(capito)

Don Marzio. — E chi non mi conosce? Sono conosciuto più della bettonica. (C. Goldoni, «La bottega del caffè»)

E quei due mascalzoni che son venuti a minacciare, avranno capito, a quest'ora, che il loro gran secreto è conosciuto come la betonica. E che non serve a far paura nemmeno a un coniglio. (F. Chiesa, «Tempo di marzo»)

...cominciò a contare i prigionieri; ma siccome questi giravano in tondo, gli capitò di non ricordarsi da quale aveva cominciato a contare e li contò due volte. Così il conto non tornava, perché il totale era aumentato. (G. Rodari, «Le avventure di Cipollino»)

E le cose che uscivan da quelle bocche! da turarsene gli orecchi, se non fosse stato che non tornava conto di farsi scorgere. (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

Dare corda ai personali sentimenti significava sabotare le direttive. (L. Preti, «Giovinezza, giovinezza»)

Io, per esempio, non ho saputo, con sua madre. Le ho dato troppa corda, mi bastava che lavorasse. Così ha sempre comandato lei. (G. Arpino, «La suora giovane»)

«Perché l'ho lasciato andare avanti a fare la strada in palude, — pensava. — Ecco cosa succede a dargli corda a questi moccoloni. Un'altra volta, in palude, la strada la faccio io. (S. Magi Bonfanti, «Speranza»)

Si scatenava. Dovevo lasciar passare la burrasca, questo dovevo fare. Fingere di non udirla, non darle corda. (M. Venturi, «L'appuntamento»)

Clelia. — Ma Arcibaldo! Non sei mai pronto! Non dargli corda, zia, per carità. (U. Betti, «Il diluvio»)

La Lena, che era una biondina svelta, piena di chiacchiere e furbetta, aveva capito che poteva trar frutto da questa curiosità della padrona, e le dava corda. (F. Sacchi, «La primadonna»)

La rivolta di Torino — agosto 1917 — capitò fra capo e collo al P. S. I., inaspettata. (G. Germanetto, «Le memorie di un barbiere»)

Un assicuratore marittimo raccontava di una certa avaria che gli era venuta a battere tra capo e collo, facendo diventar ricco l'assicurato. (A. G. Barrili, «Capitati Dodéro»)

Con lo studente Aldo perse i contatti per un certo tempo, poi gli ricapitò... tra capo e collo. (A. Cervi, «I miei sette figli»)

Se per caso hai pestato su i calti al presidente dei giurati, impiccati, il tuo cliente è sicuro di sentirsi arrandellata tra capo e collo una sentenza capitale senza circostanze attenuanti. (F. D. Guerrazzi, «La battaglia di Benevento»)

La (Perpetua) venne finalmente, con un gran cavolo sotto il braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato. (A. Manzoni, «I promessi sposi»)

Vittoria è esterrefatta. Ma Riccardo è così sorridente, così tranquillo in apparenza, come se nulla fosse accaduto, che lei si sente disarmata. (M. Antonioni, «L'eclisse»)

Parla con uno, con l'altro come niente fosse, non si capisce se ha capito con chi sta viaggiando. (A.Drago, «Il fidanzato»)

«Dunque — riprese la mamma — noi andremo via tra poco, come per una passeggiata, saluteremo le signore come se nulla fosse e ritorneremo forse domattina, domani sera, non so...» La bambina fece di sì col capo. (R. Viganò, «La bambola brutta»)

Mia madre riaprì l'alloggio di piazza Bodoni... e adesso ricominciava, come se niente fosse, a dirigermi, a controllarmi, a opprimermi. (M. Soldati, «La busta arancione»)

Alla fine, e per buona fortuna, capitò un carabiniere.... (C. Collodi, «Le avventure di Pinocchio»)

— Momina sa quello che vuole. Lasciatela fare. (C. Pavesi, «Tra donne sole»)

Ho capito subito che bisognava lasciarla fare, e siccome fa bene le ho dato carta bianca. (A. Palazzeschi, «I fratelli Cuccoli»)

Marcello lasciava fare. Egli si trovava in uno di quel periodi di stanchezza che arrivano sempre, dopo che si è fatto un grande sciupio di forze. (M. Serao, «Cuore infermo»)

— È una stupida. Io cercavo di portarla fuori, e lei si ostinava a non capire.

Aveva capito che eravamo comunisti ma faceva finta di niente. (A. Cervi, «I miei sette figli»)

Ma da quando ho capito che, mese prima, mese dopo, i miei giorni sono contati, ho fatto un esame di coscienza.... (O. Vergani, «Udienza a porte chiuse»)

— Ma ora basta, io non mi lascio più prendere in giro, hai capito?.. Tu ci vieni a letto con me, e sennò addio, ti saluto, puoi andartene in malora, — e la respinse. (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

Beppe lo guardò ancora negli occhi con uno sguardo lontano tra serio e divertito. Credeva di essere preso in giro. (S. Micheli, «Attesa di luce»)

Non gli piaceva mangiare senza il ragazzo davanti. Litigavano e si prendevano in giro a fior di labbra, ma gli era necessario vederselo lì. (G. Arpino, «Storie di provincia»)

Non avevo certo l'intenzione di offenderlo, né di prenderlo in giro, e nemmeno di mancar di rispetto all'esercito americano.... (C. Malaparte, «La pelle»)

Non avrebbe avuto il coraggio di presentarsi ad Olga senza di lui. «Penserà che mi sono fatta prendere in giro». (L. di Falco, «Una donna disponibile»)

Cavaliere. — Il marchese avrà gelosia, che siate vicina a me.

Non gli importava né poco né tanto che a spingerlo in quell'inchiesta fosse la gelosia. (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

— Zio Nanni questa mattina non vuol mangiare...

— Me ne rincresce proprio per te — disse — che sei giovane. Per me non me ne importa un cavolo. (C. Dossi, «Rovaniana»)

Le ho detto che loro la aspettavano qui. Ha risposto che non gliene importava una saetta. (U. Ojetti, «Donne, uomini e burattini»)

— A me delle chiacchiere della gente non me ne importa un fico secco: hai capito?. (C. Cassola, «La ragazza di Bube»)

Se tu gli dici che il «Don Carlos» non val niente non gliene importa un fico, ma se tu gli contrasti la sua abilità nel fare il magut se n'ha a male.... (G. Verdi, «Autobiografia dalle lettere»)

«Potrà succedere, sì» rise cattiva la ragazza: «E a me importa un bel fico!». (G. Arpino, «Altre storie»)

...gli indiani... intendono protestare perché vengano finalmente rispettati i loro diritti.. rimasti sempre lettera morta («Giorni», 30 dicembre 1973).

— Per esempio, essa va tutte le mattine alle Cascine. La raggiunga lì, la troverà quasi di sicuro: penserò io ad avvisarla. Ma niente sciocchezze, badi bene: è lettera morta, ha capito?. (T. Lori, «Bufere sull'Arno»)

La signora Camuffo era totalmente sorda. Dire una cosa a lei era come dirla alla tavola o alla credenza. Apparecchi d'ogni genere, le più strabilianti trovate della scienza che hanno richiesto anni di studio e notti di veglia, presso il suo orecchio eran rimaste lettera morta. (A. Palazzeschi, «Musica proibita»)

Credo utile aggiungere che circa 2 mesi or sono presentai al Commissariato di S. Ferdinando un esposto che è rimasto lettera morta («L'Unità», 8 agosto 1962).

— E... — avrei voluto chiedergli: «forse vi sposerete..?», ma non ho continuato: ho capito benissimo che la frase era fuori luogo. (T. Varni, «Memorie di Eugenio Bravetti»)

Era apparso il primo policeman... che metteva in contravvenzione quelli che facevano il loro comodo fuori del luogo a ciò deputato. (A. Panzini, «La pulcella senza pulcellaggio»)

Gli capitò di incontrare... il calzolaio... e quegli lo salutò chiamandolo per nome.

«Oh, Gigi», fece lui alzando gli occhi... «chi non more si rivede... che hai avuto?». (A. Moravia, «Racconti romani»)

Poi diceva che appena finito il ritratto non sapeva bene se m'avrebbe cotta nella pentola o in padella, per lui era lo stesso. Hai capito che musica?. (A. Palazzeschi, «Tutte le novelle»)

«Ma io sto in un'ambasciata, non l'hai ancora capito? Noi mica ci occupiamo di controspionaggio!»

Quando mai l'ho capito del tutto chiaramente? Molto, molto più tardi; ma lì, proprio da quel punto, nasce il nodo ultimo da sciogliere. (M. Bontempelli, «L'amante fedele»)

Di noi donne nessuno ha mai capito nulla; e abbiamo troppo orgoglio per dir forte il nostro patimento, nudo e crudo com'è. (A. Negri, «Sorelle»)

«Ho capito» la donna riprese «tu sei nuova della città, hai bisogno di qualcuno che t'accompagni». (M. Bontempelli, «L'amante fedele»)

Credeva d'aver capito anche troppo e, dandomi fra i denti del maiale, da quel giorno dette l'ostracismo alle modelle e parlò in tono minaccioso di nature morte. (A. Campanile, «Gli asparagi e l'immortalità dell'anima»)