dov'è+

Ma se crede che io debba perderle dietro l'anima stia dov'è che io sto dove sono. (G.Testori, «La padrona»)

Conosco la zona come le mie tasche. (G. Soavi, «Fantabulous»)

E pigliava a parlare della Svizzera, dov'era stato a lungo, e che diceva di conoscere come il fondo dei suoi calzoni. (N. Ginzburg, «Le voci della sera»)

Dottore, La supplico: usi proprio le mie frasi, noterà l'effetto. Io li conosco... come la mia pelle. (G. Marotta, «Mal di Galleria»)

«Tu, vecchio, lo sai bene», aveva anche pensato, perché di certo il vecchio era un contrabbandiere e conosceva la frontiera come il fornello della sua pipa. (I. Calvino, «I racconti»)

Dov'è essa cotesta via del mezzo? Chi l'ha a scoprire così appunto? Chi l'ha misurata? messa a corda? posta fra confini certi?. (G. Gozzi, «Opere scelte»)

Gli inizi di Ford sono campestri. Ed all'agricoltura, di continuo, egli rifa capo, nel concatenamento del suo sistema di produzione verticale. (E. Cecchi, «America amara»)

Le nostre città sono in centro antico di tutte le comunicazioni di una larga e popolosa provincia; vi fanno capo tutte le strade, vi fanno capo tutti i mercati del contado. (L. Cattaneo, «Dodici giornate»)

—...Sono famigliare di madonna la badessa.., la quale fa sempre capo a me per ogni suo bisogno. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

E si guastava quelle ore di libertà con un abbandono di ragazzo in vacanza facendo capo ogni tanto, dov'era la moglie. (B. Cicognani, «Villa Beatrice»)

Si ricordò di essere stato altre volte dal suo orologiaio, in Piazza dei Mercanti, per qualche incarico avuto dal signor Domenico: egli sapeva ora dove far capo. (G. Rovetta, «Mater dolorosa»)

«In questo momento mi faccio forza, ma poc' anzi... lo credereste? ho avuto paura dell'attaccapanni. (S. Farina, «Frutti proibiti»)

Spero di poter farmi forza e di poter vincermi. (O. Vergani, «Udienza a porte chiuse»)

— Ma figurati! — disse Gasparo quasi gaiamente... — Ieri, sull'uscio, mi prese un tale affanno e struggimento che dovevo farmi forza per non fuggirmene da dov'ero venuto. (R. Bacchelli, «Tre giorni di passione»)

Leone. — È uno scherzo, non è vero?.. Badate, Agnese, è un'ora che mi faccio forza... che mi freno.... (G. Rovetta, «Collera cieca!»)

Ah! son nato troppo tardi... Eh! quel benedett'uomo del signor padre... tutti i gusti son gusti... ma anche aspettare di essere arrivato alla fresca età di settant'anni per mettere un figliolo al mondo. (F. Martini, «Peccato e penitenza»)

«Ma dov'è?»

Bellagioia. — Bah, tutti i gusti son gusti. Queste vorrebbero esser prese per signore, e quella invece. (E. Possenti, «Risveglio»)

«Già, perché lei di dov'è? In che posto è nata? Nella bambagia? Non l'ha fatta anche lei la gavetta?». (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

Sono i grossi industriali che vengono per lo più dalla gavetta,...che fanno il bello e il brutto tempo secondo l'umore. (C. Cederna, «Signore & Signori»)

Fa come la lumaca che per tutto dov'ella va, là vi lascia lo strascico. (R. M. Bracci, «Dialoghi sopra la nuova edizione dei Canti carnascialeschi»)

«...Poi possono anche non passare le classi; ma se hanno in mano due o tre lingue, oggi come oggi, hanno l'avvenire assicurato». (C. Cederna, «Signore & Signori»)

L'operaio FIAT ha quindi veduto accrescersi il divario fra la propria retribuzione e i profitti del padrone, che è poi il divario fra le condizioni di vita della popolazione e le fortune del pugno di miliardari che ha in mano la città («L'Unità», 5 novembre 1961).

Sapevo di avere fra le mani la matassa di quello sporco affare, ma non riuscivo a venirne a capo. Dov'era, accidenti?. (S. Signoroni, «Testimonianza d'accusa»)

La polizia e l'ambasciatore francese fanno quanto possono per avermi in mano, onde scacciarmi lontano. (G. Manzini, «Opere»)

— So, per esempio, e benissimo, che non sei mai stato partigiano.

Era stata Giannina a disporci a capire. Era lei, la più piccola, che in certo modo ci teneva per mano. (G. Bassani, «Il giardino dei Finzi-Contini»)

— Questi due uomini si odiano, o per lo meno Federigo odia il conte San Vittore. Perché? Vattel'a pesca!. (F. Martini, «Peccato e penitenza»)

— E dai. Sei fidanzata con uno che nemmeno sta in Italia; che vattelapesca dov'è. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

«Dov'è quel pesce bollito di Tropia?». (G. Parise, «Il padrone»)

«Vien uno con un pane in tasca; so assai dov'è andato a prenderlo. Perché, a parlar come in punto di morte, posso dire di non avergli visto che un pane solo». (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

— Volete che ve lo dico, eh, canonico, come in punto di morte?. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Di me gli dirai che su per giù mi posso chiamar contento... quando penso come andò l'inverno dell'anno passato. (G. Giusti, «Epistolario»)

Bisognerebbe su per giù due settimane per menare a capo questa faccenda. (G. Carducci, «Opere»)

— E il Campo dei miracoli dov'è? — domandò Pinocchio.

E dov'è al mondo una città, che non sia Prato, dove... chi parla gonfiando i bargigli... chi predica a bocca larga... insomma chi canta senza far l'ovo, sia... trattato peggio di un pellaio?. (C. Malaparte, «Maledetti toscani»)