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Anche in centro ci capitava di rado: ci andava qualche volta a sfogare, in una casa chiusa, piuttosto la disperazione dell'animo che la brama dei sensi. (C. Cassola, «Esiliati»)

Il dado era tratto definitivamente, ed aveva colpito nel segno; i primi passi facevano intravedere con sicurezza un cammino non comune. (R. de Rensis, «Il cantore del popolo»)

Ormai il dado era tratto e al Barrella sembrava di poter ormai realizzare il suo sogno. (S. Pagani, «Il teatro milanese»)

È del resto quello che a noi accade più d'una volta, e fummo costretti a metterci le gambe in ispalla, più che in fretta, inseguite dalle ingiurie e dalle sassate di un malcreato paesano. (G. da Verona, «La mia vita in un raggio di sole»)

Il ladro si è messo le gambe in spalla e si è dato alla fuga («Unità», 22 gennaio 1961).

Certo io soffrivo a sentirla dire in tutte lettere come si era lasciata avvicinare da un uomo che le piaceva, come si era lasciata baciare.... (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

E giacché me lo vuoi strappare di bocca, lascia che te lo dica in tutte lettere, Paolino: le corna, una volta che ce le abbiamo, non ce le leva più nessuno. (M. Puccini, «Scoperta del tempo»)

...le dispiace che me ne vada, anche se non me l'ha mai detto a tutte lettere. (U. Simonetta, «Tirar mattina»)

—...Tu sai che te e la scienza tua conosco ed apprezzo, e non vi ha mestiere d'altre prove o attestazioni. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

— Frate Marco, ho mestieri del vostro ajuto. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

Una lingua non avrà più mestieri di accrescimento allora solo quando o essa o il mondo sarà finito. (G. Leopardi, «Pensieri»)

E poi io devo pensare a preparare un pranzo e una cena che siano mangiabili, se no ne va di mezzo il nostro onore di padroni di casa. (M. Sereni, «I giorni della nostra vita»)

Non vorrei che ne andasse in mezzo la vostra salute, voi avete bisogno di moto. (G. Piovene, «La gazzetta nera»)

Capiva che ne poteva andare di mezzo la testa. (L. Preti, «Giovinezza, giovinezza»)

«M'accorsi di avere un buco in testa... e mi portarono all'ospedale. Mia preoccupazione era che ci andasse in mezzo il cervello». (E. Petri, «Roma ore 11»)

In casa ci stava anche meno che in passato, perché cinque ragazzi, quanti erano adesso, gli facevano venire il mal di capo. (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

...e poi le mani in pasta da per tutto. Non si mura un sasso che non ci abbia il suo guadagno, lui. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Pareva che avesse le mani in pasta per il coprimento dei muri... con tonnellate di manifesti residuati di guerra, quelli con «V» di Churchill.... (D. Paolella, «Le notti del cinema»)

...E non senza grande stento, essa e le sue donne la portarono quasi di peso su per la scaletta e l'allogarono in una cameruccia fuor di mano. (M. d'Azeglio, «Ettore Fieramosca»)

L'impiegato. —...Sarebbe un'eccellente idea se il primo giudice Croz non fosse moribondo, da molti mesi. Egli non viene più in ufficio. Capita soltanto in casi eccezionalissimi, quasi bisogna portarlo in peso. (U. Betti, «Corruzione al Palazzo di Giustizia»)

Nanni. — Quand'è così, vi piglio in parola! E maledetto che si pente, gna Pina!. (G. Verga, «La Lupa»)

Patrizia. — Non dovete prendermi sempre in parola. In fondo ci sono abituata. (M. Antonioni, «L'avventura»)

— Prima aveva avuto a pensionante un ragioniere che però ella scopri portare in casa le donzelle. Gli diede lo sfratto in quattro e quattr'otto. (D. Paolella, «Le notti del cinema»)

Molti problemi che apparivano insoluti a principe vernano risolti in quattro e quattr'otto da don Calogero. (G. Tornasi di Lampedusa, «Il Gattopardo»)

— Non ho mai avuto bisogno di riconoscere a sotterfugi. Se qualcuno mi piace, gliene dico chiaro e tondo. Se qualcuno non mi piace, lo capisce in quattro e qi: alt rotto. (F. Giovannino «La babelle»)

...Ma io... non so come fare perché l'esercito non ho eh! me lo comandi. Un buon generale, in quattro e quattr'otto, dove me lo trovo?. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)

...tutti... cavalieri partirono anche loro all'assalto,...s'azzuffarono col nemico e lo sterminarono in quattro e tre sette. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)