ci+credo

...ma io credo che pensava anche alla brutta figura che di solito magari a torto un chirurgo fa quando il paziente gli muore sotto i ferri come si dice. (G. Berto, «Il male oscuro»)

Lui è quel tipo bruno, alto, che stava sempre con me a Montalbano l'anno scorso. Studia medicina. Ma non credo che si faccia vedere in giro per un pezzo. (E. Vittorini, «Il garofano rosso»)

Credo intanto che siano cadute le illusioni di quanti potevano pensare che una svolta politica del Paese potesse ridursi a un graduale e tranquillo iter... senza una partecipazione dei cittadini di ogni parte politica («L'Unità», 3 maggio 1977).

«Attento, non gridare così forte» disse il Perro che di tutto questo non capiva nulla se non che il Saverio prendeva lucciole per lanterne.... (A. Moravia, «La mascherata»)

— Ma è impossibile... Non ci credo, neppure se tocco con mano! Fandonie! Hanno preso lucciole per lanterne e le vogliono far vedere anche a me!. (T. Lori, «Bufere sull'Arno»)

...A volte, in verità, mi darei magari dell'imbecille... m'impappino, pigilo lucciole per lanterne. (R. Fucini, «La giacchetta rivoltata»)

...gli indiani... intendono protestare perché vengano finalmente rispettati i loro diritti.. rimasti sempre lettera morta («Giorni», 30 dicembre 1973).

— Per esempio, essa va tutte le mattine alle Cascine. La raggiunga lì, la troverà quasi di sicuro: penserò io ad avvisarla. Ma niente sciocchezze, badi bene: è lettera morta, ha capito?. (T. Lori, «Bufere sull'Arno»)

La signora Camuffo era totalmente sorda. Dire una cosa a lei era come dirla alla tavola o alla credenza. Apparecchi d'ogni genere, le più strabilianti trovate della scienza che hanno richiesto anni di studio e notti di veglia, presso il suo orecchio eran rimaste lettera morta. (A. Palazzeschi, «Musica proibita»)

Credo utile aggiungere che circa 2 mesi or sono presentai al Commissariato di S. Ferdinando un esposto che è rimasto lettera morta («L'Unità», 8 agosto 1962).

Naturalmente me ne aveva parlato sotto voce, perché pare che lui la sappia lunga sul conto di questo mio vecchio collega d'ufficio. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Ma io la sapevo lunga, sul conto suo, e riconoscevo subito la marca di fabbrica di tutte quelle vanterie. (E. Morante, «L'isola di Arturo»)

Mario assunse l'aria di chi la sa lunga. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Lelio. — Io credo che avesse perduto la parola, perché non voleva parlare. Oh, queste donne la sanno lunga. (C. Goldoni, «La finta ammalata»)

— Ora vedo che la sai più lunga di me. Tu sei la moglie che mi ci vuole. Io ti piglio, ma a un patto: che non ti devi in nessun caso impicciare dei fatti miei. Accettato?. (A. Baldini, «La strada delle meraviglie»)

Dolcemascolo, che la sapeva lunga, s'era vestito da domenica, e bello raso... appariva più del solito, prosperoso e signorile, con un certo viso latte e sangue, ch'era una bellezza a vedere. (L. Pirandello, «Novelle per un anno»)

Ma don Fabrizio e Tancredi la sapevano più lunga: conoscevano don Calogero, conoscevano la Bella Bestia di sua moglie, l'incredibile trascuratezza della casa di quel riccone. (G. Tomasi di Lampedusa, «Il Gattopardo»)

Mi pare ancor di vederlo: sempre immerso nelle sue elucubrazioni, sempre nel mondo della luna. (E. Calandra, «La bufera»)

La signora Letizia. — Io credo che Emma, sotto certi rapporti, sia ancora... nel mondo della luna. Non so se mi spiego. (G. Rovetta, «L'Idolo»)

La marchesa (quasi in collera). — Allora diremo, cara mia, che hai vissuto sinora nel mondo della luna... di miele!. (G. Rovetta, «L'Idolo»)

Quel giorno arrivò alla chiesa più morto che vivo. (G. Parise, «Amore e fervore»)

Stetti io credo più di due ore in quel luogo. Finalmente più morto che vivo feci ritorno all'osteria. (C. Arrighi, «Un cospiratore mancato»)

«...io sono buona con tutti, a tutti trovo della qualità, non farei male a una mosca». (A. Moravia, «Gli indifferenti»)

Nessuno aveva mai fatto male a me, e io credo non aver mai fatto male ad una mosca. (V. Bersezio, «Racconti popolari»)

«Signor giudice, per carità, io non farei male a 'na mosca, ma le pare, magari sarò un poco di buono, con qualche vizio, mica voglio dire di essere un immacolato, un santo, cose da uomini, ma del male a qualcuno...». (M. Felisatti-F. Pittoru, «La morte con le ali bianche»)

— Ecco! gli assassini trovano chi li soccorre, e un pover uomo che se ne sta pe' fatti suoi, e non fa male nemmeno al pane, trova i matti che gli mandano a sacco la casa. (M. d'Azeglio, «Ettore Fieramosca»)

— Ed io, intanto, ti faccio scrivere una lista di invitati... Si può essere di manica larga. (A. Palazzeschi, «I fratelli Cuccoli»)

Io sono di manica larga e credo che si possa essere innamorati di due donne nel medesimo tempo. (F. Martini, «La marchesa»)

Si valse di un prete, per verità di manica assai larga a cui piaceva bere. (B. Tecchi, «Gli onesti»)

— E lo credo! Hanno le mani legate!.. I carabinieri, la Questura, perfino la Finanza gli mette i bastoni nelle ruote, gli fa la forca. (C. Fruttero e F. Lucentini, «La donna della domenica»)

Sbaglierò, ma credo che episodi di renitenza più o meno aperta all'attacco, simili a quello da me toccato con mano, si siano verificati in gran numero sul fronte greco nel marzo e aprile 1942. (E. Corradi, «La ritirata di Russia»)

Questi sarebbero stati peccatucci veniali, ma pur troppo don Sperindio ebbe a toccare con mano che Serafino, ancor ché giovanetto peccava pur di malizia. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«È un mio paesano, di Riolo. Ricordi, quello che sosteneva che anche i preti e i frati si mettono il «nome di battaglia». (L. Bergonzini, «Un fucile per Saba»)

Credo che l'unica cosa che non si conoscesse di noi fosse il nome vero, poiché ognuno aveva assunto un «nome di battaglia». (M. Zappi, «Il primo gruppo di cortecchio»)

Gusmano. — Un'altra delle vostre... Me ne accorgo. Val più il mio occhio che tutti i vostri studi... C'è odor di frittata qua dentro. (S. Benelli, «Tignola»)

«Ti ha riconosciuta?»

«Credo di capirvi. Vuol dire che comunque Gino avrebbe fatto il passo più lungo della gamba e in qualsiasi caso sarebbe su un piano d'immoralità. Ma questo a parte, caro mio, chi non osa non dosa». (V. Pratolini, «Il quartiere»)

Plotino. — Già sono più giorni che io ti veggo tristo e pensieroso molto: hai una certa guardatura, e lasci andare certe parole: in fine, senza altri preambuli e senza aggiramenti, io credo che tu abbi in capo una mala intenzione. (G. Leopardi, «Operette morali»)

Raffaele. — Capisco. E questo?

La madre incredula scosse la testa: «E via» disse con un sorriso penetrante, «via... cosa avrà mai detto di così indecente?.. Le solite sciocchezze che dicono i giovani alle signorine... Piuttosto, Carla, io credo che tu abbia un partito preso contro di lui». (A. Moravia, «Gli indifferenti»)

Doroteo. — Via, via, credo che volete togliermi i passerini fuori dalle mani. Non vi dirò nulla. È un segreto. Arnvederci. (A. Moravia, «La mascherata»)