li+avevo

Don Lorenzo Giulente, rimastogli amico, ebbe un bel difenderlo, smentire le esagerazioni, gli animi amareggiati dal disinganno chiedevano un capro espiatorio. (F.De Roberto, «La messa di nozze»)

D'altronde aveva un bel fare a sforzarsi a credere che il modo come la Velia aveva presentate le cose era la pura verità: bisognava non aver conosciuto, come lui, le donne, per non capire che quello era un racconto, per così dire, spurgato, «ad usum delphini...». (B.Cicognant, «La Velia»)

Passai una notte scellerata. Avevo un bel dirmi che nulla era vero di quanto veniva accagionato a Cecco, ch'egli era incapace di tanta iniquità. (V.Bersezio, «Racconti popolari»)

— Storie, sì! Hanno un bel dire che son storie. (G.Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

— Ma il marchese Giuseppe ha ragione... io avevo l'obbligo sacrosanto di strappargli la benda di non permettere ch'egli fosse lo zimbello della gente. (E.Castelnuovo, «L'onorevole Paolo Leonforte»)

Folletto. — Che nuove? che il sole si è levato o caricato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o ha tirato vento? Perché, mancati gli uomini, la fortuna si è cavata via la benda... e se ne sta colle braccia in croce a sedere. (G.Leopardi, «Operette morali»)

— Sei scoraggiato della pittura?

— Ti sei anche messo a spiarmi? Di bene in meglio. Che cosa ài veduto?. (B.Cicognani, «La Velia»)

Inghilterra. —...consiglio che ognuno dei nostri paesi offra, singolarmente, la cittadinanza onoraria al professor Mobel.

Sotto la giacca ci avevo una maglia rossa accollata che mi stava bene. (A. Moravia, «La noia»)

Le due ragazze avevano preparato un magnifico letto coi lenzuoli che sentivano di lavanda, col famoso piumino messo insieme a pezzi e bocconi dalla signora Caterina, durante l'ultima sua malattia, coi frastagli del suo vestito di sposa. (E. De Marchi, «Col fuoco non si scherza»)

...ma come ho detto di Lisa non mi parlava mai; queste storie le avevo sapute a pezzi e bocconi da certe conversazioni e allusioni davanti la famiglia riunita. (P. Monelli, «Morte del diplomatico»)

Pian piano l'equivoco si chiari. A pezzi e bocconi, rubandosi l'un l'altro la parola, Massimo e Livia raccontarono al commissario tutto quanto. (G. Rodari, «W la Saponia!»)

Libò, a pezzi e bocconi, aveva appreso la storia di Cosimo in un orecchio, il carabiniere non voleva che ne parlasse. (D. Paolella, «Le italiane furiose»)

Subito s'infiammò ma scioccamente, da sciocco qual'era, e cominciò a fare i castelli in aria: diventiamo ricchi, mi compro la moto, apriamo insieme un bar e così via.. (A. Moravia, «Racconti romani»)

A volte le mie speranze s'innalzavano e costruivo castelli in aria pensando al nuovo lavoro che avevo in prospettiva e alla libertà. (C. de la Mora, «Una donna di Madrid»)

Egli è un uomo d'età e in Fonderia lo chiamano il Poeta. Ora Maciste si è sorpreso a fare i castelli con le carte. (V. Pratolini, «Cronache di poveri amanti»)

«Pensi, io avevo calcolato di prendermi un po' di vacanze e invece resterò al chiodo non soltanto tutto luglio, ma anche per ferragosto». (G. Montesanto, «La cupola»)

Amoretti, essendo corso, ha la coda di paglia come tutti i corsi. (P. Monelli, «Morte del diplomatico»)

«Una volta avevo un codone di paglia che se me lo pestavano a Brindisi, sentivo male a Milano tanto ero permaloso». (C. Cederna, «Signore & Signori»)

E non so il suo nome, né a che ordine appartiene (mi basterebbe domandarlo alla portinaia, lo sa di certo: ed ecco la vergogna, la vigliaccheria, la coda di paglia: non oserò mai domandare una cosa simile alla mia portinaia). (G. Arpino, «La suora giovane»)

A Porta Romana non c'erano carrozze e decidemmo di prendere un taxi. La nonna si rifiutò. «Dove volete andare? Da «Oreste»? Siete pazzi, ci prenderanno per il collo!». (V. Pratolini, «Cronaca familiare»)

Gli obblighi quotidiani, un lavoro vero, ancora non lo aveva preso per il collo. (G. Soavi, «Fantabulous»)

Onestamente, non lo hanno preso pel collo, non lo hanno imbrogliato. Imbrogliare Alinei Isidro, poi, ce ne vuole. (L. Compagnone, «L'amara scienza»)

Il dottore. — Già, avevo anch'io un biglietto, ma poi — al solito — non ho avuto tempo d'andare (un profondo sospiro). Sono preso, come si dice, per il collo. (G. Rovetta, «L'Idolo»)

...e poi, facendomi coraggio... le avevo fissato un appuntamento per giovedì che era il giorno in cui la padrona le dava il cambio alla cassa del bar. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

...il grosso dei tedeschi s'era meglio sistemato in un grande convento di frati, già in paese, e per il servizio alle batterie andavano a darsi il cambio sera e mattino. (L. Davì, «I prigionieri russi»)

Risposi che non ne avevo mai parlato perché, almeno fino a quel giorno, non mi era mai riuscito di scrivere, qualche cosa di cui mettesse conto di parlare. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Ho preso una cotta, sono imbastito non vado più avanti, non ne posso più, detto da chi va in bicicletta. (A. Menarini, «Il cinema nella lingua. La lingua nel cinema»)

— Di modo che — conclusi io con un sorriso — tu ci prendesti una cotta maledetta.

Per questo ragazzo, il padre e zia Sofia hanno preso proprio una cotta. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

...quel poco che potevo fare l'avevo fatto e a quel punto non c'era che tirarci una croce sopra. (U. Simonetta, «Tirar mattina»)

Si, ci ho fatto la croce... benché il podere solo, sa, è stato pagato e in un modo che fa ridere. (L. Pirandello, «I vecchi e i giovani»)

«Ma adesso dovete tirare una croce sui dubbi, i patemi, le angosce». (G. Arpino, «Un delitto d'onore»)

Geppetto che, sebbene facesse il viso di tiranno, aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione di vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole. (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

...invece avevo il cuore gonfio e gli avrei gettato volentieri le braccia al collo. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Mi dispiaceva e mi piangeva il cuore di lasciare quella casa in cui avevo passati gli ultimi vent'anni. (A. Moravia, «La ciociara»)

Me ne piange il cuore, ma non ci posso far nulla. (E. Calandra, «La bufera»)

Doveva esserci stata con Annetta qualche forte disputa, dopo la quale la più debole doveva abbandonare il campo. (I. Svevo, «Una vita»)

A poco a poco, l'adorazione cedette campo all'usura delle mie pretese; come un buon seminatore io avevo calcolato sopra i prossimi raccolti. (G. Brunati, «L'Oriente veneziano»)

Con lui mi potevo fidare perché era della mia stessa razza: era bottegaio come me, avendo un negozio di alimentari a Fondi, e adesso faceva la borsa nera esattamente come l'avevo fatto io e, insomma, come si dice, cane non morde cane. (A. Moravia, «La ciociara»)

Signora Mobel. — Siete pieni di problemi.

...poi la vita mi riprese pei capelli e non m'ha lasciato mai più. Avevo scelto una villetta, grande come un dado, in una campagna fuori moda. (G. A. Borgese, «Le belle»)

E sì che avevo sempre il capo nelle nuvole!. (I. Nievo, «Confessioni di un italiano»)