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«Sapete quante volte Bartolo mio cugino m'à fatto sollecitare d'andar là a star con lui, che farei fortuna, com'à fatto lui...». (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

Comincio anche a credere che in commercio sia molto ma molto difficile di fare fortuna. (I. Svevo, «Una vita»)

Passarono gli anni. Io me n'ero andato per la mia strada. Mi sono stabilito in questa città, con la moglie e figli, e ho fatto, come si dice, fortuna. (G. A. Borgese, «Le belle»)

Abitava... in cima ad una casettaccia vecchia... in una cameretta così povera e così piccola, che io tutte le volte che ci andavo, con tutto che alla miseria ci avessi fatto il callo, mi sentivo stringere il cuore. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

Vedendo la mia faccia allarmata, «È più impressione che altro, sono tutti dei pivelli che alle botte ci devono fare il callo», commentò Antonio. (G. A. Cibotto, «La vaca mora»)

I parenti ci avevano fatto il callo anch'essi; avevano saputo che quella malattia durava anni ed anni, e s'erano acchetati. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

...quel poco che potevo fare l'avevo fatto e a quel punto non c'era che tirarci una croce sopra. (U. Simonetta, «Tirar mattina»)

Si, ci ho fatto la croce... benché il podere solo, sa, è stato pagato e in un modo che fa ridere. (L. Pirandello, «I vecchi e i giovani»)

«Ma adesso dovete tirare una croce sui dubbi, i patemi, le angosce». (G. Arpino, «Un delitto d'onore»)

Morire a vent'anni, per un errore,...quando il cervello si è già fatto luce nell'avvenire, è la cosa più disumana che possa riservare la vita. (L. Bergonzini, «Un fucile per Saba»)

Intanto i carabinieri hanno fatto luce sulla provenienza della pistola («Corriere della sera», 2 settembre 1966).

Per rispondere alla domanda: «chi m'ha aggredito e perché?» ci voleva ben altro che un paio di ceffoni a un teppista; bisognava spremere gambe e cervello e cercare di far luce in tutta la confusa e contorta vicenda che era cominciata con la morte di Rosaria Gullotta. Doveva buttarsi a corpo morto su tutte le piste, sperando di cavarne qualcosa.... (M. Felissatti-F. Pittorru, «La morte con le oli bianche»)

Davanti al portone, mi chiese se volevo far luce, o passeggiare ancora. (C. Pavese, «Feria d'agosto»)

Assisteva alla rappresentazione Giorgio Clemenceau, e l'orchestra lo salutò con la «Marsigliese», gli artisti con un inchino dalla ribalta. Gigli avrebbe fatto volentieri a meno di riverire il Tigre... ma egli è troppo cavaliere; Schialiapin per conto suo, ne fece a meno e non volle assolutamente comparire. (C. di Rensis, «Il cantore del popolo»)

Figlia. — Ma lasciamo la gente, della quale abbiamo fatto sempre a meno. (G. Deledda, «A sinistra», «Bozzetto drammatico»)

Di certi sentimenti, ne faccio a meno io. (E. Morante, «L'Isola di Arturo»)

Nelle baracche i romani ci stanno per forza, se proprio non possono fare a meno; ma gli zingari, mi sa che ci starebbero lo stesso anche se avessero a disposizione le case di Parioli. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

E noi due che parlavamo sempre per far bella figura davanti a lui!. (V. Sermonti, «La bambina Europa»)

Ma che muoia dopo che tu hai fatto la promessa e prima che tu sia costretto a mantenerla; in modo da farti fare, come si dice, bella figura con poca spesa.... (A. Moravia, «L'attenzione»)

Annetta ringraziò dopo averlo aiutato a completare la frase ed egli dovette riconoscere che era bene facile fare buona figura con persone che non hanno l'intenzione di farcela fare cattiva. (I. Svevo, «Una vita»)

— Lo sapevo che ti avrei rincontrato. Madame Jut mi ha fatto le carte, me lo ha detto. (U. Moretti, «Natale in casa d'appuntamento»)

Franca. —...ma intanto, mentre io sono assente, Raniero fa le sue carte e arriva al matrimonio. (E. Possenti, «Un altro amore»)

Fin dall'anno scorso ne avrebbe avuto diritto... il miglior collegio e gratuito, occorreva solo fare le carte. Non disse documenti, ma le carte, come una donnetta. (L. Bonanni, «L'imputata»)

Per fare il punto, prima dell'inizio delle trattative vere e proprie a Lisbona, possiamo rilevare che gli Alleati avevano già fatto conoscere al Governo italiano la condizione categorica della resa incondizionata. (E. Musco, «La verità sull'8 settembre 1943»)

Si preparava l'offensiva di aprile. Ogni tanto quelli dell'Office Strategie Service ci mandavano di là dalle linee, con dei piccioni viaggiatori Bisognava fare il punto delle postazioni nemiche. (E. Biagi, «Disonora il padre»)

E di fatto, come la buona Simona fu entrata in Firenze, non sapeva raccapezzarsi se sognava o se era desta, così nuovo miracolo gli pareva tutto ciò che vedea; e quella tanta frequenza di popolo... e piazze... e botteghe ricchissime di panni e di seta, le avevano proprio fatto un capo come un cestone. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

Costanza. — La frittata l'ho fatta, l'ho messa al caldo.

— Quanto a voi, restate pur qui, se volete, giacche avete fatto la frittata. Non posso lasciarvi in mezzo alla strada. (G. Verga, «Il marito di Elena»)

Sudavano, marcivano, diventavano tisici, appena uno capiva qualcosa il padrone lo faceva fuori in un lampo. (G. Arpino, «Storie di provincia»)

«Guarda se tutti quelli che sono stati fatti fuori, da che è finita la guerra, avevano qualcosa sulla coscienza o no?». (M. Cartasegna, «Un fiume per confine»)

Prezzolini, che nel 1921 dirigeva a Firenze «La Voce», era stato tra i primi editori di Malaparte... A un certo punto Malaparte disse: «Ti ricordi a Firenze quando... ti cercavano per farti fuori. Fui io che ti salvai quella volta». (F. Vegliani, «Malaparte»)

...ma ad uno che avesse avuto l'intenzione di farlo fuori, questo fatto non poteva sfuggire. (L. Sciascia, «Il giorno della civetta»)

Nitida e sorridente, ciascuna ignorava la propria tragedia: la piccola Claretta, il cui padre fu «fatto fuori» dai fascisti. (G. Marotta, «San Gennaro non dice mai no»)

Un attimo dopo... una bomba a mano scoppiò proprio sopra le nostre teste...

Le comari appena videro l'acchiappaporci... gli furono addosso con le rocche e volevano fargli la festa per tutti i porci e galline che aveva sulla coscienza. (G. Verga, «Don Licciù Papa»)

«Una volta che sei diventato bello grasso, Tocci ti fa la festa. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

Un altro po' facevano la festa a me pure!... (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Anche sulla sua verginità... si dubitava... vivendo nel grande albergo di Londra qualche merlo di passaggio in tempi remoti doveva averle fatto la festa. (A. Palazzeschi, «Romanzi straordinari»)

Molto più di quanto potesse ringalluzzirsi d'aver fatto la festa a una stupida ragazza di campagna. (M. Prisco, «Una spirale di nebbia»)

— Allora cosa mi raccontavi, prima? — fece il Principe. — Dicevi che quell'agnello era tuo fratello, e ora te lo vuoi mangiare?

Raccontava che questa Flora aveva uno che la manteneva... e le passava mezzo milione al mese; eppure lei, per una stupidaggine da nulla aveva «fatto marrone», per un capriccio aveva mandato tutto quanto a farsi benedire. (D. Buzzati, «Un amore»)

«Tu, hai vissuto tutta la vita come commesso di libreria, ti sei fatto in un certo modo, abituato a essere tu e il tuo datore di lavoro, o un altro commesso al massimo. Ci hai fatto le ossa a star solo». (L. Incoronato, «Inchiesta su Brandi e Andreini»)

Quell'uomo era una belva, una tale carogna, che qualcuno spero gli avrà già fatto la pelle. (A. Drago, «Il fidanzato»)

— Non abbia paura, non vi facciamo nulla... Se avessimo trovato suo marito, gli avremmo fatto la pelle; ma le donne, non le tocchiamo. (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

Giovanotto. — C'era qualcuno che le faceva la pelle? È questo qualcuno eri tu?. (A. De Benedetti, «Il libertino»)

Lorenzo. — Tanto è vero che ho deciso di chiamare un rivenditore e faccio piazza pulita. (M. De Filippo, «Bene mio e core mio»)

— Bisognava far piazza pulita, altro che collaborare. Io l'avrei fatto: via preti, via borghesi, via tutti. (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

E più volte... si sorprese a pensare che se tutto andava bene, la macchina infernale del Saverio e del Perro avrebbe presto fatto piazza pulita. (A. Moravia, «La mascherata»)

I soldati spensero le lampadine e chiusero lo sportello. Ma io avevo fatto in tempo a saltare. (R. Viganò, «L'Agnese va a morire»)

Il cane... la bevve tutta fino in fondo con una sola sorsata e stava per dire:

Dale non aveva fatto in tempo a staccarsi da questo importuno. (C. Alvaro, «L'uomo è forte»)

Mara replicò che ormai avevano preparato anche per lui; e Bube, dopo aver fatto un po' di complimenti, si lasciò convincere. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Se vuoi restare a cena, non fare complimenti. (G. Bassani, «Dietro la porta»)