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Crespino. — Maledetto ventaglio!.. Qualche cosa farò, io non voglio che mi mettano in qualche imbarazzo. Ho senfito dire che in certi occasioni gli stracci vanno all'aria. (C.Goldoni, «Il ventaglio»)

«I cenci vanno all'aria, signora mia, e chi ha fatto il danno invece la passa liscia». (G.Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Prima fece un discorsetto sul tema che gli stracci vanno sempre all'aria; poi promise di provvedere a farli stare un po' meglio e a dar lavoro. (R.Bocchelli, «La città degli amanti»)

...Il vecchio intorbida le acque, fa in modo che siano parecchi a ciarlare, suscita l'impressione che qualcuno abbia mancato di rispetto a Milano, e prima che l'equivoco sia schiarito è già lontano un miglio. (G. Marotta, «Mal di galleria»)

Calcolato o casuale che fosse, l'accenno del ministro Scalfaro al progetto di introduzione del latino come materia obbligatoria nella scuola media è già riuscito a inacidire le acque sempre agitate dal dibattito sui problemi scolastici («Paese sera», 8 agosto 1972).

La madre di don Pietrine e le sue due fedeli cameriere ogni tanto tiravano fuori quegli oggetti, li spolveravano ben bene e poi li rimettevano negli stessi posti. (E.Patti.«Le donne e altri racconti»)

Colombina. — Fate bene, se volete ch'io taccia, a turarmi la bocca col matrimonio. (C. Goldoni, «I due gemelli veneziani»)

Isabella. —...Non mi avrai chiamata qui... ancora con la febbre, per turarmi la bocca... bell'accoglienza.... (D. Fabbri, «La bugiarda»)

Quindi Gabrio ripetè, come a scarico di coscienza: — Sai... è per sabato... alle nove.... (E. Castelnuovo, «I Moncalvo»)

Ora quel natural corso del linguaggio parlato mise capo appunto ai linguaggi neolatini. (A. Schiaffini, «Problemi del lessico italiano»)

Aveva certo qualche acerrimo nemico... tutti i suoi discorsi mettevano capo a quello. (G. Giacosa, «Una strana guida»)

...poi il ministro Guariglia disse che ogni discussione era ormai inutile, che non era possibile insistere nella richiesta di proroga, che non restava che andare fino in fondo e mantenere la parola data. (E. Musco, «La verità sull'8 settembre 1943»)

Io preferisco la rovina, sì, capisci? la rovina... a tutte queste cose preferisco andare fino in fondo. (A. Moravia, «Gli indifferenti»)

Poi, come se obbedisse a un piano prestabilito e tirando fuori una scusa stupida e senza senso, il padre s'era alzato e copertosi bene, era uscito. (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

Ne ho già tirati fuori anche troppi per Ninetto.... (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

L'avete visto, eh, stasera?.. che festa v'hanno fatto?... (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Si conoscevano appena, ma si fecero grandi feste. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Sul letto vennero a farmi festa anche le mie sorelle.... (D. Rea, «Ritratto di maggio»)

Dicevo dunque che l'amico ambasciatore mi fa festa, mi dice, io non sono come i miei colleghi che non apprezzano l'importanza della stampa, voglio darti un pranzo di benvenuto. (P. Monelli, «Morte del diplomatico»)

Lei si fermò e si chinò a far feste al cane e poi disse ridendo: «Allora ce lo dai il cane?». (A. Moravia, «Racconti romani»)

...tutti mangiammo razione doppia di pastasciutta, mentre alla carne si fece poca festa. (L. Bergonzini, «Un fucile per Saba»)

Poi entrò nella sua camera, ove il suo odore di cinque anni avanti parve fargli mille feste. (V. Brancati, «Il bell'Antonio»)

Poi, come a un segnale, gli uccelli ricominciarono a cantare, prima sottovoce, poi a gola spiegata. (A. Gatti, «La terra»)

Poi si fece innanzi, prese per mano la bella, che invano cercava di dissimulare, la trasse a sedere al suo fianco.... (S. Farina, «Frutti proibiti»)

«Lingua nostra» ha avuto già occasione di spezzare qualche lancia a favore della sequenza «nome + cognome» che la buona tradizione prescrive e burocrati avversano. (F. Fochi, «L'italiano facile»)

Una lancia in favore dello sport professionistico la spezza proprio Campana... («L'Unità», 16 settembre 1978).

Ed è per questo che io... son tentato di allinearmi con riformisti e con puristi e, quasi quasi, sarei disposto a spezzare una lancia in favore d'una riforma della grafia italiana («La nuova questione della lingua»).

Poi, sul più bello del comizio, era stata data la molla alle povere bestie, ed esse si erano precipitate giù per la discesa. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Si misero a stuzzicarlo con domande sciocche e grossolane, con ceremonie canzonatorie. Renzo ora dava segno d'averselo per male, ora prendeva la cosa in ischerzo.... (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

— Sai perché mi fa tanto piacere che sia venuta la primavera?

Geppetto, vedendosi guardare da quei due occhi di legno, se n'ebbe quasi per male. (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

Tutti si voltarono a guardarlo mentre si allontanava; ma Filippo era troppo ubriaco per aversene a male. (A. Moravia, «La ciociara»)

Ormai scendevano insieme a bere e Zvàn invitava l'uomo a venirlo a trovare a casa.

Accettava con rassegnazione, non se ne pigliava a male e perciò continuava a vivere. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

«Non se la prenda a male, signorina!» si lamentava il poveretto.. (A. Drago, «Il fidanzato»)

Sua Altezza possiede ancora la più grossa collezione di perle e smeraldi del mondo... Forse se l'è presa a male per quel che è successo. Prima Jaipur era sua. (O. Fallaci, «Il sesso inutile»)

Era pallido come di carta.... (M. Bontempelli, «L'amante fedele»)

L'Armandi s'era buttata sul canapè, e malgrado di suo gran male sembrava stesse assai meglio della ragazza ch'era pallida come un cencio. (G. Verga, «Eros»)

Bianca s'era fatta pallida come un cencio lavato. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Riusci a ricondurla nel palco, pallida come di cera. (M. Bontempelli, «L'amante fedele»)

Quindi ritornò pallido come un morto, sul seggiolone.... (A. Fogazzaro, «Eden Anto»)

— Marchese Alberti, disse pallida come uno spettro, io non vi avevo fatto l'insulto di diffidare di voi. (G. Verga, «Eros»)

Il Principe, pallido e mogio come uno straccio, s'era rassegnato a morire. (I. Calvino, «Fiabe italiane»)

Maurilla rimase colpita in pieno. Diventò rossa, poi bianca. (B. Cicognani, «Villa Beatrice»)

Poi, scoperto anche mastro-don Gesualdo in pompa magna finse di chinarsi per vederci meglio. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

E mentre lo osservavo così, incapace di prendere su due piedi un partito, venne suonato il campanello. (A. Palazzeschi, «Il ladro»)

Messer Geri era rimasto così vinto... delle parole di maestro Dina... che non sapea qual partito pigliarsi. (P. Fanfani, «Cecco d'Ascoli»)

...fu deliberato d'aver sopra questo caso con tutti gl'infernali principi maturo esamine e pigliarne di poi quel partito che fosse giudicato migliore. (N. Macchiavelli, «Belfagor arcidiavolo»)