isola

M'imbarcai e presi il largo. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)

...Il motoscafo, con una larga virata descrisse un'ellisse schiumosa, poi prese il largo. (L. Preti, «Giovinezza, giovinezza»)

— Tu incaricati dei due di sinistra ed io dei tre di destra, — disse il Corsaro, — e tu, Moko, non occuparti di noi e prendi il largo. (E. Salgari, «Il corsaro nero»)

Basta! che diavolo aspetto, a prendere il largo?... (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Rienz. —Volete un'altra prova?.. Schiacciante? Prima di parlare con voi, volevo parlare col Cézky..". a quattr'occhi, io e lui... A villa Lamberta non c'è più. Il letto intatto. Fatto il colpo ha preso il largo. (G. Rovetta, «Romanticismo»)

Naturalmente me ne aveva parlato sotto voce, perché pare che lui la sappia lunga sul conto di questo mio vecchio collega d'ufficio. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Ma io la sapevo lunga, sul conto suo, e riconoscevo subito la marca di fabbrica di tutte quelle vanterie. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Mario assunse l'aria di chi la sa lunga. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Lelio. — Io credo che avesse perduto la parola, perché non voleva parlare. Oh, queste donne la sanno lunga. (C. Goldoni, «La finta ammalata»)

— Ora vedo che la sai più lunga di me. Tu sei la moglie che mi ci vuole. Io ti piglio, ma a un patto: che non ti devi in nessun caso impicciare dei fatti miei. Accettato?. (A. Baldini, «La strada delle meraviglie»)

Dolcemascolo, che la sapeva lunga, s'era vestito da domenica, e bello raso... appariva più del solito, prosperoso e signorile, con un certo viso latte e sangue, ch'era una bellezza a vedere. (L. Pirandello, «Novelle per un anno»)

Ma don Fabrizio e Tancredi la sapevano più lunga: conoscevano don Calogero, conoscevano la Bella Bestia di sua moglie, l'incredibile trascuratezza della casa di quel riccone. (G. Tomasi di Lampedusa, «Il Gattopardo»)

Mi pareva già di conoscerla a memoria. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Assisteva alla rappresentazione Giorgio Clemenceau, e l'orchestra lo salutò con la «Marsigliese», gli artisti con un inchino dalla ribalta. Gigli avrebbe fatto volentieri a meno di riverire il Tigre... ma egli è troppo cavaliere; Schialiapin per conto suo, ne fece a meno e non volle assolutamente comparire. (C. di Rensis, «Il cantore del popolo»)

Figlia. — Ma lasciamo la gente, della quale abbiamo fatto sempre a meno. (G. Deledda, «A sinistra», «Bozzetto drammatico»)

Di certi sentimenti, ne faccio a meno io. (E. Morante, «L'Isola di Arturo»)

Nelle baracche i romani ci stanno per forza, se proprio non possono fare a meno; ma gli zingari, mi sa che ci starebbero lo stesso anche se avessero a disposizione le case di Parioli. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

Mio padre invece non era marinaio; lui faceva il mestiere di Michelaccio, e se si comportava a quel modo con la sposina, era perché non aveva... nessuna coscienza, ecc., ecc.. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

— Oh s'intende che chi vuol far soltanto la vita di Michelaccio non ha diritto di lagnarsi se il paese lo lascia da parte.... (E. Castelnuovo, «L'onorevole Paolo Leonforte»)

Lui ricco, lui giovine, lui rispettato, lui corteggiato... Potrebbe far l'arte di Michellaccio; no, signore, vuol fare il mestiere di molestar le femmine. (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

— E così rieccoci a far l'arte, sì, ma quella di michelaccio: mangiare, bere e andare a spasso; peccato che per il mangiare ci sia da star poco allegri! — sospirò Betto, dandosi una stretta alla cintura. (G. Baldrini, «Betto l'ardimentoso»)

Beccuccio rimase male e cominciò a far parole, e dovetti tirarlo via anche lui. (C. Pavese, «Tra donne sole»)

Dico la verità, ci rimasi male: avere per moglie una donna d'oro come Massimina, essere sposato da appena un mese e già dare gli appuntamenti alle ragazze, di notte. (A. Moravia, «Nuovi racconti romani»)

Vedendoci, lo notai subito, ci rimase male. (A. Moravia, «La ciociara»)

Io ci rimasi male perché fin allora Rosetta non aveva mai lamentato e anzi il suo contegno tranquillo più di una volta mi aveva dato coraggio. (A. Moravia, «La ciociara»)

Così dicendo, e senza levarsi dalla sua posa indolente, mi allungò uno sguardo pigro e impassibile, ma carico di sottintesa malizia: — Ci sei restato male, eh?. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Nell'insieme, i principati tedeschi apparivano più grossi e compatti man mano che si moveva da ovest verso est. (L. Salvatorelli, «Profilo della storia d'Europa»)

Lui non poteva fuggire come gli altri; a mano a mano che l'assistente si avvicinava sentiva in sé crescere la paura ma non si muoveva. (L. Bigiaretti, «L'isola nera»)

Di mano in mano che s'avvicinavano l'ombra cresceva su loro. (M. Bontempelli, «I pellegrini»)

Stettero lì, muti, per un pezzo, rivolgendo ogni tanto lo sguardo verso Alberto.... (L. Bigiaretti, «L'isola nera»)

E invece, io ti conosco proprio bene assai, ti conosco sulla palma della mia mano!. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

«Sai come lo conosco questo enere di donne? come la palma della mia mano». (V. Brancati, «Il bell'Antonio»)

— Beh, perché te la pigli con me adesso? Scusa, ma non era mica di te, che ridevo. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Mara. — Vorrei vedervi voi, se parlassero così di vostra madre!..

L'isola era caduta in mani degli inglesi, e la miseria, malgrado lo stipendio del capitano Napoleone Bonaparte, batteva alla porta della signora Letizia. (N. Salvaneschi, «Un violino, 23 donne e il diavolo»)

— E le trecentomila lire di Beppino le amministra il padre anche quelle?

Egli aveva sulla punta delle dita tutto l'almanacco delle famiglie nobili dell'isola. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Ludovico. — Io ti dico ogni mio segreto, io ti metto a parte di tutto che mi riguarda, io ti mostro ogni piega dell'animo mio, e tu, invece, sei così poco espansivo con me. (R. Bracco, «Tragedie dell'anima»)

«...ma non troveresti qualche altra persona più influente di me?»

Dopo due ore di strada Zvan aveva già fatto amicizia e aveva messo a parte il conducente della storia di tutta la famiglia. (S. Magi Bonfanti, «Speranza»)

Ora, evidentemente il Carcerato doveva essere stato messo a parte, da mio padre, di tale alfabeto misterioso, ch'io credevo proprietà di noi due soltanto: mia e di Wilhelm Gerace. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

— E adesso, preparati a pagarmele tutte. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Ero stanco di quella giornata inquieta, e avevo un gran sonno. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

L'Agnese non aveva più sonno, e restò con loro. (R. Viganò, «L'Agnese va a morire»)

— Arturo, — soggiunse quindi, fieramente, — è rimasto... senza di me mille volte, e non ha mai fatto storie a vedermi partire. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

«Va bene, non siamo agenti... ma tu scuci i quattrini lo stesso e non far storie». (A. Moravia, «Racconti romani»)

Poteva infatti capitare... che, magari, nel suo furore, andasse a fare scempio dei miei scritti, delle mie poesie!. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

— Lui, — concluse alteramente, — viaggia perché è fantastico! è per levarsi gli sfilzi suoi!. (E. Morante, «L'Isola di Arturo»)

Si mira forse al colpo di Stato? Battete il tacco all'istante. (U. Betti, «L'isola meravigliosa»)