pulcella

Affari, denari sono per lei cose del mondo della luna.... (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

...e come mai una tale felicità in noi, ci chiediamo, per la prospettiva d'un gelato, in noi che siamo così adulti nei nostri vertiginosi pensieri, così stranamente perduti in un mondo di ombre?. (N. Ginzburg, «Le piccole virtù»)

Gerolimino corse persino dal suo deputato a dire che era una vergogna tenere un prefetto che aveva servito l'Austria, che non sapeva parlare italiano, che l'aveva a morte coi patriotti. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Come hanno potuto dire che ce l'avevo a morte con la buon'anima di compare Rocco?». (L. Capuana, «Il marchese di Roccaverdina»)

Si misero a stuzzicarlo con domande sciocche e grossolane, con ceremonie canzonatorie. Renzo ora dava segno d'averselo per male, ora prendeva la cosa in ischerzo.... (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

— Sai perché mi fa tanto piacere che sia venuta la primavera?

Geppetto, vedendosi guardare da quei due occhi di legno, se n'ebbe quasi per male. (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

Tutti si voltarono a guardarlo mentre si allontanava; ma Filippo era troppo ubriaco per aversene a male. (A. Moravia, «La ciociara»)

Ormai scendevano insieme a bere e Zvàn invitava l'uomo a venirlo a trovare a casa.

Accettava con rassegnazione, non se ne pigliava a male e perciò continuava a vivere. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Non se la prenda a male, signorina!» si lamentava il poveretto.. (A. Drago, «Il fidanzato»)

Sua Altezza possiede ancora la più grossa collezione di perle e smeraldi del mondo... Forse se l'è presa a male per quel che è successo. Prima Jaipur era sua. (O. Fallaci, «Il sesso inutile»)

Aveva indicato Berenice per prima, senza far motto. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Subito si misero all'opera: e si fece man bassa sui porcellini di Fulgenzio. (I. Nievo, «Confessioni di un italiano»)

Carmaux intanto aveva frugata tutta la casa ed aveva fatto man bassa sulla dispensa. (E. Salgari, «Il corsaro nero»)

Serafino era il consigliere delegato di una di quelle squadracce di bastardi che andavano per i campi a far man bassa, e pur troppo anche nell'orto e nella vigna dell'arciprete. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Era il momento nostro... di fare man bassa sulle borse delle patronesse rimaste sulle sedie. (G. Parise, «Il prete bello»)

Sbaglierò, ma credo che episodi di renitenza più o meno aperta all'attacco, simili a quello da me toccato con mano, si siano verificati in gran numero sul fronte greco nel marzo e aprile 1942. (E. Corradi, «La ritirata di Russia»)

Questi sarebbero stati peccatucci veniali, ma pur troppo don Sperindio ebbe a toccare con mano che Serafino, ancor ché giovanetto peccava pur di malizia. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Di che cosa?» diceva colui: «una mano lava l'altra, e tutt'e due lavano il viso. Non siamo obbligati a far servizio al prossimo?». (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

La Fanì si doleva un po' di questo sperpero.

...Abbiamo la bocca per mangiare tutti quanti... Viva! Viva! Tutti fratelli!.. Una mano lava l'altra!. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

— Terra nera fa buon grano. Anch'io ero nero una volta. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

La testa non c'è più. C'è il corpo, nudo di madre, bianco, liscio sopra il velluto nero del letto. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Ma i soldati fumo più giusti di quel barbaro padre: nun se le volsano imbrattare le mane con il sangue della ragazza e la lassorno... nel bosco doppo averla spogliata 'gnuda come Dio la fece, e al Re gli presentorno i su' panni.... (G. Nerucci, «Sessanta novelle popolari montalesi»)

Era ignuda come l'aveva fatta sua madre e il giovane le mise addosso il suo cappotto. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)

Ma appena giù per le scale, si sentiva venir dalla via un brivido di tramontana che faceva accapponare la pelle. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

...E aveva una moglie dolce e rassegnata come un pesciolino a lesso. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Non era tanto l'impazienza di comandare, di metter lui le cose a posto — questo Filippo non lo sapeva ancora — quanto un'ansietà, una pena vera.... (B. Tecchi, «Gli onesti»)

«Eh no, proprio scene, no... Sai, se me ne facesse, con poche parole lo metterei a posto». (A. Fogazzaro, «Daniele Cortis»)

«Vigliacca aristocrazia!» esclamò Serafino, e... aggiunse: «Ti metteremo a posto noi!». (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Gli ho chiesto di mettermi a posto almeno la figlia. (E. Petri, «Roma Ore 11»)

I topi mangiavano quelle pillole, poi bevevano; il gesso faceva presa ed essi rimanevano murati. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

— È uomo di estrema furberia; per ciò su lui fa presa soltanto la schiettezza. (V. Brocchi, «I tempi del grande amore»)

«Fu il duetto più importante e più lungo fra tutti, capace di far presa sul pubblico in maniera spaventosa...». (C. Cederna, «Signore & Signori»)

E quando passava il brigadiere dei carabinieri coi due militi mormoravano: «Vagabondi. Mangia pane a tradimento». (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Non guardar troppo Berenice» disse il professor Barilai ridendo «che lui è capace di mandarti i padrini». (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Serafino li redarguiva dicendo: «Non ho mica mangiato pasta e fagiuoli con te!». (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Salute e scarpe lustre» si dice al paese di Serafino, per motto di indifferenza. Ed egli così ripeteva, ma non aveva pace. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

— Ho un durone al piede che mi fa veder le stelle. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Appena giunto sotto la vite, crac... sentì stringersi le gambe da due ferri taglienti, che gli fecero vedere quante stelle c'erano in cielo. (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

I tre fratelli vivevano... a un trar di schioppo (come allora si diceva per significare la distanza) fuor della Faggiola. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Pare che tu ti diverta a farmi sfigurare» disse con mal animo Serafino al professor Barilai. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)