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Da' retta a tua madre che è la sola che ti vuol bene e che in tua assenza ha sofferto più della Madonna dei sette dolori, da' retta... nella vita è meglio subirne cento che farne una sola... non lo sai che chi di spada ferisce di spada perisce?. (A. Moravia, «Racconti romani»)

«...c'è il Pinin, il tuo accusatore, quello che ti ha mandato dentro». (G. Scerbanenco, «Il centodelitti»)

Tamburini. — Non ti hanno ancora messo dentro? Peppe. — Me? E perché?. (L. Squarzina, «L'esposizione universale»)

«Ma ne ha tanti, lui, di libri».

Sudavano, marcivano, diventavano tisici, appena uno capiva qualcosa il padrone lo faceva fuori in un lampo. (G. Arpino, «Storie di provincia»)

«Guarda se tutti quelli che sono stati fatti fuori, da che è finita la guerra, avevano qualcosa sulla coscienza o no?». (M. Cartasegna, «Un fiume per confine»)

Prezzolini, che nel 1921 dirigeva a Firenze «La Voce», era stato tra i primi editori di Malaparte... A un certo punto Malaparte disse: «Ti ricordi a Firenze quando... ti cercavano per farti fuori. Fui io che ti salvai quella volta». (F. Vegliani, «Malaparte»)

...ma ad uno che avesse avuto l'intenzione di farlo fuori, questo fatto non poteva sfuggire. (L. Sciascia, «Il giorno della civetta»)

Nitida e sorridente, ciascuna ignorava la propria tragedia: la piccola Claretta, il cui padre fu «fatto fuori» dai fascisti. (G. Marotta, «San Gennaro non dice mai no»)

Aldo (sorgendo dietro Franca, con ira). — Non gli dar retta. T'inganna.

— D'ora in poi lavori qui, rendi di più e ti ho sotto mano. Inutile mandarti in giro. Caso mai, se capita, andiamo insieme. Peccato, ti facevo più in gamba. (U. Moretti, «Natale in casa d'appuntamento»)

— Questo soprannome, — soggiunse con malumore, — me l'ha messo la mia moglie Dorotea, che gli si secchi la lingua impertinente. (R. Bacchelli, «Tre giorni di passione»)

— Ti si seccasse la lingua! — inveiva Pompona non potendone più e voltandosi appena. (A. Palazzeschi, «Pompona»)

— «...E io per gastigarti della tu' mattana mi finsi Magnano, perché tu provassi 'l morso del lupo». (G. Nerucci, «Sessanta novelle popolari montalesi»)

Fu il giorno di Santo Stefano che entrasti in ospedale; eri un «caso» interessante e i medici ti si buttarono addosso come mosche sullo zucchero.... (V. Pratolini, «Cronaca familiare»)

«Ho rinunciato a mandarti in giro, a farti parlare, a spingerti nel mare della vita». (M. Bontempelli, «L'amante fedele»)

— Adesso, ricominciamo il battibecco. Ma ti conosco, mascherina, e non ci casco. È la mia donna ed io solo so come debbo regolarmi con lei. (M. Puccini, «Ebrei»)

«Farò tutto quello che tu vorrai. Ho te solo, l'hai detto. Sarei sotto la neve se non ti avessi incontrato». (V. Pratolini, «Un eroe del nostro tempo»)

«Tu, mia cara», disse Maria Luisa... «hai un grandissimo difetto: quello di cacciare il naso in tutte te cose che non ti riguardano». (A. Moravia, «Le ambizioni sbagliate»)

«Ma appena mettono il naso qui a criticare, ti dico io, voglio levarmi la soddisfazione... Far lavorare la gente in queste condizioni...». (G. Arpino, «Altre storie»)

«E son fatti loro.»

«Non è vero... lo ha detto ai giornalisti per montare l'opinione pubblica contro di te. Fa bene, così la polizia ti cerca meglio». (G. Scerbanenco, «L'ostaggio»)

Lo vedi bene anche tu come mi son ridotta io... A voler bene a te, a te che non sei neanche bello, neanche sano, a te che mi darai pensieri, pensieri e basta. (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

«Te ne accorgerai anche tu, tra qualche anno, cosa significa vedersi piantare, e ricevere le pere in questo modo». (V. Pratolini, «Le ragazze di Sanfrediano»)

«Silvano, io non ti capisco... io ti prendo a pesci in faccia e tu invece di avercela con me, mi resti amico... ma che hai nelle vene? acqua fresca?». (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

— Be' aveva anche un po' il dente avvelenato con Tresso e compagnia. Tresso era stato suo compagno d'università, e più tardi l'aveva trattato a pesci in faccia per questioni di lavoro. E lui voleva prendersi la soddisfazione di mettergli il bastone nelle ruote. (C. Frutterò e F. Lucentini, «La donna della domenica»)

«Siete poco loquace!» gli disse per giunta Vannantò, alla fine della passeggiata. «Il diavolo che ti porti!» pensò il giudice. «Io parlo dalla mattina alla sera! Sei tu che fai cascare la parola di bocca». (V. Brancati, «Il vecchio con gli stivali»)

Per ripicca ambedue non ci facemmo vivi l'uno con l'altra, i giorni passarono, io ci soffrivo, certo ci soffriva anche lei, ma nessuno dei due, questa volta, volle fare il primo passo. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

— Finirà col venire a chiederti perdono d'aver dubitato di te. Se ti stima non deve sospettare; se ti ama deve far lui, come si dice, il primo passo. (U. Caimpenta, «Il Fornaretto di Venezia»)