente per quelle gelosie, invidie e battibecchi tra scienziati, che, dacché mondo è mondo, purtroppo si sono sempre ripetuti.... (G. Rovetta, «L'Idolo»)

Tra quel che succede in guerra e quello che si racconta poi, da quando mondo è mondo è corsa sempre una certa differenza.... (I. Calvino, «Il cavaliere inesistente»)

Allora provò il metodo che da quando mondo è mondo usano gli indiscreti, di parlare di se stessi per tirare gli altri a fare la stessa cosa. (F. Sacchi, «La primadonna»)

Il consigliere nazionale N., di qui, è di una famiglia che teneva mano ai briganti. (C. Levi, «Cristo si è fermato a Eboli»)

«Che vorreste dire», incominciò a gridare, «che io tengo mano ai ladri?». (L. Bartolini, «Ladri di biciclette»)

Si può acquistare da un ladro? Non è tenergli di mano?. (L. Bartolini, «Ladri di biciclette»)

La vista di quelle monache che avevan tenuto di mano a tirarla là dentro, le era odiosa. (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

Ci avete tenuto mano anche voi!. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Perché tra il Tasca e il Guoro c'era ruggine vecchia e cosi si spiegano quelle parole: «Non so chi l'ha ucciso, ma chi l'ha ucciso ha fatto bene!». (U. Caimpenta, «Il Fornaretio di Venezia»)